È possibile essere miti in una società di non miti senza soccombere? Può essere la “mitezza” la parola chiave di un nuovo lessico politico, l’antidoto all’ arditismo quale cifra dominante dell’ultimo ventennio? Com’è possibile tendere alla mitezza, “la più impolitica delle virtù”, in un momento storico in cui tutto appare schiacciato dall’arroganza e dalla protervia? Attribuendo una definizione altra alla politica intesa come “dire all’altro che non è solo!” la mitezza potrebbe divenire la virtù per eccellenza del politico ideale? Proveremo a rispondere a queste e ad altre domande a partire dal celebre e ancora attualissimo Elogio della mitezza di Norberto Bobbio. «Amo le persone miti, perché sono quelle che rendono più abitabile questa “aiuola”, tanto da farmi pensare che la città ideale non sia quella fantasticata e descritta sin nei più minuti particolari dagli utopisti, ma quella in cui la gentilezza dei costumi sia diventata una pratica universale.»
Dalla sfera politica, frustrata e contaminata dal suo decadimento, alla filosofia morale, «Elogio della mitezza» segna come nessun altro libro gli ultimi anni di Norberto Bobbio, e il celebre saggio che ne rappresenta il testamento civico. La mitezza, che pure Bobbio dichiara di non saper praticare, si presta a riassumere alcuni tratti fra i più ammirati del suo carattere e della sua riflessione teorica: i tratti di un pensatore intimamente democratico, un uomo semplice e ancorato alla solidità dei propri valori e argomenti, sempre conscio del dualismo insuperabile tra mondo dei fatti e mondo delle idee. Una mitezza da non confondere con la remissività o con l’umiltà che apre il regno dei cieli. È una virtù debole, propria di chi non ha potere, e al tempo stesso potente, poiché anticipa un mondo migliore su questa terra. È «la più impolitica delle virtù», ma anche l’antidoto alle degenerazioni della politica.
Luigi Manconi: Sociologo, ex parlamentare, ex presidente della commissione diritti umani del Senato. Tra i suoi libri recenti: Corpo e Anima (minimum fax, 2016), Non sono razzista ma (Feltrinelli, 2017) Abolire il carcere. Una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini (Chiarelettere 2015, con S. Anastasia, V. Calderone, F. Resta), Accogliamoli tutti. Una ragionevole proposta per salvare l’Italia, gli italiani e gli immigrati (Il Saggiatore 2013, con V. Brinis), La musica è leggera. Racconto su mezzo secolo di canzoni (Il Saggiatore 2012). Nel 2001 ha fondato l’associazione A buon diritto.
Giovanni De Luna: insegna Storia contemporanea all’Università di Torino. Autore di fortunate trasmissioni radiofoniche e televisive, collabora alla «Stampa» e a «Tuttolibri». È nella direzione di «Passato e Presente». Ha pubblicato tra l’altro Donne in oggetto. L’antifascismo nella società italiana (1995), La passione e la ragione. Il mestiere dello storico contemporaneo (2004), Storia del Partito d’Azione (nuova edizione, 2006), Il corpo del nemico ucciso (Einaudi 2006), Le ragioni di un decennio (1969-1979) (Feltrinelli 2009), La repubblica del dolore (Feltrinelli 2011) e Una politica senza religione (Einaudi 2013). Per Einaudi ha curato L’Italia del Novecento. Le fotografie e la storia, 3 volumi, quattro tomi (2005-2006).