Sono 15 le tracce che compongono “Canti Rossi”, il nuovo album di Rocco Rosignoli, in uscita il 20 aprile 2020 via Sophionki records.
L’album: “Canti Rossi”
Levare in alto il canto e risvegliare le coscienze, questo è il desiderio del polistrumentista di Parma, un sogno che prende forma con Canti Rossi. Un viaggio nel tempo attraverso i canti di matrice politica più ispirati, più forti, più coinvolgenti. Dall’anarchismo di fine secolo alla guerra di Spagna, dalla Resistenza alle lotte degli anni ’60, dai canti antimilitaristi alla canzone d’autore.
Soffermatosi a riflettere sul suo impegno politico, Rocco Rosignoli, con ardore e determinazione, pone luce e rinnovata speranza in una realtà in preda all’oblio. Un approccio politico e poetico, un canto sociale, di protesta e di lavoro, ma anche un canto d’amore, lo stesso in grado di muovere, o meglio smuovere, il tutto: l’amore come vero motore della lotta.
Pertanto, la passione politica e quella artistica s’intrecciano in quest’ultimo lavoro di Rocco Rosignoli, polistrumentista e cantautore di Parma, che ha riarrangiato nel suo stile quattordici “grandi classici” del canto politico, più un suo brano inedito.
[foto id=”295804″] La copertina di “Canti Rossi”
Il suo stile poliedrico si riverbera nella varietà degli arrangiamenti: dalla ballata per voce e chitarra ai suoni rock più crudi, dal trio d’archi (veri e non sintetici!) al coro a quattro voci, il disco si nutre di una varietà sonora che fa da perfetto contraltare alla vitalità popolare di cui questi canti si fanno portatori.
Oltre all’inedito Gappisti, il disco contiene anche due traduzioni realizzate da Rocco Rosignoli: quella di Grabschrift 1919, epitaffio per Rosa Luxemburg scritto da Bertolt Brecht e musicato da Kurt Weill; e quella di A las mujeres, canto della guerra civile spagnola, tradotto con Alle donne.
Vorrei dirti che questo mio amore
È l’amore che riesce a sentire
Chi per la libertà lotta e muore
Verso la libertà di chi vive.
La voce di Rocco Rosignoli corre su quella linea sottile tra la luce e il buio, le sue parole arrivano lentamente e di soppiatto come una cometa, la raggiungi e se ne va e, in quel momento, sfiori la libertà. La sua poetica è pensata, sentita è poi lasciata scorrere su canzoni di amore, lotta, ricordo e dolore diffuse con mente lucida e cuore fragoroso.
Ascolta il disco in streaming su Soundcloud, cliccando qui!
“Canti Rossi”: la tracklist
- Ballata per Sante Caserio (Pietro Gori)
- Fuoco e mitragliatrici (Anonimo)
- Gorizia (Anonimo)
- Epitaffio 1919 (Grabschrift 1919, Brecht-Eisler, trad. Rosignoli)
- Alle donne (A las mujeres, Anonimo-Riesenfeld, trad. Rosignoli) I
- La despedida (Luitpold-Reinitz, trad. anonima)
- Figli di nessuno (Anonimo)
- Fischia il vento (Cascione-tradizionale russo)
- Bella ciao (Anonimo)
- Inno del patriota (Bassani-Molinari)
- Gappisti (Rosignoli)
- Per i morti di Reggio Emilia (Amodei) III
- Il galeone (Pedrini-Nicolazzi)
- Una cosa già detta (Amodei)
- Rosso un fiore (Della Mea)
Crediti
I – Cantata da Alice Avanzi.
II – Violoncello: Salvatore Iaia; viola: Elena Contò; violino e voce: Rocco. Incisa inizialmente per il progetto “Spagna ’36 – un sogno che resiste”. Si ringrazia l’Istituto De Martino.
III – Interpretata da OltreCoro diretto da Rocco Rosignoli
Registrato presso Lo Studio in Rosso – Rione Oltretorrente tra ottobre e dicembre 2019.
Suonato, arrangiato e prodotto da Rocco Rosignoli.
