«La Sardegna – prosegue Marras – ha potuto offrire e garantire non solo tra gli stand dell’enogastronomia dove altre prelibatezze hanno conquistato il palato di molti: dai liquori ai vini, da dolci alle paste. Perché le eccellenze, le moderne interpretazioni degli stili più tradizionali del nostro artigianato artistico erano di casa anche tra i tanti operatori dell’isola che lavorano tessuti e pelli, plasmano ceramiche e intagliano legni, impreziosiscono filigrane e gioielli trasformandoli in autentici oggetti d’arte. Questa è la Sardegna più convincente che mi è capitato di osservare alla 24a edizione della rassegna del settore, forse la più importante a livello mondiale. Una Sardegna che dimostra capacità, competenze e voglia di imporsi in un ambito dove resta spesso dominante il già visto; consapevole che il lascito della tradizione diventa un elemento di ispirazione per manufatti al passo con la modernità, la contemporaneità. Anche dei gusti e degli stili».
«Il passaggio da una tradizione sempre più rispettata e difesa a una innovazione che non la cancella, anzi la esalta anche di questi tempi, è stato un po’ il filo rosso che ha collegato gli stand e gli spazi dell’area espositiva riservata alla Sardegna. Lo avvertivi anche solo osservando lo sguardo tra lo stupito e l’ipnotizzato davanti alle immagini in altissima definizione che dell’isola venivano proposte a rotazione continua negli schermi e in quello gigantesco di 18 metri per 3: il patrimonio naturalistico, ambientale, architettonico, storico; i colori delle feste e delle tradizioni, la raffinatezza dei costumi e dell’artigianato. Tutto questo andava a catturare lo sguardo delle decine di migliaia di visitatori giornalieri della rassegna milanese, instillando forse un pizzico d’invidia per la ricchezza irripetibile che abbiamo noi sardi tra le mani, ma anche creando le premesse perché i tanti “continentali” di passaggio in fiera possano domani vederla e apprezzarla di persona, venendoci in Sardegna», dice ancora Marras.
«Riflettiamo poi sul fatto che questa offerta di prodotti, immagini, sogni è stata incastonata in un contesto dalla grande uniformità grafica, allineato in scelte che hanno fornito della Sardegna un “brand” (per dirla con gli esperti di comunicazione e mercati) complessivo ben identificabile, subito riconoscibile e direi fortemente esaltato, se solo lo paragoniamo al prevedibile e piatto biglietto da visita che emergeva in gran parte degli altri stand regionali. Mi è sembrato di leggere un lavoro di squadra che dall’Assessorato regionale al Turismo alle aziende di grande eccellenza come la sassarese Character o la cagliaritana Copier Service, ha saputo efficacemente coniugare quel binomio tradizione-innovazione che non si insabbia in effimeri effetti speciali. Tutto concepito, ideato, realizzato in Sardegna. Persino le stesse strutture degli stand in cartone alveolare ignifugo: rispettoso dell’ambiente, leggero, elegante, facile da trasportare e installare. E che altri allestitori, legati a plastica e metallo, hanno guardato con sorpresa e con celata invidia. È un segno che non ci mancano le idee per risollevare la testa per dimostrarci competitivi e possibilmente vincenti in contesti sempre più difficili. Ed essere anche attraenti – fa notare il presidente della Fondazione Maria Carta – non solo in virtù delle nostre bellezze ma anche, perché no, sul profilo imprenditoriale».
«In tutto questo mi si consenta di sottolineare anche il contributo che come Fondazione Maria Carta, per la prima volta coinvolta in un’iniziativa di così enorme impatto, abbiamo dato alla presenza e alla promozione della Sardegna in quella fiera internazionale che alla fine ha registrato oltre un milione di visitatori. L’esibizione di artisti dell’area tradizionale dell’isola (dai suonatori di launeddas e organetto al gruppo di ballo, dai canti popolari a quello a tenore) hanno forse rappresentato un valore aggiunto ulteriore, che ha trovato non solo il gradimento e l’apprezzamento dei nostri conterranei. Quei tanti “continentali” i cui sguardi sono stati affascinati dai filmati con squarci della nostra isola, sono rimasti non meno conquistati dai ritmi, dall’eleganza dei balli, dall’originalità e irripetibilità altrove dei nostri canti. Che hanno voluto anche loro confrontarsi con altre espressioni culturali che arrivavano dal Salento o dalla Sicilia, dall’Irlanda o dal Senegal. Ecco la Sardegna che è emersa. Che sa ancora nutrirsi della sua tradizione più radicata, ma sa aprirsi al resto del mondo. Convinta di poter affrontare le sempre più problematiche sfide del domani anche con questo suo tesoro ancora incompreso fatto di eccellenze e nuove competenze, ma anche di genuinità e unicità. Questa è la Sardegna che mi piace», conclude Leonardo Marras.