Viaggio nell’inquietudine con “Dracula” – dal fortunato romanzo epistolare di Bram Stoker, nell’intrigante mise en scène firmata da Sergio Rubini (che ha curato l’adattamento teatrale del testo insieme con Carla Cavalluzzi) in cartellone in prima regionale DOMANI (martedì 17 dicembre) alle 21 al Teatro Comunale di Sassari, dove inaugurerà la Stagione de La Grande Prosa e Danza 2019-2020 e da mercoledì 18 dicembre alle 20.30 fino a domenica 22 dicembre al Teatro Massimo di Cagliari (tutti i giorni da mercoledì a sabato alle 20.30 e la domenica alle 19) per il terzo appuntamento con La Grande Prosa – sotto le insegne del CeDAC/ Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.
Sotto i riflettori – insieme allo stesso Sergio Rubini, Luigi Lo Cascio, che presta volto e voce a Jonathan Harker, il giovane avvocato londinese incaricato di curare le pratiche per l’acquisto di un appartamento nella capitale inglese da parte di un aristocratico della remota Transilvania e Lorenzo Lavia, Roberto Salemi, Geno Diana, Alice Bertini, protagonisti di una storia “gotica” in cui realtà e immaginazione si confondono e riaffiora l’eco di antiche leggende. La pièce racconta il difficile itinerario dell’uomo di legge, un individuo razionale avvezzo alla comodità della metropoli e alla rassicurante solidità dei codici, ma anche uno spirito sensibile e innamorato, attraverso il paesaggio selvaggio e sconosciuto dei Carpazi fin nei territori dell’incubo, evocati dalle suggestive scenografie di Gregorio Botta, che restituiscono anche la temperie dell’epoca insieme ai costumi di Chiara Aversano, mentre la trama delle emozioni è affidata alle musiche di Giuseppe Vadalá e al progetto sonoro di G.U.P. Alcaro, nonché al disegno luci di Tommaso Toscano che rivela i dettagli e sottolinea i momenti cruciali in un mondo di tenebra (produzione compagnia Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo).
Un’ardua sfida – trasportare sulla scena una vicenda enigmatica e orrorifica che affonda le sue radici nell’inconscio, tra superstizioni e paure, incentrata sulla figura misteriosa e terribile del vampiro, che Bram Stoker ha identificato con Vlad Țepeș Hagyak, ovvero Vlad III di Valacchia, sovrano crudele e sanguinario del XV secolo, meglio conosciuto come Vlad o con il patronimico Dracula (quasi a sottolinearne la presunta origine demoniaca) e detto anche “l’impalatore” per la sua predilezione per tale sistema di tortura, del quale lo scrittore stravolge la genealogia, facendone un discendente di Attila e delle stirpi nordiche che terrorizzarono l’Europa.
Creatura dell’immaginario, scaturita dal timore verso l’ignoto e forse dalla memoria di antiche epidemie e stragi, riti sacrificali o efferati delitti, Dracula è il “mostro” proveniente da una civiltà ancestrale, colui che si nutre del sangue dei vivi, uccidendoli o soggiogandoli al suo potere, per continuare a sopravvivere nei secoli, in una forma perversa di immortalità, insieme privilegio e condanna, che ne fa un figlio dell’oscurità, nemico della luce.
Sergio Rubini, sulla falsariga del romanzo, ricostruisce le peripezie del giovane procuratore, scaraventato nel cuore del vecchio continente, in un ambiente estraneo, in cui avverte la presenza di qualcosa di indefinibile e pericoloso: ma egli, spinto dal senso del dovere e forte del suo razionalismo, prosegue il suo percorso senza lasciarsi distogliere o scoraggiare dalle molte raccomandazioni e dai segnali che incontra sul suo cammino finché giunge alla presenza del signore del castello. L’affabile gentiluomo nasconde però un terribile segreto: l’avvocato comprende finalmente, ma troppo tardi, di essere davanti a qualcosa di terrificante e cerca come può di sfuggire a un orribile destino. Imprigionato nella tetra dimora del suo tremendo ospite, riesce a salvarsi e sopravvivere ma quell’incontro lascia un segno sulla sua anima che come un morbo, una peste, lo perseguiterà ancora una volta rientrato in patria. Fino a contagiare tutto quel che lo circonda, a cominciare dalla moglie, Mina, dapprima preoccupata per il cambiamento del marito, poi a sua volta vittima di quel male misterioso.
