È difficile attraversare la valle oscura dell’esistenza come succede oggi a livello globale. Un virus microscopico sta mettendo in ginocchio non una piccola e circoscritta area del mondo. Tutta la Terra è attraversata da una spada che divide, separa, cancella l’esistenza di tante persone deboli e indifese. Se nella quaresima riusciamo a recuperare la coscienza della nostra precarietà e del nostro peccato – grazie alla riflessione orante e all’esame approfondito dei nostri moti interiori e delle nostre azioni – quest’anno un virus imprevisto ci aiuta improvvisamente a scoprire le carte dei nostri giochetti. Siamo completamente disarmati, vaghiamo senza meta da una stanza all’altra o, forse, soltanto intorno a un tavolo, sempre più vuoto di beni necessari e sempre più stracarico di ripensamenti, pianti e rimpianti, nostalgie.
Messi completamente a nudo, raggiungiamo quel particolare stadio del vivere sociale che ci aiuta a scoprire tanti aspetti dell’esistenza che rischiano di essere trascurati prima, poi definitivamente dimenticati. Riusciamo, infatti, a inebriarci con i fumi aggressivi delle illusioni mondane che ci riempiono di vuoto scacciando dal nostro cuore Dio, il prossimo e, infine, anche noi stessi. Il virus non ha solo un’incidenza negativa sul nostro fisico; esso può contribuire a ridestare e vivificare la nostra persona. Cominciando a demolire i nostri alibi inconsistenti, a frantumare le ridicole e insieme tragiche finzioni dei poteri “forti”, capaci di combinare carognate a scapito dei poveri, destinati a essere delegittimati e privati dei loro diritti.
Si tratta allora di debellare falsità e moti di panico. Operazione, certo, non facile, ma necessaria e urgente. Come muoverci? L’antifona d’introito è chiara al riguardo e ci propone di seguire la parola del profeta Isaia (cap. 66). Figli di Abramo e cittadini di Gerusalemme, anche noi, cominciamo ad accogliere l’annuncio e la promessa che possiamo risollevarci e riprendere il cammino. Con serenità, lasciando che il nostro cuore sia percorso da una folata di letizia (Lætare Ierusalem). Sempre pronti a isolarci e a ergere difese per non avere fastidio, diveniamo solidali con quanti amano Gerusalemme (qui diligitis eam): questa è la premessa obbligata per superare l’oscurità della tristezza (in tristitia fuistis), per gioire spensieratamente e vivere in letizia (gaudete cum lætitia).
L’orizzonte si apre, mostra tutta la sua ampiezza. È una nuova primavera. Diffonde la fragranza dei fiori che colorano i territori destinati ad accogliere nuove vite e, prima ancora, nuovi stili di vita. Dove nessuno è isolato o emarginato o rifiutato, perché tutti siamo figli di Dio. E diveniamo, finalmente, l’uno consolazione per l’altro. Per tutti gli altri, nessuno escluso.
Nel cammino penitenziale giunge il momento degli scrutinii, della prova che ripercorre le tappe del catecumenato. Ciascuno riprende in mano la Parola di Dio che la Chiesa ci propone (traditio) e nella vita quotidiana la restituiamo alla comunità filtrata dalla nostra esperienza (redditio). Tutti in ogni grado di scuola, a cominciare dalle elementari, abbia ammirato Giulio Cesare e ricordiamo sempre le sue parole: Veni Vidi Vici. Dopo il combattimento contro le asperità della vita quotidiana, con il cieco nato abituiamoci a pronunciare un’altra triade, degna di un onorato stratega che si ritrova vittorioso, ma che sa pure di essere sempre sotto assedio: Abii, Lavi, Vidi.
Nel battesimo abbiamo avuto dal Signore Gesù una consegna. Sostenuti dalla sua Parola, ci siamo messi in cammino (abii), abbiamo soddisfatto il precetto della purificazione (lavi), abbiamo sperimentato la grazia di Dio e, finalmente, vediamo (vidi). Vedere Dio, è il nostro sommo desiderio. Prepariamo gli occhi del nostro cuore all’Incontro: cerchiamo di vedere il passato con occhi nuovi; cerchiamo di scoprire la novità dovunque si mostri. