Agitamus 2019: l’esperienza del Nord Sardegna
Le scuole chiuse, Agitamus 2020 che deve ancora cominciare. Cosa c’è di meglio, in questo periodo particolare, di una rivisitazione delle splendide esperienze che il progetto del CIP isolano (presieduto da Cristina Sanna), caldeggiato in tutti i sensi dalla Regione Sardegna, ha prodotto nel secondo semestre dello scorso anno?
L’ideatore e responsabile operativo Manolo Cattari, con lo sprone delle coordinatrici territoriali Monica Pirina e Oriana Pistidda, ha chiamato a rapporto i suoi colleghi psicologi che hanno coordinato i lavori all’interno dei 24 istituti comprensivi coinvolti e li ha spronati a dire la loro, sintetizzando l’esperienza in tre parole o aggettivi con relativo commento.
Chi più di loro può dare un quadro complessivo sulle reazioni di alunni, insegnanti, atleti paralimpici e amministratori comunali coinvolti nei vari moduli, che hanno visto allievi di medie ed elementari confrontarsi vivacemente, per dare alla disabilità un valore normale nel raggiungimento dei pari diritti?
In questo primo contributo sono state prese in considerazione le scuole del nord Sardegna. In seguito saranno “analizzate” anche quelle del sud.
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Sensazioni uniche
Giuseppe Manca – IC Latte Dolce/S. Orsola Sassari
Coinvolgente: il rapporto instauratosi tra ragazzi, atleti, e insegnanti è stato uno dei punti di forza. Si sono incontrati e messi in gioco, manifestando il desiderio di metterci del proprio.
Progressivo: come un diesel, siamo partiti un po’ piano, soprattutto a Latte Dolce, per la complessità del contesto. Abbiamo chiuso in crescendo per partecipazione e intraprendenza.
Innovativo: grazie ai contributi dei ragazzi e degli insegnanti che hanno stimolato creatività nel proporre attività nuove, nel formulare idee originali per gli elaborati, nell’incentivare una apertura a nuove forme di comunicazione tecnologica (vedi Instagram). Sono molto contento.
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Betta Zizi – IC Santa Teresa di Gallura
Sorprendente: l’esperienza su Santa Teresa la posso descrivere come una vera e propria sorpresa. Siamo partiti con diverse difficoltà (già presenti all’interno del gruppo classe) per poi vedere crescita e miglioramenti esponenziali nei ragazzi e nel gruppo, sia nella condivisione del progetto, sia nella lezione verticale, dove si è realizzato un vero e proprio capolavoro. È stato creato un percorso per i bambini più piccoli dove si racchiudevano e proponevano tutti i moduli alla quale i ragazzi hanno partecipato. Il risultato prova che il Progetto è arrivato!
Numerosa: tante classi, quattro in tutto e in contemporanea i ragazzi del progetto REC (Raccontare l’Educazione Civica). La confusione iniziale si è trasformata in risorse proficue nella realizzazione di un cortometraggio riassuntivo dell’intero progetto.
Strano: l’aggettivo utilizzato maggiormente ogni qualvolta i ragazzi venivano invitati a descrivere la sensazione scaturita nel mettersi alla prova, nello sperimentare e nell’immedesimarsi nei panni degli atleti. Da un’analisi più attenta, successivamente, sono emersi vissuti, paure, emozioni che hanno portato i ragazzi a vivere il progetto appieno con la voglia di andare avanti nella direzione di un possibile cambiamento.
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Chiara Azzu – IC Calangianus/Luras
Colorato: perché molto vivo e partecipato sotto diversi punti di vista, ricco di tante piccole sfumature emotive, di entusiasmo e impegno dimostrato dalla voglia di migliorarsi e di migliorare le cose.
Plastico: perché il progetto è entrato con un messaggio di cambiamento, di evoluzione e rivoluzione, che è stato compreso, condiviso e portato in rilievo attraverso le loro modalità, semplici, spontanee, profonde, ma anch’esse “plastiche” perché in continua ricerca.
Atteso: perché ho scoperto che aspettavano questa opportunità da un po’ e hanno dimostrato di potersela cavare alla grande.
