Davanti al Giudice (Dott.ssa Benvenuti) si sono ritrovati sia i legali di Alessandro Marini sia il legale della fondazione Monte Tabor, ma nel concreto nulla si è fatto poiché il giudice ha dovuto prendere atto dell’assenza dell’Avvocato Angelo Merlini.
Benché la responsabilità della gestione fallimentare dell’operazione Mater Olbia Hospital non sia ascrivibile unicamente all’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani, è certo che la sua famiglia ha contribuito notevolmente a far precipitare la situazione, non essendo corsa subito ai ripari per evitare l’escalation debitoria ai danni di tante aziende italiane e, in particolare, sarde.
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E vista la discutibile gestione manageriale del gruppo di società facenti capo alla Qatar Foundation – guidata da Mozah bint Nasser al-Missned, madre di Tamim al-Thani – sono numerosi i personaggi politici che auspicano il passaggio del testimone dalla famiglia al-Thani a investitori istituzionali più affidabili.
Infatti, i loro manager Lucio Rispo e Tidu Maini – seguiti in ogni loro passo dallo studio legale Gianni, Origoni, Grippo & Partners – in questi ultimi cinque anni hanno accumulato, con il beneplacito della Qatar Foundation, debiti per decine di milioni di euro, con ingenti danni al sistema economico della Sardegna.
Sono decine, appunto, le imprese sarde che hanno fatto credito alle società facenti capo alla Qatar Foundation: tra queste parrebbe la Romana General Contractor ECF Group S.p.A., in atti con Arco Lavori, che sembra aver abbandonato il campo di battaglia pur vantando crediti di tutto rispetto nei confronti delle società gestite da Lucio Rispo, Tidu Maini e Giovanni Raimondi.
Dalla Regione Sardegna, inoltre, sembra sia trapelata una notizia piuttosto imbarazzante che riguarda Lucio Rispo e Tidu Maini, i quali – accompagnati dal CEO di Qatar Foundation, Rashid al-Naimi – si sarebbero presentati presso gli uffici governativi regionali per chiedere un’anticipazione di circa 12 milioni di euro entro il 31 dicembre 2019.
Risulterebbe, infatti (per voci di corridoio), che i dirigenti degli uffici governativi, rimasti giustamente sorpresi da tale richiesta, non abbiano concesso le somme finanziarie poiché, a loro avviso, non dovute e non maturate, per cui le prestazioni tanto pubblicizzate sui media – ma pare mai effettuate per raggiungere tale somma economica – non hanno permesso di elargire i 12 milioni suddetti.
E oltre al danno, la beffa: da gennaio 2020, infatti, questi soldi sono stati reinvestiti nella sanità pubblica e non sul Mater Olbia Hospital – benché non per responsabilità degli uffici governativi, bensì di altri soggetti coinvolti nell’operazione suddetta.
Tuttavia i politici del Governo Autonomo della Regione Sardegna, nonostante i finti proclami dell’eccellenza sanitaria, non sono caduti in trappola, ma hanno drasticamente preso le distanze una volta saputo che il gruppo di società del Qatar che ingloba il Mater Olbia Hospital – gestito da un unico centro di regia con Tidu Maini e Lucio Rispo in prima linea – pare sia sommerso da decine di milioni di euro di debiti.
E, soprattutto, a nulla è valso lo scudo societario costato circa 320 mila euro (cui sta indagando la Polizia Giudiziaria Italiana), attuato dai commercialisti e dai legali – riconducibili sempre a Lucio Rispo e Tidu Maini. Un’azione messa in atto, molto probabilmente, per proteggere la Sardinia Healthcare Research Properties S.r.l. (intestataria dell’edificio Mater Olbia Hospital) dall’onda delle azioni giudiziarie per il recupero dei crediti.
In conclusione, sono davvero tanti i milioni di euro di debiti accumulati in Sardegna dalle società riconducibili alla famiglia al-Thani: si va dai parcheggi mai collaudati e inutilizzabili alle opere edili, idrauliche e di bonifica, con decine d’imprese coinvolte in un imminente crac finanziario.
Non è un caso, infatti, se alcuni operatori della Costa Smeralda paragonano il Mater Olbia Hospital al grosso crac avvenuto nel 2001 nella località turistica di Stintino, risolto in parte con l’arresto del management e la costituzione di parte civile del Comune di Stintino con circa 40 imprese creditrici sarde coinvolte.