Oltrecoro: Annamaria Abbattista, Susanna Bondì, Francesca De Vita, Claudia Farolini, Maria Chiara Gallicani, Silvia La Mantia, Franco Labanca, Maria Clara Labanca, Gerardo Liberti, Paola Maniga, Paola Montermini, Ileana Rodignoli, Silvia Scotti, Mathias Souchu, Mario Zanettini.
Presentazione delle tracce
Rocco Rosignoli racconta “Canti Rossi” brano per brano.
Ballata per Sante Caserio (Pietro Gori)
Il disco si apre con una composizione del cantore anarchico per eccellenza: Pietro Gori, uno dei massimi esempi di poeta rivoluzionario, che scelse come forma d’elezione la canzone.
Questa struggente ballata è dedicata a Sante Caserio, giovane fornaio anarchico che accoltellò il presidente francese Sadi Carnot, colpevole di aver ghigliottinato il compagno Auguste Vaillant. La tragica fine di Caserio s’intreccia alla certezza che un giorno la rivoluzione avrebbe necessariamente trionfato. E la morte di tutti i suoi martiri sarebbe stata riscattata.
Fuoco e mitragliatrici (Anonimo)
Dalla limpida visione del futuro che chiude il canto precedente, si passa alla cupa atmosfera delle trincee della Grande Guerra. La consapevolezza di essere solo “carne da cannone” è nitida nelle parole cantate dai soldati, che sembrano uscire in presa diretta dai solchi fangosi in cui passavano le ore prima di gettarsi all’attacco di altri fossi a pochi metri di distanza, finendo spesso falciati dalle mitragliatrici nemiche.
Gorizia (Anonimo)
Il canto antimilitarista per eccellenza è proprio Gorizia, una maledizione eterna lanciata contro la guerra, fatta dai tanti poveri per gli interessi di pochi ricchi. Dietro la retorica del “campo d’onore” si nascondono gli imboscati, rimasti a casa ad arricchirsi, e gli ufficiali, che mandano al massacro la gioventù, ormai in rovina.
La canzone fu cantata da Michele Straniero nel 1964, nella prima edizione dello spettacolo Bella Ciao, andato in scena al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Quando intonò la strofa degli ufficiali, parte del pubblico iniziò a protestare sonoramente, gridando “Viva gli ufficiali!”. In tutta risposta, dal loggione qualcuno buttò una sedia sulla platea e lo spettacolo finì in rissa, sotto gli sguardi meravigliati dei cantori. Anche questa è la forza del canto popolare.
Epitaffio 1919 (Grabschrift 1919) (Brecht – Weill, trad. Rosignoli)
Sull’onda della Rivoluzione d’Ottobre, nel 1919 anche in Germania si scatenarono moti rivoluzionari. A Berlino l’avanguardia della rivoluzione era la Lega di Spartaco, guidata da Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. I moti avvennero nel gennaio del 1919 e furono soppressi nel sangue.
A dare pieno potere ai corpi paramilitari dei Freikorps non fu una feroce dittatura fascista, ma un governo socialdemocratico, di sinistra. Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg furono massacrati insieme agli altri manifestanti. A Rosa, una delle menti più lucide del marxismo internazionale, Bertolt Brecht dedicò questo epitaffio desolato, musicato magistralmente dal genio di Kurt Weill.
Alle donne (A las mujeres) (Anonimo – Riesenfeld, trad. Rosignoli)
Nel 1936 la Guerra Civile di Spagna richiamò antifascisti da tutto il mondo. Fu il primo confronto armato tra fascisti e antifascisti, spesso descritto dagli storici come una sorta di “prova generale” di quello che sarebbe stato il secondo conflitto mondiale. Questa canzone è un appello alle donne, perché anch’esse diano il proprio contributo alla lotta.
La despedida (Luitpold-Reinitz, traduzione anonima)
Un addio emozionante, le parole di un qualsiasi caduto delle Brigate Internazionali della Guerra Civile di Spagna. È un canto che nasce nel 1915 in lingua tedesca, qui cantato su di un arrangiamento per trio d’archi composto dallo stesso Rosignoli.
La canzone viene pubblicata su questo disco grazie all’amichevole approvazione dell’Istituto Ernesto De Martino.
