Lo abbiamo fatto con l’orgoglio di appartenenza a un Paese di cui siamo fieri di sentirci cittadini e figli, con la consapevolezza di “combattere una guerra contro un nemico cattivo e invisibile” che ci ha già procurato notevoli danni morali e materiali. Quando si ripartirà, lo affermano politici seri ed economisti, ci ritroveremo a vivere uno scenario da secondo dopo guerra. Noi imprenditori siamo consapevoli di tutto questo, sappiamo anche che dovremo rimboccarci le maniche e lavorare con più meticolosità e attenzione di quando è giunta questa chiusura improvvisa.
Però è giunta l’ora di mettere da parte gli annunci, le promosse e di passare ai fatti concreti. Il cosiddetto decreto “Cura Italia”, con il quale il governo ha dichiarato a gran voce di aver messo in campo uno sforzo economico importante, è fino ad oggi rimasto solamente un annuncio. Nulla è ancora chiaro: dai bonus baby-sitter alle bollette che riusciremo a pagare con difficoltà, dall’erogazione dei fondi per la cassa integrazione fino agli affitti che non potranno essere onorati.
Noi imprenditori abbiamo paura che questa classe dirigente ci stia prendendo in giro. Noi imprenditori abbiamo paura di non poter più proseguire le nostre attività o, nella più benaugurate delle ipotesi, di poterlo fare dovendo lasciare a casa un bel po’ di dipendenti.
Noi imprenditori chiediamo chiarezza, chiediamo al nostro governo e a tutta la classe politica di dare uno sguardo alla vita reale, alla quotidianità perché tanta gente inizia a non poter più fare la spesa. Per questo vi chiediamo di non far finta di nulla, di non voltarvi dall’altra parte e di prendere atto che la situazione sta per scoppiare. Stiamo per arrivare a un punto di non ritorno.
Non abbiamo bisogno di continui maestrini e maestrine che fanno bella mostra di sé nella tv pubblica o privata raccontandoci cosa fare, oppure spiegandoci che al nord il contagio è maggiore perché si lavora di più. Qui al sud siamo riusciti, con l’impegno e il lavoro quotidiano, a costruire anche delle eccellenze economiche che adesso stanno scricchiolando a causa di questa improvvisa ed imprevista emergenza sanitaria.
Sarebbe un bel gesto se tutto l’arco parlamentare donasse 1000 euro per ogni componente donandolo, però, allo Stato che potrebbe utilizzarlo come ammortizzatore sociale.
Non c’è più tempo per slogan e annunci televisivi, ora bisogna passare ai fatti concreti.
di Massimiliano Campanile