Dodici denunce sono davvero tante, soprattutto se rimangono inascoltate. Nel 2017, in primo grado, poiché il grido di aiuto di una madre di 32 anni non può cadere nel vuoto, l’inerzia della Procura è stata condannata dai Giudici, che hanno inoltre stabilito un risarcimento per i tre figli della donna, orfani di madre per mano di un uomo che chiamavano papà.
Tuttavia, a distanza di due anni, “in nome del popolo italiano” la sentenza è stata ribaltata…”Ops! Ci siamo sbagliati, nessun risarcimento! L’avrebbe uccisa comunque. Vogliamo indietro i soldi”.
Parafrasando una frase famosa, la domanda sorge spontanea: anziché chiedere la restituzione del risarcimento, non sarebbe più opportuno restituire a tutti noi la fiducia nelle istituzioni e la voglia di denunciare senza paure?
Non è “giusto giudicare” il lavoro dei magistrati, soprattutto se non si hanno in mano tutti gli elementi del caso in questione, ma è davvero palese il fatto che siamo ancora una volta di fronte a un sistema Giustizia che farebbe sorridere, se non ci fosse in ballo una vera e propria tragedia. La tragedia di una donna strappata alla vita e dei suoi tre figli, ancora oggi minorenni, ai quali lo Stato chiede di restituire il risarcimento di circa 300.000 euro, dopo essersi autoassolto.
Ma soprattutto la tragedia di tutti noi, impotenti di fronte all’ennesima “beffa legale”. Denunciare non serve a niente, se anche chi può e deve aiutarci, non riconosce le proprie responsabilità in un femminicidio annunciato per ben dodici volte.
“L’assassinio è l’ultima risorsa dei vigliacchi” (Edward Gibbon)
Sabrina Cau