Ieri, per i 70 anni dall’estensione del diritto di voto, abbiamo parlato delle tortuose lotte che hanno visto le donne conquistare piano piano i propri diritti e oggi, invece di commentare i progressi, ci troviamo ancora una volta ad affrontare un caso che ha dell’inaudito. Parliamo della Scuola di Specializzazione in Ostetricia e Ginecologia del Campus Biomedico di Roma che, nella sua “Carta delle finalità”, non si attiene alla normativa in tema di interruzione volontaria della gravidanza e contraccezione, sancita dalla legge 194 del 1978.
È quanto afferma la deputata algherese Paola Deiana che, con profonda disapprovazione, sottoscrive l’interrogazione, rivolta al ministro competente, presentata dalla collega del PD Lia Quartapelle e condivisa pienamente dall’Intergruppo parlamentare per le Donne e le pari opportunità.
Nella suddetta Carta – si legge nella domanda parlamentare – si definisce “crimine” l’interruzione volontaria della gravidanza e impone agli studenti e frequentatori l’obiezione di coscienza. Ne deriva una preparazione parziale e incompleta, che non tiene conto dei principi di laicità e libertà di pensiero che lo Stato deve sempre garantire.
La legge del ’78 – sottolineano le deputate – riconosce il diritto del personale sanitario a sollevare obiezione di coscienza esclusivamente in base a una scelta personale, non come linea di condotta imposta dal posto di studio o lavoro.
Questo caso – conclude la parlamentare del Movimento 5 stelle – dimostra che la battaglia delle donne non è ancora finita. Nella nostra società ci sono ancora troppi esempi che ci consegnano l’esistenza di residuali mentalità ottocentesche.