Stretta sulle compensazioni
Il Decreto fiscale realizza un giro di vite sulle compensazioni: non si potranno più compensare i crediti Irpef con debiti fiscali come avveniva fino al 31 dicembre scorso. Ora, per gli importi superiori a 5 mila euro annui, per ottenere il riconoscimento del credito relativo alle imposte dirette bisognerà prima presentare la dichiarazione dei redditi dalla quale il credito emerge; il Fisco effettuerà il rimborso solo dopo che saranno trascorsi 10 giorni da questo adempimento. Così si allungano notevolmente i tempi per arrivare a ricevere le somme.
Tutto questo avveniva già per l’Iva ed ora il medesimo regime è stato esteso alle imposte dirette. Dover attendere tempi più lunghi per ottenere i rimborsi spettanti si traduce, a ben vedere, in un “prestito forzoso” allo Stato. Il Fisco ha stabilito questo regime per controllare se i crediti richiesti sono reali e così impedire le frodi che alcuni perpetravano, ma ciò si traduce in un aggravio per i contribuenti onesti che, a causa dell’attesa, potranno incorrere in crisi di liquidità, soprattutto se si tratta di piccole imprese o di professionisti.
Il grosso della “torta” dei 6 miliardi complessivi che abbiamo anticipato deriva proprio da questa voce: sono oltre 5 miliardi di euro, infatti, i crediti compensabili che rientrano nell’ambito applicativo della nuova norma e saranno “congelati” prima di potersi tradurre in rimborsi effettivi.
Abrogazione super ed iper ammortamento
Le “super valutazioni” dei beni ammortizzabili, che costituivano un importante incentivo agli investimenti delle imprese in beni strumentali, si trasformano in crediti di imposta. A prima vista, non c’è differenza e sembra un beneficio equivalente, ma a ben vedere cambia parecchio, poiché ora la deducibilità è limitata all’ambito delle imposte dirette, come l’Irpef, mentre prima era consentita anche sul monte dei contributi previdenziali (poiché gli utili Irpef, Ires e Irap sono la base di calcolo dei contributi Inps) ed aveva un effetto positivo ben maggiore. Ci sarà, dunque, una riduzione drastica dei benefici fiscali per tutto il settore dell’Industria 4.0.
Non è un caso, quindi, che il Governo abbia eliminato un’agevolazione riconosciuta da alcuni anni e considerata ben funzionante, sostituendola con una forma di credito che, in sostanza, realizza un incremento della tassazione e, infatti, è stata indicata nella relazione tecnica alla legge di Bilancio come fonte di gettito.
Sostituzione mini Ires con Ace
La riforma prevista lo scorso anno dal Decreto crescita avrebbe ridotto gradualmente le aliquote Ires, introducendo una tassazione agevolata degli utili reinvestiti, con una discesa graduale annua delle aliquote fino al 2023 (sarebbe stata del 21,5% per il 2020 per scendere di mezzo punto percentuale all’anno, fino a raggiungere il 20%).
Ora, la legge di Bilancio 2020 ha soppresso questa agevolazione ed al suo posto è tornata l’Ace (Agevolazione alla crescita economica) che proprio la precedente legge di Bilancio 2019 aveva eliminato in favore della mini Ires. In soldoni, ora la deduzione e, dunque, lo sconto fiscale è più basso rispetto a prima. Anche in questo caso saranno penalizzate le imprese che investono.
Unificazione Imu – Tasi
Sulla fusione tra Imu e Tasi che ha realizzato la nuova Imu 2020 abbiamo già scritto molto sulle pagine di questo sito, anche per indagare chi ci guadagna e chi ci perde. Secondo alcuni, l’apparente assorbimento della Tasi nell’Imu, ad aliquote finali invariate, non è soltanto una utile semplificazione quanto, invece, una sorta di “patrimoniale mascherata” che aumenta le tasse sul mattone eliminando la possibilità di dedurre la quota Tasi per le imprese, ed anche la possibilità di sgravare i proprietari dalla porzione di tassa pagata dagli inquilini, che andava dal 10% al 30%.
Mancato rinnovo cedolare secca
La cedolare secca sugli affitti dei negozi è stata eliminata dalla manovra, nonostante le reiterate proteste delle organizzazioni di categoria, a partire dalla Confedilizia, che ha rappresentato come il mancato riconoscimento dell’agevolazione – che resta, invece, per le locazioni abitative – agli affitti commerciali comporterà un sensibile aumento della tassazione per i proprietari che quest’anno concederanno in locazione immobili da adibire a negozi.