“Dracula” è uno spettacolo avvincente, sul filo della suspense, che si confronta con temi fondamentali come il dolore e la malattia, fino all’enigma della morte: il dramma di Jonathan Harker, eroe suo malgrado, proiettato in una favola nera e crudele, in contrasto con i principi del Positivismo ottocentesco, si trasforma in un viaggio di formazione, un rito di iniziazione verso una maggiore consapevolezza di sé e di ciò che è umano, troppo umano. Sullo sfondo di una Londra vittoriana, tra Romanticismo e “misticismo”, nel contrasto tra innovazione tecnologica e progresso scientifico da un lato e gli esperimenti e le ricerche sul paranormale dall’altro, il mito del “vampiro” affiora nelle coscienze come elemento perturbante, fuori dalle regole e dai canoni della società, capace di generare il caos acquistando il dominio su corpi e anime, in una vertigine di potere, fra orrore e follia. Una pièce visionaria, per “quadri” e “apparizioni”, in cui la narrazione volutamente frammentaria del romanzo di Bram Stoker, dove si alternano e si intrecciano lettere, diari, testimonianze e resoconti giornalistici, offre molteplici possibilità di interpretazione e gli straordinari eventi e fenomeni possono essere letti alla luce delle convinzioni e delle sensibilità individuali, tra simboli arcani e seducenti teorie, in cui ciascun personaggio – come ciascuno spettatore – può ritrovarsi e riflettersi, come in uno specchio, per ricostruire o “reinventare” la sua verità.
«“Dracula” è prima di tutto un viaggio notturno verso l’ignoto – si legge nelle note -. «Non solo un viaggio tra lupi che ululano, grandi banchi di foschia e croci ai bordi delle strade. Ma è anche un viaggio interiore che è costretto ad intraprendere il giovane procuratore londinese Jonathan Harker, incaricato di recarsi in Transilvania per curare l’acquisto di un appartamento a Londra effettuato da un nobile del luogo. Il giovane avvocato non immagina la sciagura che lo attende, ma immediatamente, appena ha inizio il suo viaggio, sprofonda in un clima di mistero e di scongiuri. È proprio in questo clima di illusione, di oscurità e paura che il giovane Harker verrà calato prima ancora di conoscere il Conte e quando si accosterà al cancello del Castello, come chi sopraggiunto nell’Ade comprenderà di essere finito in una tomba.
Ma il viaggio che compie il giovane Harker non si limita a quell’esperienza fatta di angoscia e paura. L’orrore di ciò che ha vissuto al Castello deborda e finisce con l’inghiottire tutta quanta la sua esistenza, diventa un’ossessione che contamina tutto ciò che ha di più caro, destabilizzando irrimediabilmente ogni certezza. Di questo contagio ne è vittima in primo luogo sua moglie Mina, a cui Jonathan inizialmente non ha il coraggio di raccontare quanto accaduto. È dalla lettura del diario redatto durante il soggiorno-prigionia di Jonathan al Castello che Mina viene a conoscere l’origine di quel malessere, che sembra essersi impossessato del suo giovane sposo e averlo mutato profondamente. Un malessere che come una malattia incurabile finirà per consumare anche lei».
“Dracula” – nella versione di Sergio Rubini – trasporta il pubblico in un altrove, un luogo sconosciuto, fuori dal tempo e dallo spazio, «una dimensione dove il buio prevarrà sulla luce, il chiarore ferirà come una lama lo sguardo, il cupo battere di una pendola segnerà il tempo del non ritorno, uno scricchiolio precederà una caduta e il silenzio l’arrivo della bestia che azzanna e uccide. Una realtà malata dove sarà impossibile spezzare la tensione e da cui sembrerà difficile uscirne vivi».
Il romanzo di Bram Stoker ha ispirato numerose trasposizioni cinematografiche, da “Nosferatu” di Friedrich Wilhelm Murnau a “Dracula di Bram Stoker” di Francis Ford Coppola, dalle pellicole interpretate da Christopher Lee al “Nosferatu” di Werner Herzog, fino a “Dracula Untold” di Dario Argento, accanto alle più o meno riuscite, sapide e grottesche parodie e alle varie serie televisive: il “mostro” dei Carpazi è entrato a far parte dell’immaginario, come simbolo di un pericolo senza nome o terrificante ma anche seducente incarnazione del male.