Istituita nel 2007 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione A/RES/62/10, pone l’attenzione sull’importanza della giustizia sociale come strumento di eradicazione della povertà e promozione dello sviluppo e della dignità umana.
Essa, infatti, costituisce presupposto della pace e sicurezza tra le nazioni perché, attraverso il rispetto dei diritti umani e le libertà fondamentali di tutti, è in grado di rimuovere le barriere che le persone affrontano nell’accesso al benessere sociale a causa di genere, età, razza, etnia, religione, cultura, disabilità, condizioni di lavoro e giustizia.
Il tema della giornata per il 2020 è “Colmare il divario delle disuguaglianze per raggiungere la giustizia sociale“. Ma quali sono le principali disuguaglianze da colmare?
Assistiamo alla disumanizzazione delle politiche economiche tese alla valorizzazione dei soli risultati finanziari, mentre invece si dovrebbe incentivare la valutazione dei risultati alla luce dell’impatto positivo per i cittadini.
V’è ancora un ampio divario retributivo tra uomo e donna in presenza di ruolo, funzione e responsabilità simile e insufficienti misure di conciliazione fra tempi di vita e di lavoro.
Le strategie politiche e imprenditoriali tardano ad attuare le transizioni energetiche necessarie per assicurare la giustizia ambientale e perseverano nello sfruttamento delle risorse naturali dei Paesi in via di sviluppo a vantaggio e uso dei Paesi sviluppati, mentre invece dovrebbero tendere al contenimento del loro divario economico e sociale.
La globalizzazione dei mercati, la diffusione della tecnologia, l’ampliamento dei mercati di beni e servizi, l’espansione degli investimenti e l’internazionalizzazione delle imprese e dei processi aziendali non sono bastati ad assicurare occupazione e condizioni di lavoro eque, uguaglianza e protezione sociale nei Paesi in via di sviluppo, né a definire degli standard di lavoro equi validi a livello globale.
Contro le disuguaglianze sul lavoro, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha adottato, il 10 giugno 2008, la Dichiarazione sulla giustizia sociale per una globalizzazione equa e risultati equi per tutti attraverso l’occupazione, la protezione sociale, il dialogo sociale e principi e diritti fondamentali sul lavoro.
Il suo obiettivo è l’eliminazione della povertà per garantire che tutti gli uomini e le donne abbiano accesso all’opportunità di un lavoro produttivo, in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana, ossia che abbiano un lavoro dignitoso.
Anche nei Paesi svilippati e democratici, talvolta, il diritto a condizioni di lavoro dignitose viene compromesso. Parlare di lavoro dignitoso nella scuola italiana di oggi, ad esempio, costituisce una nota stonata per circa 200.000 docenti.
Sono coloro che ogni anno assicurano il regolare svolgimento del servizio scolastico e educativo con contratti a tempo determinato abusivamente ripetuti nel tempo, privati della continuità retributiva, dell’affidabilità creditizia e delle stabili condizioni di vita di un lavoro dignitoso.
L’abuso dell’utilizzo del precariato è stato vietato dall’Unione Europea e dalla legislazione interna, condannato dalla Corte di Giustizia Europea, oggetto di impegni formali alla stabilizzazione da parte dei governi succedutisi, eppure permane a tutt’oggi con effetto discriminante all’interno della categoria dei docenti.
La lotta alla povertà va di pari passo con la lotta ai cambiamenti climatici perché i suoi effetti ledono principalmente le persone più povere e vulnerabili della Terra. Un’economia democratica e sostenibile, che mette al centro dello sviluppo economico l’essere umano, l’inclusione sociale e la sicurezza internazionale, non trascura l’inclusione e l’uso sostenibile delle risorse naturali e dell’ambiente.
Il concetto di giustizia, infatti, non va circoscritto alla dimensione antropocentrica, ma va esteso a tutto l’ecosistema di cui l’uomo fa parte. Si tratta di una giustizia intergenerazionale che non si esaurisce con la tutela della società contemporanea, ma che deve guardare alle società venture per assicurare una sana coesistenza tra uomo e natura e per mettere in sicurezza il nostro futuro.
La scuola ha il compito di educare i giovani a difendere i propri diritti in modo attivo e consapevole, sensibilizzandoli verso la partecipazione alle attività decisionali del Paese, nell’ottica di favorire una legislazione pertinente alle esigenze dei lavoratori e dei cittadini.
Il CNDDU promuove la partecipazione attiva al volontariato e all’associazionismo, come strumenti di coesione sociale, ai processi di crescita sociale attraverso la creazione di consigli di giovani cittadini messi in relazione con le istituzioni, le imprese e la Pubblica Amministrazione, affinché imparino a prendere parte, con maggiore incidenza, alle decisioni strategiche per una giustizia sociale autentica.
Propone, altresì, la creazione di un sistema a rete, denominata “la nostra opinione conta”, in cui i giovani studenti possano incontrarsi, conoscersi e condividere le loro esigenze di giustizia sociale per imparare a dar voce, collettivamente, alle loro opinioni. A tale scopo mette a disposizione di tutte le scuole, che intendano aderire, il proprio sito e gli strumenti digitali in dotazione, per dare voce agli studenti e promuovere i diritti umani e la giustizia sociale ed ambientale.
A nome dell’istituto scolastico #lanostraopinioneconta.
Prof. Veronica Radici, CNDDU