Infermieri Sardi, gruppo nato in seguito al malcontento maturato tra i professionisti per le recenti proposte di assunzione portate avanti dalle Aziende Sanitarie della Regione e che in poche ore ha visto l’adesione di circa 3000 infermieri, molti dei quali hanno scelto autonomamente di rifiutare l’assunzione, interviene per chiarire la propria posizione in merito.
Ai sensi dei Decreti Nazionali e del D.G.R. n 10/01 dell’8/03/2020, la Regione Sardegna ha stabilito che, per affrontare l’emergenza sanitaria, l’assunzione del personale venga fatta attraverso la stipula di contratto di lavoro autonomo (partita IVA o Co.Co.Co) o contratto a tempo determinato subordinato della durata di 6 mesi che si estinguerà al termine dell’emergenza.
Il nostro disappunto nasce dalla profonda conoscenza della situazione in cui versa il Sistema Sanitario Regionale, profondamente “ferito” da una cronica carenza di Infermieri e figure di supporto che si trascina da almeno un ventennio.
Basti pensare che alla AOU di Sassari manca un corso per infermieri dal 2009, undici anni, e che in questo arco di tempo numerosi professionisti andati in pensione non sono stati sostituiti.
Ci eravamo illusi che l’improvvisa emergenza, che finalmente aveva messo in mostra quanto denunciano da anni i lavoratori della sanità, ossia una inadeguatezza dell’organico che rende impossibile una valida assistenza ai pazienti, avrebbe convinto le Aziende a porre fine definitivamente alla carenza di personale.
Invece vengono proposti contratti emergenziali da 6 mesi e con le formule più varie di precariato e assenza di diritti, comunicando ai professionisti che, dopo anni di disoccupazione e precariato lontano da casa, ora verranno esposti al rischio derivante dal Covid-19 per poi essere mandati tutti a casa con una pacca sulla spalla. Contemporaneamente si comunica ai professionisti dipendenti delle Aziende che finita l’emergenza continueranno, come avvenuto fino ad oggi, a saltare ferie e riposi e ad essere demansionati pur di garantire un minimo di assistenza ai cittadini.
Capiamo quindi i colleghi disoccupati, lontani da casa, o poco appagati che, per quanto possa sembrare eticamente immorale, hanno deciso di rifiutare categoricamente una proposta di lavoro del genere e di non svendersi per 6 mesi di lavoro.
Dopo anni in cui gli infermieri Sardi hanno bussato alle porte di tutte le istituzioni, trovandole sempre chiuse, è arrivato il momento in cui sono loro a bussare alle nostre porte, ed è questo il momento in cui dobbiamo essere noi a pretendere il giusto riconoscimento che ci è sempre stato negato.
In un Paese, colpito da Nord a Sud dalla stessa emergenza, ci sono regioni come l’Emilia Romagna che offrono contratti pubblici di 36 mesi, nonostante la carenza di personale in quelle aree non sia emergenziale come nella nostra isola.
Come Infermieri Sardi crediamo di valere e meritare di più.