Focus sulla violenza di genere e sul dramma del femminicidio in “Bolero – Prigionia di un amore”, uno spettacolo di danza e teatro di Milena Zullo con la partecipazione straordinaria dell’étoile Luciana Savignano, accanto all’attore Massimo Scola e ai Solisti della C.P.P. Padova Danza diretta da Gabriella Furlan Malvezzi, in tournée nell’Isola sotto le insegne del CeDAC per la Stagione di Danza 2019-2020 nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.
Un viaggio nei labirinti della mente e del cuore umano con il raffinato e avvincente racconto per quadri sulle note di Maurice Ravel, in un gioco di contrasti tra la sensualità della musica e le ferite e i graffi sull’anima delle vittime di un sentimento malato e perverso, retaggio di una cultura patriarcale, in cui si perpetua il fatale equivoco di chi scambia l’amore con il possesso, il desiderio con il dominio, in un doloroso crescendo di sofferenze e abusi che troppo spesso culmina in tragedia.
Il “Bolero” della coreografa Milena Zullo – in cartellone Domani (domenica 1 marzo) alle 21 al Teatro del Carmine di Tempio Pausania, poi lunedì 2 marzo alle 21 al Padiglione Tamuli delle ex Caserme Mura di Macomer e infine martedì 3 e mercoledì 4 marzo alle 21 (Turni A e B) per un duplice appuntamento al Teatro Civico di Alghero – racconta nel linguaggio simbolico e immaginifico della danza la crudeltà della “distruzione della bellezza”.
Un’opera originale ispirata alla travolgente partitura del compositore francese e alla celebre versione firmata da Maurice Béjart, quasi un’incarnazione del rito dionisiaco, per una rilettura in chiave contemporanea in cui s’intrecciano la forza evocativa di una straordinaria colonna sonora e spunti di riflessione sulla cronaca di una strage silenziosa, il prevalere di oscuri impulsi sulla ragione, che rappresenta il segno del declino della civiltà.
Il Bolero di Ravel risuona in noi come un eco atavico, attaccato a quella memoria collettiva che ci portiamo dentro consapevoli e non… Allo stesso modo l’immagine e il contenuto che Béjartci ha donato è divenuto, per moltissimi di noi una pietra miliare, rimasta impressa nella nostra retina, al primo eco delle note. Il brano musicale racchiude in sé una magia, una forza capace di ipnotizzare, è un mantra che ci conduce lentamente e inesorabilmente nella caverna della nostra intimità – sottolinea Milena Zullo. – È tanto tempo che sento forte il richiamo e l’esigenza di cimentarmi e perdermi, lasciando scorrere il mio racconto a partire da queste note, ma il profondo rispetto e l’ammirazione per il capolavoro bejartiano mi hanno paralizzata e al tempo stesso hanno alimentato il desiderio di liberare altri umori, altre immagini. La sensualità e l’erotismo che grida libertà in Béjart, non poteva che essere il mio punto di partenza; quel grido di libertà diviene qui un grido di prigionia. Sul tappeto ritmico mantrico, sempre più antico e sempre più vincente, si snodano le due melodie, si distendono sul talamo ritmico e crescono, avvicendandosi, come due voci distinte, facenti parte di una medesima natura. Queste due voci sono diventate per me, suggestionata oggi e da tempo, da tanto anacronistico femminicidio, sono diventate le voci di vittime e carnefici, il racconto della prigionia di un amore malato, un mantra che grida dentro il silenzio.
Sotto i riflettori un’artista del calibro di Luciana Savignano, icona della danza, che rappresenta «il simbolo dell’anima e della carne dell’essere Donna, quanto più di prezioso altra donna e la società tutta possa mai partorire», per una narrazione visionaria che tocca le corde intime e segrete, una trama struggente e di terribile attualità, come ricorda la coreografa:
Il racconto di una mortificazione che pesa sulla nostra incapacità, ancora oggi, di proteggere una laica Sacralità, macchiandoci dell’onta di non riuscire a proteggere la Bellezza.
