Un’opera intrigante e di sorprendente attualità in cui si fondono i diversi registri, dal tragico al grottesco, per un vivido affresco della società nella mise en scène firmata da Paolo Coletta (che ha curato anche la drammaturgia musicale) con le evocative scenografie di Luigi Ferrigno e i costumi di Teresa Acone, light design di Michelangelo Vitullo e sound design di Massimiliano Tettoni (con Michele Lavanga alle luci e fonica a cura di Riccardo Cipriani) – produzione Società per Attori e Teatro Metastasio di Prato in collaborazione con Fondazione Campania dei Festival / Napoli Teatro Festival Italia.
Sotto i riflettori un’intensa Maria Paiato nel ruolo della protagonista, Anna Fierling, un’intraprendente vivandiera al seguito degli eserciti, madre affettuosa e protettiva verso le sue creature: una donna formidabile, capace di affrontare i pericoli di un’esistenza avventurosa al seguito degli eserciti in nome del profitto, di amare e lasciarsi amare, senza per questo trascurare il proprio tornaconto, sfruttando il proprio fascino e cercando di conciliare i propri doveri verso i figli con il successo della propria attività. Un’abile commerciante, astuta e accorta, ma pur sempre in balìa degli eventi e delle alterne sorti del conflitto, pronta a cogliere le occasioni e a contrattare per vendere al meglio le proprie mercanzie ma troppo spesso distratta dalla sue responsabilità di madre tanto che i tre figli – Eilif, sfrontato e violento, l’onesto e non troppo brillante Schweizerkas e l’adolescente sordomuta Kattrin – periranno tutti, vittime della ferocia della guerra. Una figura complessa e enigmatica, quasi un moderno archetipo della maternità in cui l’istinto di difendere le proprie creature si scontra con l’avidità, in un’antinomia irrisolvibile: “Madre Courage” è insieme carnefice e vittima, apparentemente artefice del suo destino, ma in realtà imprigionata, come tutti, in un implacabile meccanismo di distruzione.
Nel cast – accanto a Maria Paiato – Mauro Marino, Giovanni Ludeno, Andrea Paolotti, Anna Rita Vitolo, Roberto Pappalardo, Tito Vittori, Mario Autore, Ludovica D’Auria, Francesco Del Gaudio che interpretano i personaggi di una vicenda emblematica, una moderna “cronaca della guerra dei trent’anni”, metafora della condizione umana in ogni epoca e a ogni latitudine, tra l’incertezza del futuro e il divampare delle passioni, in un vano precipitarsi verso l’abisso.
“Madre Courage e i suoi figli” – con le musiche di Paul Dessau a sottolineare i momenti cruciali e le atmosfere suggestive e “stranianti” del teatro epico di Bertolt Brech – mette a nudo l’assurdità e la crudeltà della guerra, con le sue terribili conseguenze, l’orrenda carneficina sui campi di battaglia e i “danni collaterali” ovvero le vittime tra la popolazione civile, la devastazione del territorio e la cancellazione di monumenti e perfino di intere città. Tra le rovine fumanti Anna Fierling si aggira con il suo prezioso carro, per trattare i vantaggiosi affari che la situazione le offre e riuscire così a nutrire e mantenere se stessa e i suoi tre ragazzi, nella convinzione che «la pace crea solo confusione, davvero solo la guerra mette ordine», entrando a far parte di una “economia di morte” per poter sopravvivere.
Il dramma – scritto tra il 1938 e il 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale – rappresenta una sorta di manifesto contro i conflitti bellici che si risolvono in favore dei potenti della terra – sovrani e dittatori, aristocrazia, alta borghesia e finanza – a danno delle moltitudini di giovani in divisa, sacrificati alla ragion di stato, il cui sangue versato per la patria serve ad arricchire e rafforzare le élites, in un rito insensato e reiterato, una strage annunciata di cui resta traccia nel dolore delle madri e dei padri, delle sorelle e dei fratelli, delle vedove e degli orfani in uno scenario di desolazione e nelle immagini tremende impresse nella memoria dei reduci. L’artista tedesco mostra con crudo realismo, sia pure in forma simbolica e quasi stilizzata, attraverso lo sguardo e le azioni dei protagonisti, l’alto prezzo della gloria: l’affascinante “gioco delle armi” cantato dagli antichi aedi e esaltato dalla propaganda nazionalista non è altro che la legalizzazione dell’omicidio, l’accettazione della violenza e della sopraffazione, l’esaltazione dell’odio, la negazione dell’umanità.
Scrive nelle note il regista Paolo Coletta « “Madre Courage e i suoi figli” è davvero è uno dei più grandi classici teatrali del secolo scorso. È la prima della corona di opere di Brecht che include “L’anima buona del Sezuan”, “Il cerchio di gesso del Caucaso” e “Vita di Galileo”.
