I disturbi dell’alimentazione (anoressia e bulimia nervosa, disturbo da alimentazione incontrollata, disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati) determinano gravi compromissioni fisiche, oltre che sociali e relazionali, con esiti a volte drammatici per i pazienti e le loro famiglie, costituendo la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, tra i giovani.
La proposta di legge nasce dalla carenza, in Sardegna, di strutture sanitarie dedicate con approccio integrato e multidisciplinare e dalla necessità di fornire un adeguato strumento alle famiglie che, finora, hanno dovuto gestire, in totale solitudine e abbandono delle istituzioni, queste problematiche assurte a epidemia sociale. Disturbi che colpiscono, sempre più, il mondo adolescenziale e femminile e in aumento anche in quello maschile.
Il trattamento dei disturbi alimentari richiede strutture e personale specializzato, un approccio interdisciplinare a tutti i livelli di assistenza (medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, ambulatorio specializzato, semiresidenza, day hospital, ricovero in reparto ospedaliero dedicato, residenza). Deve garantirsi l’integrazione tra l’aspetto clinico-nutrizionale e quello psicologico, prevedendo un lavoro di équipe formata da psichiatri, psicologi, internisti, nutrizionisti, endocrinologi, dietisti, fisioterapisti, educatori, tecnici della riabilitazione psichiatrica e infermieri. Preliminare ed essenziale è il ruolo dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta per intercettare i casi di DA, fare diagnosi precoce e inviare ai servizi specializzati per attuare un approccio interdisciplinare.
La proposta di legge prevede l’istituzione di una rete di servizi socio-sanitari della quale fanno parte i presidi sanitari identificati presso le aree socio-sanitarie locali (ASSL), tra i quali otto ambulatori multidisciplinari integrati allocati presso la ASSL di Sassari, Olbia, Nuoro, Lanusei, Oristano, Sanluri, Iglesias, Cagliari e due residenze e semiresidenze, una nell’area nord e l’altra nell’area sud della Sardegna.
È necessario investire nella prevenzione con azioni di informazione, di educazione sanitaria e alimentare coinvolgendo le famiglie, le scuole di ogni ordine e grado, il mondo dello sport. Dovrà esserci un osservatorio per il rilevamento dei dati di progressione o regressione di questa epidemia socio-sanitaria, una formazione continua e aggiornamento professionale del personale interessato l’aiuto e il sostegno alla famiglia coinvolta.
L’urgenza di creare una rete di collaborazione tra servizi, istituzioni e associazioni di familiari – conclude la Cuccu – deve incentivare l’assemblea legislativa sarda a licenziare quanto prima questo testo normativo che concretamente risponde alle emergenze territoriali, non più procrastinabili, proprio perché non hanno colore politico.