Un avvincente viaggio alla riscoperta della figura e dell’opera di Luca Ronconi, con un’attenta riflessione sulla sua poetica e sulle peculiarità e sull’evoluzione del suo teatro, dall’indagine sul testo al lavoro con gli attori e l’uso dello spazio – attraverso la rilettura di alcuni dei suoi spettacoli più significativi, dallo storico “Orlando furioso” dal poema di Ludovico Ariosto a “La Torre” di Hugo von Hofmannsthal e “Ignorabimus” di Arno Holz, dalla mise en scène di “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” di Carlo Emilio Gadda a “Infinities” da un testo scientifico del cosmologo John David Barrow, fino a “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Karl Kraus.
“Teatro della conoscenza” – titolo scelto dallo stesso regista – è il frutto dalle conversazioni del critico Gianfranco Capitta con Luca Ronconi, la sintesi folgorante di un dialogo ininterrotto impreziosito dalla visione di allestimenti memorabili e rivoluzionari: l’artista si racconta, ripercorrendo i momenti cruciali di un’intensa carriera costellata di successi, il suo percorso di ricerca e la nascita dei suoi spettacoli, il suo rapporto con i testi e gli autori, la scelta degli interpreti e la sua stessa idea di teatro – tra arte e società. Il saggio offre strumenti e chiavi di lettura per confrontarsi con uno dei grandi maestri della cultura europea del ventesimo secolo, che ha reinventato la grammatica e le geometrie del palcoscenico sperimentando altri luoghi e forme per dar vita a rappresentazioni originali, ormai parte dell’immaginario collettivo – confrontandosi con i classici ma anche con testi meno conosciuti, riscrivendo le regole e i canoni di un’estetica contemporanea nel segno della libertà dìespressione e della bellezza.
“Teatro della conoscenza” propone anche in appendice una prima “mappatura” dell’opera di Luca Ronconi, con titoli, date, interpreti principali e sintesi di ogni suo spettacolo – utile strumento di studio e orientamento tra gli oltre cento allestimenti teatrali e il centinaio di regie liriche firmate dall’artista.
Gianfranco Capitta farà da guida nell’universo di Luca Ronconi, in un duplice appuntamento tra ricordi personali e citazioni di spettacoli, incontri, aneddoti nel duplice appuntamento nell’Isola che precede – di pochi mesi – l’anniversario del 21 febbraio del 2020, con una anteprima tra immagini e frames del docufilm che il giornalista e critico sta realizzando insieme con Simone Marcelli (che ne firma la regia) proprio sull’opera del maestro.
INGRESSO LIBERO – fino a esaurimento posti
Gianfranco Capitta – giornalista e critico teatrale
Vive e lavora a Roma, dove ha studiato Storia del teatro e dello spettacolo e si è laureato in lettere moderne con una tesi su Cesare Zavattini. È critico teatrale de il manifesto.
Storico collaboratore di Radiotre Rai oltre a curare servizi e rubriche di cultura e spettacolo è stato uno dei conduttori di Radiotre Suite, la fascia serale delle rete culturale della Rai.
Ha pubblicato, insieme a Roberto Canziani, un’opera monografica su Harold Pinter, Harold Pinter, un ritratto e un’altra dedicata al regista Cesare Lievi. Con Gigi Cristoforetti ha realizzato il volume dedicato ai venti anni del Centro Teatrale Bresciano, per il quale ha scritto il saggio sul regista Massimo Castri. Dal 1980 al 1987 è stato responsabile del teatro per il Comune di Roma.
Dal 1995 è direttore artistico de Le vie del festival , rassegna internazionale di spettacolo che fa parte del Festival d’autunno di Roma, la maggiore manifestazione interdisciplinare di spettacolo a Roma, realizzata dal Comune, dal Teatro di Roma, dall’Ente Teatrale italiano e dall’associazione culturale Cadmo
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Teatro della conoscenza
Luca Ronconi – Gianfranco Capitta
Editori Laterza – 2012
collana Saggi Tascabili Laterza
serie Festival della mente
“Teatro della conoscenza”(editore Laterza) raccoglie riflessioni e pensieri di Luca Ronconi. È un lascito artistico e una chiave di memoria per i suoi indimenticabili spettacoli, riordinati e fotografati nel ricordo di uno spettatore professionista. La mappa del teatro di Ronconi, condivisa e approvata dallo stesso regista.
Il 21 febbraio del 2020 saranno trascorsi cinque anni dalla morte di Luca Ronconi.
La scomparsa del più grande artista della scena italiana, che lungo mezzo secolo ha trasformato non solo il linguaggio del teatro ma anche il rapporto con il pubblico dei suoi spettatori, resta una mancanza molto profonda. Sono cambiati con lui aspetti fondamentali di ogni rappresentazione teatrale: il testo che andava fuori spesso dalle comuni conoscenze e abitudini, il rapporto con lo spazio scenico che poteva dilatarsi o restringersi o direttamente trasformarsi per trasferirsi altrove, l’interpretazione da parte degli attori chiamati a sostenere nuovi ruoli e voci o addirittura trasformarsi essi stessi in nuova e sorprendente e nuova presenza sulla scena.