Figli di nessuno (Anonimo)
E venne la Seconda Guerra Mondiale, e poi il crollo del fascismo; poi l’8 settembre e la nascita della Resistenza. È sempre grandioso pensare che uomini e donne tra i 14 e i 20 anni, nati e cresciuti sotto una dittatura totalitaria, abbiano saputo mettere in discussione l’intero sistema valoriale che era stato loro inculcato con una scienza ottima. Perché del fascismo non ha funzionato quasi nulla, se non l’apparato di comunicazione del regime, i metodi di fascistizzazione dell’intera popolazione. Eppure, davanti alla tragedia, seppero scegliere da che parte stare. E la canzone sembra proprio alludere all’assenza di radici di questa generazione, di combattenti che si sentono venuti dal nulla, figli di nessuno.
Fischia il vento (Cascione-tradizionale russo)
A quanto si sa, l’unica canzone che veramente abbiano cantato tutti i gruppi partigiani fu Fischia il vento. La musica ce la mise il partigiano Zara, al secolo Giacomo Sibilla, che aveva sentito una bella canzone in Russia e l’aveva imparata a suonare con la chitarra. La canzone in questione era Katiuscia e Fischia il vento ne ricalca completamente armonia e melodia.
Zara in Russia c’era stato come soldato. Ed era stato tra i pochi a tornarne. Su quella bella melodia russa, le parole ce le mise un compagno di Sibilla, Luigi Cascione, di professione medico, comandante della brigata Garibaldi cui Sibilla si affiliò. Riguardo al dottor Cascione, quando si parla di lui è necessario raccontare anche la sua fine.
Dopo una battaglia, presi prigionieri un ufficiale e un milite fascista, i suoi uomini volevano fucilarli. Cascione si oppose fermamente: lui era un medico, aveva studiato anni per salvare la vita alla gente e non per ammazzarla. Decide di tenerli in vita sperando di riuscire a far loro capire le ragioni della lotta. Il milite, giovane, è in cattive condizioni di salute.
Cascione lo cura, divide con lui il cibo, le coperte, anche le sigarette. Ma una volta rimessosi, il ragazzo riesce a scappare e non ricambia la cortesia a Cascione. Su sua indicazione, le brigate nere trovano i garibaldini. Cascione copre la fuga dei suoi uomini, ma viene catturato e torturato. Gli chiedono dove si trova il capo della brigata, ignorando che lo hanno proprio tra le mani. Quando lui grida “sono io”, le sue sofferenze finiscono.
Bella ciao (Anonimo)
Bella ciao è indubbiamente il canto partigiano più conosciuto. Durante la Resistenza non fu molto diffuso, ma dopo il 25 aprile, in un’ottica di pacificazione del Paese, fu scelto come canto-simbolo della ribellione all’invasore – mentre altri canti, come Fischia il vento, sottolineavano la contrapposizione tra fascisti e antifascisti.
Esistono molte teorie sulle origini di questa musica. Alcuni giornalisti hanno ipotizzato che sia ricalcata sulla melodia Klezmer Koilen, anche se la musicologia non ha sposato questa tesi. La versione mondina, invece, si è rivelata un falso storico: si tratta infatti di un testo composto negli anni ’50 da Vasco Scansani, paroliere di Gualtieri, che lo diede alla cantrice Giovanna Daffini, che mondina lo era stata davvero. Insomma, non abbiamo certezza sulle sue origini, ma sappiamo che oggi questo canto parla di libertà a tutti quelli che lo ascoltano.
Inno del patriota (Bassani-Molinari)
Cesare Bassani, partigiano “Sam”, era un ebreo carrarino, che combatté sui monti dell’appennino parmense. Proveniente da una famiglia di tipografi e editori, aveva come tanti altri inizialmente abbracciato il fascismo, per poi abbandonarlo e unirsi alla lotta armata. Morì nel bombardamento della stazione di Borgotaro del 2 luglio 1944, dopo averci lasciato questa canzone, che ricalca la melodia del canto anarchico Inno della Rivolta di Luigi Molinari, di cui recupera anche alcuni versi.
