Lo ha detto Gianluca Moresco, giornalista di Repubblica, intervenendo alle diretta Facebook organizzata mercoledì da Agimeg.
È impensabile immaginare assembramenti di persone che vanno a giocare. Ma il Governo dovrà aiutare le aziende che compongono la filiera, come farà con gli altri settori produttivi. E in questo caso parliamo di piccole e medie imprese come bar, tabacchi e corner.
Il blocco però non dovrebbe colpire il gioco a distanza:
Per l’online invece si apre una partita diversa, il settore è uno dei più regolati al mondo. La gestione del gioco online è stata studiata in tutta Europa, la nostra regolamentazione è stata copiata e riproposta da più parti. Questo perché si parte da un presupposto di autoregolamentazione del giocatore che rende l’Italia all’avanguardia. E questo riesce a tenere distante (non al 100%, ma sicuramente il più possibile) tutte quelle forme di gioco ludopatico di cui si è invece parlato per il gioco a terra – ha detto ancora Moresco. – Rimanendo tutti a casa, c’è la possibilità che il gioco online aumenti e che il numero di giocatori cresca. È però un altro tipo di discorso, ma a mio avviso questo non comporterà un aumento del rischio di dipendenza.
Moresco è anche intervenuto nel dibattito che si è aperto sulla pubblicità, ora che le squadre di calcio chiederanno di cancellare il divieto di sponsorizzazione per i brand di scommesse:
Bisogna che ci si metta d’accordo, perché qualcosa non quadra più. Si è portata avanti una politica di repressione totale (verso tutte le forme di pubblicità che riguardano il gioco) che non ha una spiegazione. Le motivazioni iniziali, ovvero che avrebbero portato benefici nel contrasto alla ludopatia, non sono state poi supportate da dati concreti. Non bisogna dimenticare che il gioco non è nato in questo modo, il gioco prima era illegale e adesso, se si cancella il settore legale, si torna all’illegale. Le scommesse valevano miliardi di euro anche quando erano vietate. Le slot sono nate nel 2004 per legalizzare i videopoker dai quali attingeva solo la mafia. Il settore è indubbiamente molto particolare e in alcuni casi porta delle problematiche e dei fenomeni di ludopatia, ma allora andava regolamentato meglio. Per quanto riguarda le scommesse e il calcio, qual è la soluzione? Vietiamo alle squadre di farsi sponsorizzare dai brand di scommesse ma per reperire risorse facciamo un prelievo sulle scommesse? C’è una contraddizione. Il Governo dovrebbe consentire nuovamente questo tipo di sponsorizzazioni, regolamentandole anche rigidamente. E a quel punto gli investimenti fatti dalle società del betting potrebbero andare in quota parte (decisa dal Governo) ai club di calcio. È quanto si sta facendo anche negli USA, dove lo sport è sempre rimasto distante dalle scommesse e adesso si sta aprendo.
E sulla comune percezione del gioco:
Una grossa fetta del gioco oggi autorizzato è stata fino al 1998 illegale, c’erano i videopoker, le scommesse illegali, il lotto clandestino, ecc. Noi come giornalisti non possiamo essere favorevoli all’azzardo, ma siamo favorevoli a una regolamentazione che tenga conto sia delle difficoltà sociali, sia della parte industriale. Sappiamo benissimo quanto questo sia complicato e che lasci una sponda a facilissime critiche a prescindere dal percorso intrapreso. Per anni si è parlato di percentuali di ludopatici senza nemmeno sapere quanti fossero. Poi l’Istituto Superiore di Sanità ha tracciato un primo profilo e si è visto che i numeri non tornavano. È stato il primo passo per dimostrare come l’aspetto ruvido, quello industriale, può convivere con l’aspetto compulsivo – relegandolo a un ruolo residuale – a patto che ci sia una buona regolamentazione.
Questo discorso però, secondo Moresco, non riguarda il settore delle slot, per le quali va trovata una soluzione a sé:
Le slot sono un’altra partita, le slot hanno un gigantesco problema. Sono nei bar, una persona entra a mangiare un tramezzino e a bere una bibita, mentre in un angolo c’è un signore che gioca alle slot. Questo meccanismo, da un lato, ha reso economicamente alle imprese del settore, ma dall’altro si è trasformato in un boomerang perché ha creato un circuito di cattiva opinione che è difficile da arginare.
lp/AGIMEG