Proprio su questi aspetti innovativi e davvero extra-ordinari per il teatro (non solo italiano) Luca Ronconi, negli ultimi anni della sua vita ha voluto soffermarsi. Sono raccolti in una testimonianza scritta, nata dalle conversazioni con Gianfranco Capitta, giornalista e spettatore, sardo, che di lui aveva seguito i primi spettacoli fin dall’adolescenza, e che aveva quindi conosciuto e rincorso le sue creazioni.
Innumerevoli, nei teatri e fuori di essi: a cominciare dall’Orlando Furioso (1969) nelle piazze e nei palasport, e poi La Torre e Ignorabimus dentro il Fabbricone tessile di Prato trasformato in sala teatrale modello poi imitata ovunque. E ancora il Pasticciaccio, capolavoro di Gadda letteralmente “rovesciato” dentro il teatro Argentina, il percorso scientifico di Infinities nei depositi dei costumi del Teatro alla Scala, il grido contro la guerra di Karl Kraus negli Ultimi giorni dell’umanità sviluppato nella ex sala presse del Lingotto a Torino, tra navi, treni, trincee belliche, tipografie e persino il Ring viennese. Come altri innumerevoli testi trasformati dal suo intuito in capolavori sorprendenti: circa 130 regie teatrali, 125 allestimenti di opere liriche. Testi famosissimi oppure mai sentiti prima, tratti dagli scaffali delle sue onnivore conoscenze, dal teatro barocco a quello romantico, dalla fantascienza a Shakespeare. Riletti e resi vivi da un genio incontenibile di cui non solo si sente la mancanza, ma che andrebbe conosciuto e approfondito da nuove generazioni di artisti della scena.
Teatro della conoscenza (titolo scelto dallo stesso Ronconi) raccoglie quelle sue riflessioni: una sorta di lascito artistico e anche una chiave di memoria per i suoi indimenticabili spettacoli, che nel libro sono stati riordinati e impressionisticamente fotografati da una memoria di spettatore, una “mappa” che lo stesso regista aveva condiviso e approvato.
Del libro si parla, anche con citazioni di immagini e filmati, con una anteprima del docufilm che Gianfranco Capitta,con Simone Marcelli che ne firma la regia, sta realizzando sull’opera di Luca Ronconi
Luca Ronconi, riferimento e maestro di generazioni di attori e di spettatori, ha diretto gli Stabili di Torino e Roma ed è stato responsabile artistico del Piccolo Teatro di Milano.
Ha messo in scena in Italia e in Europa molti titoli memorabili a partire dagli anni Sessanta, quando lasciò un’apprezzata carriera d’attore per realizzare in maniera irrituale classici del teatro.
Dall’Orlando furioso che lo fece conoscere in tutto il mondo, il suo teatro è stato un seguito di regie stupefacenti (di teatro, opera e televisione). Etichettato via via come «strutturalista», «barocco» e nei modi più fantasiosi, ha in realtà scavato l’essenza del teatro dentro la profondità dei suoi testi, dai tragici greci fino al più recente Edward Bond.
Biografia di Luca Ronconi
Nato l’8 marzo 1933 a Susa (Tunisia), si diploma all’Accademia d’Arte Drammatica di Roma nel 1953 ed esordisce come attore in Tre quarti di luna con la regia di Luigi Squarzina. Attore in spettacoli di Orazio Costa, Giorgio De Lullo e Michelangelo Antonioni, inizia nel 1963 a lavorare come regista con la compagnia di Corrado Pani e Gianmaria Volontè.
È la straordinaria e fortunatissima messa in scena nel 1969 dell’Orlando Furioso di Ariosto, nella riduzione elaborata da Edoardo Sanguineti, a portarlo al successo internazionale.
Nel corso degli anni collabora con diverse istituzioni teatrali: dal 1975 al 1977 è Direttore della Sezione Teatro alla Biennale di Venezia e tra il 1977 e il 1979 fonda e dirige il Laboratorio di progettazione teatrale di Prato, dove mette in scena Baccanti di Euripide e La torre di von Hofmannsthal.
Negli anni Ottanta, fondamentali tappe del percorso di ricerca ronconiano, considerate anche come indiscutibili vertici della storia del teatro italiano del dopoguerra, sono Ignorabimus di Holz (1986), Dialoghi delle carmelitane di Bernanos (1988) e Tre sorelle di Cechov (1989).
Dal 1989 al 1994 è direttore del Teatro Stabile di Torino per il quale, nel 1992, fonda e dirige la Scuola per attori e allestisce, tra gli altri, lo spettacolo Gli ultimi giorni dell’umanità di Karl Kraus (1990), agito da oltre sessanta attori nell’ambiente della sala macchine del Lingotto di Torino, evento assoluto di quella stagione teatrale.
Nel 1994 è nominato direttore del Teatro di Roma, dove mette in scena spettacoli come Re Lear di Shakespeare e Verso “Peer Gynt” da Ibsen (1995), Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Gadda (1996) e I fratelli Karamazov da Dostoevskij (1998).