Gappisti (Rocco Rosignoli)
Tra i tanti canti partigiani tramandati, pochi o nessuno riguardano le vicende di coloro che condussero la propria lotta in città. Il motivo si capisce facilmente: chi combatteva in città doveva restare nascosto, silenzioso, non poteva farsi identificare. A differenza di chi combatteva in montagna, non poteva quindi cantare per infondersi forza, per sentirsi parte di un gruppo.
Nel suo piccolo, questa canzone vuole riempire questo vuoto con questa canzone, dedicata ai Gappisti. La canzone non racconta un episodio realmente accaduto, ma uno inventato, simile a tanti altri di cui si ha notizia dai libri di storia e dai racconti di chi c’era.
Per i morti di Reggio Emilia (Fausto Amodei)
Le tensioni di questa Italia difficile non si esauriscono nel primo dopoguerra. È il 1960 quando la DC di Tambroni vince le elezioni e forma un governo con l’appoggio esterno del Movimento Sociale Italiano. Quando quest’ultimo ottiene di tenere il suo congresso nella città partigiana di Genova, il dissenso scoppia forte in tutta Italia.
La gente scende in piazza a protestare e Tambroni ordina alla polizia di aprire il fuoco in situazioni di emergenza. A Reggio Emilia moriranno cinque persone. All’indomani di questi fatti, uno dei grandi cantori del dopoguerra, Fausto Amodei, dedica ai martiri di Reggio una canzone immortale. La morte di questi operai, tutti iscritti al PCI, diventa un sacrificio ideale al pari di quello dei partigiani. Il nemico contro cui hanno lottato è lo stesso, e il pericolo che torni è vivo e reale.
Il canto in questo disco è interpretato da OltreCoro, il coro polifonico che Rocco Rosignoli dirige dal 2018.
Il galeone (Pedrini – Nicolazzi)
Il testo di questa canzone nasce come poesia. Si intitolava Schiavi e fu composta nel 1967, in carcere, dal partigiano anarchico Belgrado Pedrini. Fu condannato nel dopoguerra per l’omicidio di un poliziotto, commesso in realtà durante uno scontro a fuoco tra la polizia e Pedrini e altri compagni, ricercati per la loro attività politica. La poesia fu musicata da Paola Nicolazzi, che ne fece uno dei canti anarchici più famosi di tutti i tempi.
Una cosa già detta (Fausto Amodei)
La lotta non è tutto e, anche nella lotta, il motore di tutto è l’amore. Questa è una splendida canzone d’amore che al sentimento più nobile unisce l’afflato per la giustizia, che è sempre il motore di tutte le lotte che cantiamo. Fausto Amodei non è solo uno scrittore di canti politici: è un grande autore.
Rosso un fiore (Ivan Della Mea)
Rosso un fiore, come quello sbocciato in petto ai compagni del Gran Partito cantato ne L’internazionale, come quello sotto la cui ombra è sepolto il partigiano di Bella ciao; il fiore rosso, che cerca chi crede in un mondo di uomini liberi e uguali, è cantato da Ivan Della Mea in questa canzone della sua produzione più tarda. Una canzone disillusa, ma non arresa; sognante, ma mai utopica. Una canzone d’amore per un’idea che non finirà mai, finché esisterà chi si batte per un mondo migliore, e seminerà quel fiore nel petto di nuovi compagni.
Rocco Rosignoli: la biografia
Rocco Rosignoli è un musicista, cantautore e poeta parmigiano.
Attivo sulle scene da più di dieci anni, ha al suo attivo numerosi dischi come cantautore e collaborazioni di prestigio come musicista (con Alessio Lega, Max Manfredi, Miriam Camerini, Lee Colbert). Esplora da sempre il mondo del canto popolare, della canzone politica e di lotta, ma anche della canzone e della musica di matrice ebraica.
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Le sue serate sono un viaggio poetico e sonoro nelle profonde trame della musica, che scorre dolcemente tra le canzoni da lui composte, le traduzioni dei pezzi di grandi cantautori (Jacques Brel, Leonard Cohen, Anne Lister) e il grande repertorio della canzone d’autore italiana.
Il polistrumentista meraviglia il suo pubblico con le storie che canta e racconta, coi suoni che sa tessere coi suoi strumenti, con le sue canzoni e le sue poesie.
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