Tagli detrazioni su redditi alti
Con i nuovi limiti alle detrazioni Irpef 2020 coloro che hanno redditi superiori a 120 mila euro annui subiranno un progressivo taglio delle detrazioni che verranno completamente azzerate oltre la soglia dei 240 mila euro. A prescindere da ogni considerazione sui motivi di equità fiscale complessiva che hanno determinato questo provvedimento, per favorire i redditi bassi a scapito di quelli maggiori, è evidente che ciò comporterà un incremento della tassazione a carico di questi ultimi. Un’altra nuova tassa occulta, dunque.
Detrazioni solo con pagamenti tracciati
A prescindere dall’ammontare dei redditi, dal 1° gennaio 2020 per ottenere la detrazione Irpef tutte le spese dovranno essere effettuate con strumenti di pagamento tracciabili, come carte di credito, bancomat, assegni o bonifici, altrimenti gli importi non potranno essere fatti valere. Insomma, chi pagherà in contanti perderà il diritto alla detrazione Irpef della spesa sostenuta. Solo per le spese mediche effettuate attraverso il Servizio sanitario nazionale e per gli acquisti effettuati in farmacia resterà la possibilità di ottenere la detrazione pur pagando in contanti.
Le detrazioni Irpef 2020 cambiano così per tutti indistintamente, senza limiti di importo e di fasce di reddito. È ipotizzabile che molte persone, specialmente quelle che non hanno familiarità con i pagamenti elettronici, si troveranno nell’impossibilità di eseguire i versamenti con metodi tracciati e così inevitabilmente perderanno il diritto alla detrazione, pagando così una quota di tasse in più che altrimenti avrebbero risparmiato.
Abrogazione super flat tax
La super flat tax per i redditi compresi tra i 65 mila ed i 100 mila euro annui, che era già legge nei primi mesi del 2019 con il Governo Conte 1, e per la quale era stata stabilita l’entrata in vigore a partire dal 2020, è stata improvvisamente cancellata dalla nuova legge di Bilancio. Così queste partite Iva saranno soggette alla ben maggiore tassazione secondo le aliquote ordinarie e progressive, anziché beneficiare dell’imposizione fissa al 20%.
Paletti al regime forfettario
L’accesso al regime forfettario vede dal 1° gennaio 2020 anche l’introduzione, o meglio la reintroduzione, di due importanti paletti che erano stati eliminati l’anno precedente proprio per favorire l’accesso al regime agevolato: con la flat tax 2020 molti – si parla di circa 350 mila fruitori – rimarranno fuori dall’aliquota al 15% a causa del limite dei redditi di lavoro dipendente o assimilati percepiti nell’anno precedente per un ammontare superiore a 30 mila euro (ad esempio, chi era andato in pensione e aveva aperto una partita Iva) oppure per il superamento dell’altro paletto delle spese per lavoro dipendente maggiori di 20 mila euro annui.
Meno bonus per i forfettari
Inoltre, anche per coloro che rientrano anche nel 2020 nei più stringenti limiti di accesso al regime forfettario il reddito disponibile si assottiglierà, perché anche il reddito tassato con il metodo della flat tax (aliquota sostitutiva applicata sulla differenza tra l’ammontare dei ricavi o compensi percepiti nell’anno ed i costi forfettizzati in base ad una percentuale prestabilita in relazione all’attività esercitata) farà cumulo in caso di richiesta di agevolazioni fiscali e ciò innalzerà il limite per poterne fruire, in taluni casi escludendo alcuni potenziali beneficiari.
Aumento accise tabacchi
L’incremento, sia pur leggero, dell’imposizione fiscale sui tabacchi (le accise minime sono salite, infatti, di 5 euro al chilo e sono state riviste le varie aliquote sui diversi prodotti, come sigarette, sigari e tabacco trinciato) rende più caro fumare; anche in questo caso il maggior prelievo dello Stato integra una forma di tassazione. Una curiosità: solo le e-cig, le sigarette elettroniche non sono state, per ora, toccate dalla manovra.
Tassa su cartine e filtri per tabacco
L’aumento delle tasse sui tabacchi riguarda – anche qui in misura lieve – anche gli accessori, come le cartine da arrotolare ed i filtri. Da gennaio, comprare un pacco da 100 cartine costa 36 centesimi in più rispetto a dicembre 2019; a livello nazionale, in un anno, si stimano 30 milioni di euro di maggiori entrate tributarie derivanti da questa voce.
Se ti interessa approfondire l’argomento delle “tasse mascherate” e scoprire le varie forme che possono assumere, guarda anche questi due video sul canale Youtube “questa è la legge”: le tasse nascoste che pagano gli italiani ed ecco le tasse invisibili che paghiamo più volte.