In Italia non sono state tante le edizioni che si ricordano. Dopo il debutto assoluto nel 1952 con la messinscena di Luciano Lucignani con Cesarina Gheraldi e Sergio Tofano, si fa presto a elencarle tutte: da quella storica dello Stabile di Genova di Luigi Squarzina con Lina Volonghi, passando quindi per la versione Calenda / Degli Esposti del 1991, per arrivare alle tre recenti edizioni di Marco Sciaccaluga / Mariangela Melato del 2003, sempre per lo Stabile di Genova, Robert Carsen / Maddalena Crippa del 2005 per il Piccolo Teatro, e Cristina Pezzoli / Isa Danieli del 2008, prodotto dalla Compagnia Gli Ipocriti di Melina Balsamo. Cinque edizioni: solo cinque edizioni italiane di un’opera dal respiro profondo e ormai storicizzato del classico, la cui forza risiede nella capacità di colpirci così fortemente con una densità raramente tanto alta di conflitti e paradossi. Seppur, come detto, Brecht scrisse il testo nel 1938, l’opera ha assunto il suo vero significato forse solo dopo la guerra, sottolineando implicitamente che l’umanità non riuscirà mai a imparare dai propri errori. Anna Fierling si chiama Courage: ma è davvero una donna coraggiosa o, piuttosto, una codarda? … È innegabile che l’azione di Madre Courage – il suo andirivieni sul corpo di una Europa schiacciata, gli assassinii, i saccheggi, gli incendi – abbia prefigurato quando stava realmente per accadere.
In una nota del ’49, alla vigilia della storica messinscena di Berlino, Brecht precisa i punti essenziali che una rappresentazione di Madre Courage deve mettere in luce: “Che in una guerra non sono i piccoli che fanno i grossi affari. Che la guerra – che non è altro che un tipo di commercio ma con altri mezzi – trasforma tutte le virtù umane in una forza di morte anche in chi le possiede. Che nessun sacrificio è troppo grande per combatterla comunque”. In quella stessa occasione aggiunse: “Se Madre Courage non ricava nessun insegnamento da ciò che le succede, penso che il pubblico, invece, possa imparare qualcosa osservandola”. Zurigo 1941. Napoli 2019. La dichiarazione di Brecht è ancora attuale. Lo stato di guerra è uno dei pilastri su cui il Potere, dalla notte dei tempi, fonda la sua stessa ragion d’essere. E al mantenimento di questa eterna macchina da guerra partecipiamo tutti, volenti o nolenti».
La protagonista – “Madre Courage” ha il volto e la voce di Maria Paiato, una delle più raffinate e sensibili interpreti italiane, diplomata all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica e diretta da registi del calibro di Luca Ronconi, Mauro Bolognini, Giancarlo Sepe, Maurizio Scaparro, Antonio Calenda, e ancora Nanni Loy, Saverio Marconi, Roberto Guicciardini, Giampiero Cicciò, Valerio Binasco. Sul grande schermo, appare in film diversissimi, da un lontano “Night Club” di Sergio Corbucci e “Nottataccia” di Duccio Camerini, a “La vera vita di Antonio H.” di Enzo Monteleone e “Cronaca di un amore violato” di Giacomo Battiato, e ancora “Mari del sud” di Marcello Cesena, ne “Il pranzo della domenica” e “In questo mondo di ladri” di Carlo Vanzina, in “Lezioni di volo” di Francesca Archibugi e “Lo spazio bianco” di Francesca Comencini, “Io sono l’amore” di Luca Guadagnino accanto a Tilda Swinton, “La passione” e “La sedia della felicità” di Carlo Mazzacurati, “Il comandante e la cicogna” di Silvio Soldini fino a “Il testimone invisibile” di Stefano Mordini.
Nella sua carriera teatrale si alternano grandi classici e testi contemporanei, da William Shakespeare a Ennio Flaiano, da Seneca a Oscar Wilde, da Eugène Ionesco a Giuseppe Manfridi, da Aristofane a Neil Simon. Tra gli spettacoli più recenti, “La modestia” e “Panico” di Rafael Spregelburd, “Celestina” di Michel Garneau da Fernando de Rojas e “Santa Giovanna dei Macelli” di Bertolt Brecht per la regia di Luca Ronconi, “Erodiade” di Giovanni Testori e “Anna Cappelli” di Annibale Ruccello con la regia di Pierpaolo Sepe, “Due donne che ballano” di Josep M. Benet I Hornet, regia di Veronica Cruciani, “Play Strindberg” di Friedrich Dürrenmatt con la regia di Franco Però e “Stabat Mater”, con la regia di Giuseppe Marini, e ancora un pirandelliano “Così è (se vi pare)” diretto da Filippo Dini e “Un nemico del popolo” di Henrik Ibsen con la regia di Massimo Popolizio,
Numerosi i premi e i riconoscimenti – dal Premio Borgio Verezzi (1994) e il Premio Flaiano (2001), al Premio Olimpici del Teatro (2004) e la Maschera d’oro (2005), due Premi Ubu (2005 e 2006), il Premio Eleonora Duse (stagione 2008-2009), il Premio Hystrio all’interpretazione (2010), il Premio Virginia Reiter alla Carriera (2019). Nel 2007 le è stato assegnato il Premio Olimpici del Teatro per il monologo “Un cuore semplice” nella categoria One woman show ed è tra i candidati al Premio Ubu 2019.
Oltre la Scena / incontri con gli artisti: Maria Paiato e la compagnia incontreranno il pubblico domani (venerdì 13 dicembre) alle 17.30 alla Fondazione di Sardegna in via San Salvatore da Horta N. 2 a Cagliari per I Pomeriggi della Fondazione – condurrà la giornalista e critica Alessandra Menesini (L’Unione Sarda) – ingresso libero (fino a esaurimento posti).
INFO & PREZZI
biglietti:
platea – primo settore – intero 35 euro – ridotto 27 euro
platea – secondo settore – intero 30 euro – ridotto 22 euro
Loggione – posto unico 15 euro
Info e prenotazioni: [email protected] – 3454894565.