Caterina Branca – IC Porto Torres
Complesso: la complessità è sicuramente un valore e una ricchezza. È anche faticosa e in questa edizione di Agitamus ho sentito tanta fatica. Ho lavorato con bambini e ragazzi molto diversi tra loro e la confusione che si è creata in alcuni momenti mi ha fatto pensare che lo fossero troppo. E ho sentito frustrazione e inadeguatezza. Spero che Agitamus abbia dato la possibilità a bambini e ragazzi di prendersi cura e sentirsi responsabili, non solo della disabilità, ma della diversità di ogni singolo compagno e di capire che se “risponde e ci tratta male” è lui che ha una difficoltà in quel momento.
Una sfida: penso che Agitamus sia una sfida per tutti quelli che vi partecipano e penso lo sia ancora di più per chi non ha lo spazio e il tempo di poter parlare nella quotidianità della classe. Ho ammirato alcune ragazze delle medie e della primaria che al termine del progetto, con grande coraggio, hanno voluto non solo parlare, ma gestire e condurre alcune attività. È stato un bel modo di “sentire” e dichiarare la loro diversità.
Emozionante: Agitamus è sempre un groviglio di emozioni che travolgono e riempiono. Per me quest’edizione è stata ancora più coinvolgente: c’era mia figlia nella quinta della primaria. Ansia, paura, sollievo e tanta, tanta gioia nel vederla curiosa, attenta, colpita, e felice. Sono davvero orgogliosa ed emozionata di aver condiviso questo percorso con lei.
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Siria Bonu – IC Ploaghe
Motivante: anche se all’inizio sembrava che i ragazzi non fossero coinvolti, arriva sempre un punto in cui l’esperienza tocca tutti o quasi. E questo spinge noi ad andare oltre, a crederci e volerlo rifare.
Circolare: si è instaurato un rapporto su più livelli e con le varie persone coinvolte, in uno scambio reciproco di energia, idee, emozioni.
Inatteso: è emozionante vedere come i bambini si immedesimano negli atleti, arrivando a dire “Ho paura, anzi sono dispiaciuto per quanto dev’essere difficile per loro la vita”. Oppure sorprende una domanda che nessun adulto oserebbe fare: “A voi vi viene mai voglia di alzarvi?”.
Giuseppina Milia – IC Dorgali
Scoperta: scoprire con alunni e insegnanti la potenza del progetto. In particolare durante il primo incontro con la primaria, quando la storia del Girasole ha permesso un accesso immediato a diverse esperienze personali. Mi ha molto commosso vedere le lacrime di una bambina; non è seguita una storia raccontata a voce alta ma vissuta da tutti nel silenzio di una grande empatia.
Ascolto: mi ha colpito molto la grande capacità di ascolto di entrambe le classi: un ascolto attento, partecipe, rispettoso. Fatto di molti silenzi, che hanno mosso però anche domande importanti, come quando una bambina ha chiesto a Luca, atleta in carrozzina: “Ma tu, ora, sei felice”? Mi fa pensare a quanto sia importante lasciare sempre uno spazio in cui far decantare i pensieri.
Inclusivo: è stato bello vedere che tutti, a loro modo, hanno partecipato. Anche i docenti hanno voluto mettersi “nei panni di”.
Durante l’incontro con il tiratore a segno in carrozzina, Luca Bulla da Anela, un alunno con disabilità intellettivo relazionale è voluto uscire dalla palestra perché pauroso delle armi e dei rumori da esse emessi. In un secondo momento, però, è riuscito, con grande soddisfazione, a fare la prova della disciplina, aiutato da un paio di cuffie e un po’ di musica nelle orecchie. Forse anche così si può rispondere alla domanda: “In che modo possiamo rendere la realtà e le esperienze accessibili a tutti”?
