Le date di proiezione de “L’Agnello”
Durante la prima settimana di tour, “L’Agnello” sarà proiettato secondo il seguente calendario.
Dal 5 all’11 marzo 2020:
- Cagliari – Odissea e UCI;
- Nuoro – Multiplex Prato;
- Oristano – Cinema Ariston;
- Sassari – Cityplex Moderno;
- Torralba – Carlo Felice;
- Carbonia – Supercinema;
- Tortolì – Cinema Garibaldi.
Dal 5 all’8 marzo 2020: Macomer – Ex-caserma Mura.
Dal 5 al 10 marzo 2020: Ghilarza – Joseph.
Sinossi
Anita ha diciassette anni e vive in Sardegna, insieme a suo padre Jacopo, che è malato di leucemia e avrebbe bisogno con urgenza di un trapianto. I tempi d’attesa per la ricerca di un donatore sono troppo lunghi rispetto al progredire della malattia e, anche se i parenti hanno più probabilità di essere compatibili, non lo sono né Anita né suo nonno Tonino – un vecchio pastore che abita sull’altopiano, accanto a un’area militare.
Jacopo ha un solo fratello, Gaetano, che vive dall’altra parte dell’Isola; i due non si parlano da anni a causa di un feroce litigio che non sembrano intenzionati a dimenticare. Con l’aiuto del nonno, ad Anita non resta che presentarsi a casa dello zio, determinata a ricucire gli strappi del passato, pur di convincerlo a fare le analisi che potrebbero salvare la vita di suo padre.
Note di regia
Sono partito con l’idea di girare un film di pseudo-finzione, raccontando le traversie quanto mai attuali di un padre e una figlia che vivono vicino a un’ipotetica base militare in Sardegna.
Non è una situazione straordinaria: il territorio sardo, infatti, ospita il 60% di tutto il demanio militare italiano. La Sardegna è un’isola poco abitata e si trova in una posizione strategica al centro del Mediterraneo: è stato il posto ideale dove collocare la maggior parte delle basi militari interforze che, dalla metà del secolo scorso, hanno progressivamente sottratto alla popolazione porzioni crescenti di territorio.
Tra i luoghi più noti alle cronache, ricordiamo i poligoni militari di Teulada e Quirra, che hanno come principale attività la sperimentazione di nuove armi e la guerra simulata, in aree naturali che si estendono dall’entroterra al mare. Ai margini di questi territori, secondo le stime, l’incidenza tumorale ha raggiunto picchi altissimi imputabili all’ingente presenza di polveri radioattive, residui delle esplosioni e delle esercitazioni.
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Della relazione tra attività militari e salute si parla da quasi vent’anni: in vari documentari, in inchieste giornalistiche, nelle aule dei tribunali: è una relazione che non riguarda solo i soldati, ma anche i pastori, i civili che lavorano nelle basi e gli abitanti dei centri vicini. È un dato di fatto per chi vive in Sardegna, ma è meno noto per tutti gli altri.
Sono partito da una delle tante storie di persone che risiedono in quei territori, in cui la convivenza forzata tra civile e militare è ordinaria quotidianità. È proprio in questa normalità che ho scelto di ambientare il racconto, cercando di realizzare un film non esplicitamente di denuncia, cioè senza oltrepassare il “limite invalicabile” della base militare, che resta inaccessibile ai personaggi così come lo è nella realtà.
“L’Agnello” resta per me un film ambientato in un territorio e non su un territorio, con al centro un dramma familiare che potrebbe essere raccontato in qualunque parte del mondo. Il punto di vista è quello di una ragazza di diciassette anni, in piena ribellione da una condizione sociale e culturale che a stento riesce a comprendere, perché è troppo maldestramente impegnata – ma determinata a risolvere il problema della malattia di suo padre e a ricucire i rapporti all’interno della sua famiglia.
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Il film affronta il conflitto tra un’adolescente e l’eredità lasciata, per non dire imposta, dalle generazioni precedenti, in un’altalena emotiva di lotte e rassegnazioni di fronte a un mostro invisibile che, per quanto ben mimetizzato, è sempre presente.
Cose piccole e rapporti umani, queste sono rimaste le mie priorità, e ho cercato di metterle in scena con un linguaggio personale, intimo, già sperimentato nei miei lavori di cortometraggio precedenti, trattando il dramma con leggerezza, lasciando ai personaggi la capacità di uscire dal tragico della loro esistenza.
Mario Piredda
Nato a Sassari nel 1980, dal 1999 vive a Bologna, dove si laurea al DAMS e lavora come regista. Nel 2005 vince il concorso “AVISA – Antropologia Visuale in Sardegna” promosso dall’ISRE e realizza il suo primo cortometraggio, “Il suono della miniera”.
Dal 2009 è socio di EleNfant Film, casa di produzione indipendente.
Il suo secondo lavoro, “Io sono qui”, viene candidato al David di Donatello nel 2011.
Nel 2011 gira a Cuba “Los aviones que se caen” ed è co-regista del documentario musicale Cervelli in fuga.
Nel 2015 è autore del documentario Homeward, girato in “Cambogia”.
Nel 2017 vince il David di Donatello come miglior cortometraggio con “A casa mia”.
Nel 2018 dirige “Nina”, sesto episodio della serie 13-11.
L’Agnello è il suo primo lungometraggio.