Dal 1999 al 2010 è direttore artistico del Piccolo Teatro di Milano, dove realizza numerosi e importanti spettacoli, quali, tra i tanti, La vita è sogno di Calderón de la Barca, Il sogno di Strindberg (2000), Lolita di Nabokov, I due gemelli veneziani di Goldoni, Candelaio di Bruno (2001), Quel che sapeva Maisie di James e Infinities del matematico Barrow (2002), fino ai più recenti La compagnia degli uomini di Bond (2011), Santa Giovanna dei Macelli di Brecht (2012), Il panico (2013) di Spregelburd e Celestina (2014) da Fernando de Rojas. In quegli anni, fino al 2015, dirige la Scuola per attori dello stabile milanese.
Nel 2006 è invitato a dirigere a Torino cinque spettacoli, che costituiscono il “Progetto Domani”, promosso in occasione delle Olimpiadi invernali: Troilo e Cressida di Shakespeare, Atti di guerra: una trilogia di Edward Bond, Biblioetica, Dizionario per l’uso di Corbellini, Donghi e Massarenti (codiretto con Claudio Longhi), Il silenzio dei comunisti di Foa, Mafai e Reichlin, Lo specchio del diavolo di Ruffolo.
Nel 2002 fonda con Roberta Carlotto il Centro Teatrale Santacristina, unità di produzione e formazione che dirige nella struttura creata nella campagna tra Gubbio e Perugia. Oltre a tenere corsi estivi di perfezionamento e laboratori per attori, con il Centro Teatrale Santacristina realizza spettacoli quali Amore nello specchio (2002) con Mariangela Melato a Ferrara, Peccato che fosse puttana di Ford (2003), andato in scena per la prima volta al Teatro Farnese di Parma, il progetto Odissea doppio ritorno, dittico comprendente L’antro delle ninfe da Omero e Porfirio e Itaca di Botho Strauss (2007), che debutta a Ferrara, Nel bosco degli spiriti (2008), una fiaba dello scrittore nigeriano Amos Tutola tradotta in testo teatrale da Cesare Mazzonis e musicata dal vivo da Ludovico Einaudi, su commissione del Teatro Cuccinelli di Soleomeo per l’inaugurazione.
Con l’inizio della collaborazione tra il Centro Teatrale Santacristina e il Festival dei Due Mondi di Spoleto, Ronconi presenta, nell’ambito del festival, nel 2008 una serie di lezioni aperte su Ibsen, nel 2009 uno studio sul Gabbiano di Cechov dal titolo Un altro gabbiano, nel 2011 mette in scena La modestia di Spregelburd, nel 2012 In cerca d’autore. Studio su “Sei personaggi” di Luigi Pirandello, spettacolo nato da un progetto triennale con l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”, e nel 2013 Pornografia di Witold Gombrowicz.
Sempre per il Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 2014 dirige Danza macabra di August Strindberg.
Come regista lirico, alla frequentazione dei “classici” dell’opera italiana (Verdi, Bellini, Puccini, Rossini), ed europea (Bizet e Wagner), Ronconi accompagna un interessante lavoro di studio sui territori meno battuti del teatro musicale, come la grande stagione del Barocco italiano (Rossi e Monteverdi) o la produzione operistica contemporanea, tra cui Il caso Makropulos di Janácek e Il giro di vite di Britten.
Ha diretto anche le versioni televisive di alcuni dei suoi spettacoli più importanti ed è curatore e allestitore di mostre, ultima, tra le tante, La bella Italia. Arte e identità delle città capitali negli spazi delle scuderie Juvarriane della Venaria Reale di Torino per i 150 anni dell’Unità d’Italia.
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Molti spettacoli hanno ottenuto prestigiosi premi e riconoscimenti: per il Premio UBU sono stati migliori spettacoli delle rispettive stagioni teatrali il “Progetto sogno” nel 2000, Lolita nel 2001, Infinities nel 2002, Professor Bernhardi nel 2005, il “Progetto Domani” nel 2006 fino al più recente Panico nel 2013. Il “Progetto Lagarce” ha vinto il Premio Nazionale della Critica e Sogno di una notte di mezza estate il Premio ETI come migliore spettacolo.
Gli è stato conferito nel 2008 dall’Accademia Nazionale dei Lincei il Premio “Antonio Feltrinelli” per la Regia teatrale e ha ricevuto lauree honoris causa dalle Università di Bologna (1999), Perugia (2033), Urbino (2006) e Venezia (2012). Nell’ambito della Biennale Teatro di Venezia, nell’agosto 2012 ha ritirato il Leone d’Oro alla Carriera, mentre nel marzo 2013, in occasione dei suoi ottant’anni, il Sindaco di Milano gli ha consegnato il Sigillo della Città.
Muore il 21 febbraio 2015 a Milano, pochi giorni dopo il debutto del suo ultimo spettacolo Lehman Trilogy di Stefano Massini al Piccolo Teatro.