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Andrea Pira – IC Oliena
Artigianalmente originale: stare e lavorare con le persone non è mai come lavorare su un oggetto. Agitamus ha una sua buona struttura, ma ciò che viene fuori alla fine non è mai qualcosa di standardizzato, di fabbricato. Il falegname Geppetto aveva un’idea di bambino, un’idea di burattino che voleva intagliare nel legno, ma Pinocchio era molto più di quello che aveva pensato, aveva vita propria. La mia esperienza di facilitatore dei processi di conoscenza, di empatia, di accessibilità nella scuola di Oliena mi ha regalato nel piccolo l’osservazione di una trasformazione. Ho potuto stupirmi di come i bambini e i ragazzi nei diversi incontri siano cresciuti nella loro sensibilità e accoglienza della propria e altrui diversità. Pinocchio è un bambino, creativo e sensibile e ha partecipato ad Agitamus che è al contempo scuola e paese dei balocchi.
Avvincente: come scalare una montagna per poi contemplare il panorama e imparare a respirare l’aria leggera d’alta quota. La montagna da scalare era quella della fiducia che ho imparato a dare ai bambini e ai ragazzi di questo progetto. Ho sentito il loro bisogno di autonomia, come se stessero chiedendo agli adulti la possibilità di farcela, di dimostrarlo. Specie nell’ultimo incontro, nella “lezione verticale”, hanno palesato una capacità di cura e di responsabilità gli uni per gli altri. I ragazzi di terza media, in particolare, hanno guidato egregiamente quelli di quinta elementare, nei giochi sulla consapevolezza alla disabilità.
Spassoso: è stato in alcuni momenti molto divertente vedere come i bambini, i ragazzi e gli insegnanti abbiano per così dire giocato insieme, come se per un attimo non si sapesse più chi dovesse insegnare a chi. Gli insegnanti si sono sperimentati al pari degli alunni in tutte le attività del progetto, concedendosi di divertirsi insieme a loro, senza aver paura di perdere l’autorità del proprio ruolo.
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Giuseppe Manca – IC Olbia
Fluido: l’esperienza si è svolta senza intoppi. Merito della disciplina applicata dagli insegnanti e della capacità degli atleti di trasmettere contenuti ed esperienze. Riflessioni certe volte un po’ soffocate ma attenzione molto alta.
Coinvolgente: vedere una classe intera fare una coreografia con la benda agli occhi o il vicepreside giocare a tennis in carrozzina è stato emozionante.
Complicato: il comunicare con primaria e secondaria, a tratti, perché in conflitto tra loro. Le richieste della scuola sulle variazioni di orario, i cambi di ora durante gli incontri, la mancanza delle referenti nelle ore del progetto.
Ma al di là di tutto sono contento perché penso che questo progetto abbia seminato bene a Olbia, una comunità viva e in crescita. C’è la speranza di vedere qualche frutto.
Betta Zizi – IC Chiaramonti
Itinerante: come in un viaggio siamo andati alla ricerca di “nuovi mondi possibili”, partendo da noi stessi, dalle nostre riflessioni. Poi, attraverso le storie e i racconti dei nostri atleti, abbiamo avuto la possibilità di scoprire alternative e nuove opportunità.
Caloroso: ho apprezzato tanto la modalità nel porre le domande da parte dei bambini della primaria e dei ragazzi della secondaria. Profondi, delicati e accoglienti anche nel chiedere all’atleta se per il dolore: “Ti sei chiuso nel cibo”?
Altalenante: siamo partiti molto bene, tanta attenzione, partecipazione per poi bloccarci davanti al concetto di responsabilità. Sperando che possa essere un punto sul quale continuare a lavorare per dare un’estensione al progetto.
Chiara Azzu – IC Bosa
Esigente: di tempo, di stimoli costanti, di destinatari ricettivi. E fiducia da parte di chi li accompagna. Esigenti son stati i contenuti trasmessi, gli obiettivi richiesti e mi rendo conto di esserlo stata anch’io verso la fine del percorso. Credo che il cambiamento nasca spesso da una necessità e risulta efficace specialmente se viene mosso da un’aspettativa condivisa, in un clima di alleanza reciproca. Proprio quest’ultima è stata piuttosto carente e penso che tanto ha fatto, da parte mia, l’averla data per scontata.
Esuberante: nel creare un vortice di energia e di emozioni diverse, come diverse sono state le disabilità incontrate e le voci di chi le ha raccontate. Esuberante è stato anche il clima all’interno del quale si è svolto il percorso, difficile da equilibrare poiché caotico, ma ricco di varie potenzialità, che ho cercato di valorizzare al meglio.