Bolero – Prigionia di un amore
Il Bolero di Ravel risuona in noi come un eco atavico, attaccato a quella memoria collettiva che ci portiamo dentro, consapevoli e non…
Allo stesso modo l’immagine e il contenuto che Bejart ci ha donato è divenuto, per moltissimi di noi, una pietra miliare, rimasta impressa nella nostra retina al primo eco delle note.
Il brano musicale racchiude in sé una magia, una forza capace di ipnotizzare, è un mantra che ci conduce lentamente e inesorabilmente nella caverna della nostra intimità.
È tanto tempo che sento forte il richiamo e l’esigenza di cimentarmi e perdermi, lasciando scorrere il mio racconto a partire da queste note, ma il profondo rispetto e l’ammirazione per il capolavoro bejartiano mi hanno paralizzata e, al tempo stesso, hanno alimentato il desiderio di liberare altri umori, altre immagini.
La sensualità e l’erotismo che grida libertà in Bejart, non poteva che essere il mio punto di partenza; quel grido di libertà diviene qui un grido di prigionia.
Sul tappeto ritmico mantrico, sempre più antico e sempre più vincente, si snodano le due melodie, si distendono sul talamo ritmico e crescono, avvicendandosi, come due voci distinte, facenti parte di una medesima natura. Queste due voci sono diventate per me, suggestionata oggi e da tempo, da tanto anacronistico femminicidio, sono diventate le voci di vittime e carnefici, il racconto della prigionia di un amore malato, un mantra che grida dentro il silenzio.
La presenza di Luciana Savignano, limpido gioiello di noi tutti e dell’Arte Tersicorea, regala ancor più a questo lavoro, il desiderio umile di continuità.
Luciana Savignano racchiude in sé l’iconografia del Femmineo più nobilmente inteso, è il simbolo dell’anima e della carne dell’essere Donna, quanto più di prezioso altra donna e la società tutta possa mai partorire.
Diverrà qui, racconto di una mortificazione che pesa sulla nostra incapacità, ancora oggi, di proteggere una laica Sacralità, macchiandoci dell’onta di non riuscire a proteggere la bellezza.
Lo spettacolo sarà impreziosito dagli interventi di un attore molto speciale, Massimo Scola, intenso interprete di parola e, per formazione e sensibilità, anche dotato di duttile e profonda coscienza di fisicità, al quale saranno affidate le voci delle vittime e dei carnefici.
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Malgrado la tematica affrontata viri inevitabilmente e maggiormente verso il tessuto emotivo femminile, più atrocemente colpito; volutamente la voce ed il corpo della voce è stato affidato ad un uomo, poiché la violenza di genere non ha confini, poiché il dramma della violenza sulle donne è pure degli uomini che restano.
Altra presenza fondamentale e narrativa diviene l’integrazione e la presenza del musicista all’interno della partitura di Ravel, come all’interno del nostro racconto.
Le note estrapolate dal celebre brano, colonna portante di tutta l’opera, diventeranno echi e racconti della dimensione emotiva che affronteremo.
Declineranno i pensieri e produrranno nuove azioni. La voce dello strumento musicale diventerà via via un focus, intorno al quale le vicende umane si allacceranno le une alle altre, saranno di volta in volta la voce più intima o il frastuono capace di ricondurci verso il reale, quando invece non divenga sonorità di un’ipnosi, fuga verso l’ignoto.
Così la voce e il suo corpo dapprima estranei alla danza, poi sempre più vaganti e presente nella scena, interromperanno il racconto musicale, il racconto si snoderà sotto gli occhi di chi guarda e non si accorge, trovandosi sempre più dentro, sempre più invischiato, assistendo e vivendo da padre, da madre, da fratello, da amico, da vittima e da carnefice le orride vicende sempre più dimentiche della bellezza.
Durata: 60 minuti senza intervallo.
