Storia di trionfi sportivi e tragedie, di vittorie e (rare) sconfitte in un’inarrestabile ascesa fatta di impegno e determinazione, sudore e fatica ma anche di drammi familiari, lutti e abbandoni, accanto a un indiscutibile talento per il ring: una passione nata quasi per caso, che colpisce come una “folgorazione” il ragazzino partenopeo quando vede per la prima volta il fratello indossare i guantoni e capisce, o merglio “decide” che la boxe sarà il suo destino.
Il racconto affascinante e emozionante come un romanzo di un’esistenza dura e difficile, ricca di amarezze e successi: (auto)ritratto del campione e dell’uomo dietro la maschera dell’atleta (quasi) invincibile – 93 vittorie su 96 incontri nella categoria dilettanti, culminata con l’oro alle Olimpiadi di Mosca nel 1980, un anno dopo l’argento agli Europei del 1979 e 57 vittorie su 59 incontri da professionista, in una escalation che lo ha portato a vincere, in sequenza, il titolo italiano, il titolo europeo e il titolo mondiale e in seguito anche quello di campione europeo dei pesi welter.
Una splendida carriera, piena di riconoscimenti, per una vicenda quasi emblematica, una storia di riscatto personale e sociale attraverso l’antica arte del combattimento, sport crudele e all’apparenza violento ma anche elegante, in cui tecnica, agilità, velocità e forza si intrecciano alla capacità di intuire e “colpire” i punti deboli dell’avversario come di resistere agli assalti conservando lucidità e autocontrollo, di “incassare” e restituire i pugni senza perdere di vista l’obiettivo finale: la vittoria.
Fin dall’antichità – dal Vicino Oriente alla Grecia, ma pure in India e ancora in epoca romana – questa forma di duello senza altre armi che le mani, coperte da bende o guantoni, attestata anche in bassorilievi e pitture vascolari, ha continuato a godere di enorme popolarità tra gli atleti e gli spettatori mentre si affermavano e definivano via via le regole del combattimento fino ad arrivare alla boxe del del ventesimo secolo.
“Patrizio vs Oliva” mette idealmente a confronto l’uomo, un individuo normale con le sue debolezze, le sue incertezze, le sue paure e il grande campione di pugilato, un eroe moderno, ammirato e acclamato dalla folla, in grado di compiere imprese impossibili per i comuni mortali e di sublimare la rabbia e il disincanto in una gara con se stesso, una lotta contro i suoi demoni e i suoi fantasmi, per affermarsi nel gran teatro del mondo.
Una battaglia che continua anche fuori dal ring dove Patrizio Oliva ha dovuto affrontare il dolore più grande con la morte del fratello: il ragazzino cresciuto in «una famiglia ricca di affetti ma piegata dai sacrifici» ha continuato a inseguire il suo sogno, allenandosi in balcone e cercando di rubare i segreti dei grandi boxeurs visti alla tv, per poi approdare appena adolescente in una palestra dove ha imparato i rudimenti dello sport che lo avrebbe incoronato campione, consegnandolo alla gloria.
Il riferimento al mito e al favore degli dèi affiora nelle note, quasi a voler trovare nella tradizione classica i segni del destino: «Ananke, per gli antichi greci Dea pre-olimpica del Fato, della Necessità dell’agire umano, era definita da Omero la “necessità di combattere”. Patrizio Oliva è stato uno dei più grandi pugili della boxe italiana. Scorrendo la sua vita appare evidente come sia stata una qualche Ananke a seguirlo da vicino e le sue fatiche sportive ci ricordano le gesta di un semidio. La sua determinazione a prendere a pugni, più che gli avversari, le ferite della vita, hanno reso la sua parabola sportiva ineluttabile: titoli italiani, oro olimpico, titolo europeo, titolo mondiale…
Ma nel ring aperto di un teatro, la sua storia ci racconta le peripezie, le crisi, gli ostacoli che ad ogni passo, sia tu un uomo o un semidio, ti fanno dubitare, anche solo per un attimo, che il tuo destino sia già scritto.
Tra i vapori di una sauna olimpica, dove nel tempo sospeso di una preoccupante seduta, si sudano i grammi di troppo per rientrare nel peso consentito, tra i fumi delle macerie di un terremoto familiare più esistenziale che fisico, tra le nuvole bianche su cui troppo presto è volato a riposare un amato fratello, ci convinciamo che Patrizio facendosi, da pugile-semidio, un semplice attore, sia il solo che può raccontare la sua storia. O pugile, semidio e attore sono forse sinonimi?».
Un interrogativo – il dilemma tra il ring e il teatro – che trova risposta proprio in “Patrizio vs Oliva”, dove il pugile si trasforma in attore per interpretare se stesso – e chi meglio di lui? – ma l’ex campione dei superleggeri, già commissario tecnico della Nazionale Olimpica ai Giochi di Atlanta 1996 e Sydney 2000, nonché organizzatore di eventi pugilistici di portata internazionale, istruttore di allenatori di pugilato per la federazione mondiale AIBA, pure commentatore sportivo per la RAI in occasione delle Olimpiadi di Rio 2016, ha già dato prova dei suoi molteplici talenti artistici, spaziando dalla musica, con l’album “Resterò qui”, al cinema con “Il flauto” al ruolo di Pulcinella in “Due ore all’alba” che segna il suo debutto in teatro. Si è pure cimentato con un talent show come “Notti sul ghiaccio” condotto da Milly Carlucci su RaiUno e pure con il reality “L’Isola dei Famosi” – dove è stato “sconfitto” al televoto dal cantante Valerio Scanu. “Patrizio vs Oliva” lo vede ancora protagonista sulla scena, in un gioco di specchi dove l’attore e il personaggio, il giovane partenopeo e il campione del mondo si guardano negli occhi e si raccontano… davanti al pubblico in un coinvolgente inno alla vita.