Aumenta l’allerta in Italia dopo il 1° caso di contagio secondario da Coronavirus, persona mai stata in Cina, e la negatività del paziente zero ritenuto la fonte del contagio. Sono ormai 52 i casi confermati, tra cui 5 medici, portando il nostro Paese al record di contagi in Europa.
In una situazione fluida come questa, in continua evoluzione, in cui il dato di essere stato in Cina o a contatto con persone di rientro dalla Cina pare essere ormai superato, ci saremmo aspettati il massimo dell’attenzione da parte dell’Assessorato alla Sanità della Regione Sardegna, con predisposizione di un protocollo operativo a maglie strette, capace di coinvolgere tutti i sanitari del territorio, nessuno escluso, per evitare che nulla sfugga al controllo.
Dobbiamo invece denunciare la scarsa informazione sino ad oggi pervenuta ai medici di Continuità Assistenziale (ex guardia medica) distribuiti nell’isola in 190 punti guardia, e il loro mancato coinvolgimento nelle procedure finalizzate alla prevenzione al contenimento di questa nuova emergenza sanitaria.
A fronte di circolari ministeriali emanate sin dal 22 gennaio, i medici di Continuità Assistenziale hanno ricevuto le prime direttive a distanza di un mese, per giunta con un invio a macchia di leopardo che ha escluso molti operatori.
Nonostante la Determinazione n° 60 Prot. n°1790 del 29.01.2020 dell’Assessorato alla Sanità preveda, all’Art. 8, l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale, e l’Art. 10 preveda una adeguata formazione del personale sanitario, ad oggi i medici della Continuità Assistenziale, che pur svolgono una funzione di filtro e per tale motivo rappresentano una delle categorie più a rischio di esposizione, sono privi di dotazioni adeguate e di disposizioni operative specifiche per fronteggiare l’infezione.
Questo impedisce una corretta gestione dei casi sospetti, la prevenzione dell’eventuale contagio dei contatti, oltre a non assicurare una adeguata protezione del personale sanitario coinvolto nell’assistenza.
Considerato che il Servizio di Continuità Assistenziale svolge un’attività prevalentemente di tipo ambulatoriale, e considerato che, nella maggior parte dei casi, l’infezione da Coronavirus si manifesta con sintomi minori di tipo simil influenzale, al fine di garantire una maggiore tutela dell’utenza e degli operatori, si rende quanto mai opportuna l‘attivazione del triage telefonico, propedeutico alla visita ambulatoriale oltre che alla visita domiciliare.
Come associazione sindacale, seguendo le indicazioni del nostro Segretario Nazionale FIMMG Silvestro Scotti, invitiamo l’utenza ad evitare di recarsi direttamente presso le sedi di Continuità Assistenziale in presenza di sintomi di infezione delle vie respiratorie (febbre, raffreddore, mal di gola, tosse, problemi respiratori), contattando le stesse telefonicamente, in modo tale che i medici possano verificare un’eventuale esposizione al Covid-19.
Chiediamo inoltre a tutti i medici di CA di evitare di effettuare domiciliari rivolte a pazienti con i sintomi suddetti in assenza delle dotazioni di sicurezza previste dalle circolari ministeriali, invitando gli eventuali casi sospetti a contattare il 118. Questo al solo scopo di evitare contatti a rischio, di modo che lo stesso medico di Continuità Assistenziale non diventi, a sua volta, strumento di diffusione del virus, anche tenuto conto che gran parte dell’utenza della Continuità Assistenziale consiste in soggetti anziani e immunodepressi, proprio i gruppi di persone con la più alta mortalità da infezione da Covid-19.
Vista l’urgenza e la rapidità di evoluzione degli eventi, vogliamo riportare la Regione e l’ATS ai propri obblighi istituzionali, sino ad ora disattesi nonostante le direttive ministeriali, auspicando che, seppur con ingiustificabile ritardo, provvedano a fornire ai medici di Continuità Assistenziale, sin dalla prossima settimana, tutti i dispositivi di protezione necessari e a diramare appropriate informative per la popolazione e aggiornate linee guida e percorsi procedurali per i sanitari.
Ci rivolgiamo anche ai Sindaci di tutti i Comuni Sardi perché chiedano di essere costantemente informati delle decisioni prese dall’unità di crisi regionale (che fino ad ora ha dimostrato di avere tempi di azione troppo lenti rispetto alla rapidità di diffusione dell’infezione) in modo da poter rassicurare la popolazione ed evitare eventuali misure restrittive di isolamento dei centri abitati, come recentemente accaduto per dieci centri della Lombardia.
Solo così si può affrontare con razionalità, e non sull’onda dell’emotività, questa emergenza sanitaria perché, se è vero che l’insularità abbassa il rischio, è anche vero che la Sardegna non può essere considerata a rischio zero.
Dott.ssa Paola Correddu
Segretario Regionale FIMMG per la C.A. Sardegna