Iperico di Scrugli e potenzialità anti-HIV
Iperico di Scrugli: è probabile che a molti dei nostri lettori questo nome non suoni familiare, ma è bene che lo tengano a mente per il futuro.
Il motivo è presto detto: si tratta di una pianta che cresce esclusivamente in Sardegna (parente della ben più nota erba di San Giovanni, antidepressivo naturale) e che si è dimostrata attiva contro l’HIV, il virus che causa l’AIDS.
La scoperta non è recentissima (è stata pubblicata nel 2018 su Plos One) ma pensiamo che parlarne possa infondere coraggio per combattere quella che tutt’oggi è una vera e propria piaga, con 37 milioni d’infetti nel 2016 e oltre 1 milione di morti per le complicanze dell’AIDS.
Benché la diffusione del virus sia stata limitata dalle attuali terapie anti-HIV – oltre che dalle campagne informative mirate a prevenire il contagio – la resistenza ai farmaci e la loro tossicità rendono necessaria la ricerca di nuovi composti attivi più efficaci e sicuri.
E l’Università di Cagliari potrebbe averli trovati, per l’appunto, nell’Iperico di Scrugli. Approfondiamo la questione!
Iperico di Scrugli contro l’HIV: la ricerca di UniCa
I ricercatori hanno raccolto le foglie dell’Iperico di Scrugli a giugno (durante la fioritura) a Jerzu (nel sito di Sant’Antonio) e hanno ricavato degli estratti alcolici per valutarne la composizione e l’attività anti-HIV.
Ma cosa è emerso dalla ricerca?
Le analisi hanno rivelato la presenza di composti detti floroglucinoli, i quali hanno inibito le attività della trascrittasi inversa – l’enzima indispensabile per la replicazione dell’HIV – a basse concentrazioni (4,1-25,5 μM).
Ricordiamo che questo enzima converte il materiale genetico virale (RNA) in cDNA, affinché possa inserirsi nei cromosomi e prendere il controllo della cellula ospite, che così sarà costretta a produrre nuovi virus pronti a infettare le altre cellule.
Ma la cosa sorprendente è che, rispetto ai farmaci attualmente disponibili, i floroglucinoli inibiscono più passaggi della trascrizione inversa, bloccando del tutto la replicazione dell’HIV nelle cellule in coltura.
Prospettive per il futuro
Lo studio di UniCa, quindi, ha permesso d’identificare dei composti guida da cui sviluppare farmaci che, agendo su più fronti, siano efficaci anche verso i ceppi resistenti e si possano usare in monoterapia (oggi si assumono 2 o 3 farmaci per colpire il ciclo di replicazione in più punti), risultando più sicuri.
Staremo a vedere cosa ne verrà fuori!
Jessica Zanza