Umano: perché, seppur Agitamus si sia ben rinnovato in termini di struttura e sistematicità, l’aspetto umano ha un animo ribelle, sempre affamato d’aria: riemerge continuamente, nelle molteplici interazioni che si creano tra persone, con ruoli ed età differenti, ma fatti di carne, difetti, speranze e sogni.
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Caterina Branca – IC Stintino
Fluido: ho apprezzato i silenzi, gli occhi attenti e concentrati dei bambini mentre gli atleti si raccontavano. Lo sguardo di chi si sta immedesimando e provando quel dolore, quella difficoltà o quella soddisfazione. E ho apprezzato le urla, i sorrisi, il divertimento durante la prova dei vari sport. Momenti che si sono alternati di continuo, in modo veloce, spontaneo, naturale.
Faticoso: ho sentito la difficoltà del mettersi in gioco durante i racconti. Tutti i bambini si sono aperti, avendo il coraggio di condividere il loro mondo emotivo. I ragazzi, invece, si sono limitati ad ascoltare, in pochi hanno raccontato le loro esperienze. Ciò non mi spaventa. Ho imparato che le esperienze solide e vere come questo progetto restano dentro e che spesso, come un bravo formatore mi ha insegnato, hanno bisogno di essere “masticate e digerite”.
Autentico: un ragazzo delle medie si siede sulla carrozzina e, trovando molta difficoltà a muoversi, con aria infastidita e stanca esclama: “Mi sento proprio un disabile”. Affermazioni come questa aprono un mondo, una cascata di riflessioni. Mi ci sono voluti anni di insegnamento, una montagna di libri e tantissimi esami per conoscere la disabilità e “sentirla”. A questo ragazzo, con Agitamus, è bastato sedersi su una carrozzina.
Siria Bonu – IC Nuoro n. 3
Chiassoso: inizialmente è stato il caos, la confusione. Poi, si è scatenata la potenza del progetto Agitamus: dare spazio e parola alle esperienze vuol dire creare un luogo comune in cui tutte e tutti possano stare, raccontarsi e dare, finalmente, voce alle differenze.
Corale: spesso pensiamo che Agitamus sia per i bambini e poi ci rendiamo conto che va a toccare tutti. Atleti, insegnanti, noi psicologi, sveliamo punti di forza, fragilità, paure, permettendoci di vederle e condividerle.
Accogliente: per fare questo percorso, da una parte è necessario parlare di sé, dall’altra prestare estrema cura e attenzione al racconto dell’altro. Non è stato sempre facile, ma i bambini sorprendono e comprendono che l’ascolto è rispetto. E quindi che “anche il silenzio è accessibilità”.
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Giuseppina Milia – IC Sorgono
Disarmante: non sempre tutte le ciambelle vengono con il buco e spesso ci ritroviamo a scontrarci con tutta una serie di limiti che non avevamo considerato sino in fondo. Arrivare con una piccola/grande valigetta di entusiasmo e novità e ritrovarsi a riscrivere daccapo il proprio biglietto da visita fa perdere un po’ l’orientamento, specie alla luce della mia prima esperienza. Accessibilità significa anche trovare uno spazio per entrare laddove tutte le porte sembravano essere chiuse.
Speranza: riorganizzarsi e ripartire, scoprire insieme ai ragazzi quanto la potenza di un racconto può muovere delle corde nascoste e forse poco ascoltate. Mi riferisco in particolare ai ragazzi della secondaria che, ad esempio, con l’ascolto del racconto di Stefano, atleta DIR, sono riusciti a far emergere le loro esperienze fatte di diversità vivendo la potenza della condivisione.
Confusione: Agitamus ha creato movimento. E spesso confusione. Non solo durante gli incontri tra i ragazzi e gli atleti ma forse anche all’interno di tutta la scuola. Da una parte si sono intraviste delle possibilità e, dall’altra, anche le mancanze, quelle che andrebbero colmate con tutto ciò che è racchiuso nel concetto di accessibilità, considerata la sua accezione più ampia. La diversità ha portato non solo scoperta, scompiglio, disordine, curiosità, divertimento, ma anche i limiti legati alla difficoltà di assumere un comune punto di vista.