Milena Zullo
Coreografa tra le più apprezzate della danza contemporanea italiana ed europea, Milena Zullo è vincitrice nel 1995 del primo premio al prestigioso Concorso Coreografico Internazionale di Parigi “Prix Volinine”. Nel 1989 fonda la Compagnia di danza contemporanea Arte Balletto, della quale è autore e direttore fino al 2000, ottenendo riconoscimento e sovvenzioni per la sua attività dall’allora Ministero del Turismo e dello Spettacolo. Il suo lavoro e la compagnia vengono invitate presso i più importanti festival di danza in Italia.
Tra il 1997 e il 2003, crea coreografie per Balletto di Toscana, Aterballetto, Balletto di Sardegna e Balletto di Roma. Nel 2001 fonde la sua compagnia con il Balletto di Roma e il Balletto di Toscana e diviene coreografo residente del nuovo organico. La sua prima opera per il nuovo Balletto di Roma è “Don Chisciotte” su musiche di A. Vivaldi e M. Schiavoni, balletto del quale cura soggetto, regia e coreografia; lo spettacolo viene interamente mandato in onda su Rai 5 come migliore opera teatrale italiana nel 2004. Seguiranno per il Balletto di Roma numerose creazioni, tra le quali le recenti “Contemporary Tango” e “Futura, ballando con Lucio”. Dal 1997 al 2011, collabora stabilmente con la Scuola del Teatro dell’Opera di Roma diretta da
Elisabetta Terabust e successivamente da Paola Jorio, come maestro ospite per la tecnica contemporanea e autrice di numerose creazioni. Dal 2012 al 2014 collabora con la compagnia del Balletto di Roma in qualità di coreografo e docente di danza contemporanea presso la Scuola diretta da Paola Jorio.
La compagnia: Padova Danza C.P.P.
L’Associazione Padova Danza nasce nel 1989 ad opera della ballerina e coreografa Gabriella Furlan Malvezzi, dapprima come scuola di danza, proponendo corsi di studio maschili e femminili a tutti i livelli, e successivamente nel 1998 come Compagnia formata dai migliori elementi della scuola, vincitori di borse di studio e di concorsi in Italia e all’estero.
La Compagnia dal 1998 viene chiamata e danza in coreografie per la lirica, opere e operette, collaborando con famosi Maestri tra cui Claudio Scimone, Alberto Peyretti, Ezio Mabilia, Sandro Cuturello, Riccardo Parravicini, con Registi ed Impresari Francesco Esposito, Giampiero Cubeddu, Giancarlo Nicotra, Fabio Momo, Giancarlo Cauteruccio, Stefano Poda, Paolo Valerio, Franco Pulvirenti, con gli Artisti Pippo Santonastaso, Armando Ariostini, prosegue dal 2000 in poi nel mondo del Musical e danza in importanti Galà e commedie musicali, si esibisce nei maggiori Teatri nazionali ed esteri in spettacoli diretti da grandi nomi dell’Arte, della Televisione, della Cultura, della Moda e dello Spettacolo dal vivo tra cui il famoso stilista Pierre Cardin, i Registi Riccardo Recchia, Antonello Belluco, Nin Scolari, Carlo Simoni, e noti compositori, cantanti, musicisti, attori, imprenditori, uomini di teatro tra cui Arnoldo Foà, Fabio Concato, Gianluca Terranova, Francesco Pascarito, Fabrizio Castania, Vittorio Matteucci, Diego Basso, Vittoria Cappelli, Daniele Ricci, Micha Van Hoecke e altri.
Molte le Coreografie eseguite all’estero dal 1999 ad oggi in importanti eventi che si sono tenuti in Cina, Qatar, Svizzera, Giordania, Francia, Libano, Dubai contattati da prestigiose organizzazioni internazionali.
Dal 2009 il corso di perfezionamento professionale che si tiene all’interno dell’Associazione viene riconosciuto dal MIBACT – Direzione Generale Spettacolo dal vivo e ad oggi il progetto #padovadanza2018 ha ricevuto il punteggio più alto dalla Commissione rientrando nei programmi triennali approvati dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Ente che riconosce e sostiene tutte le più importanti realtà di danza del territorio nazionale.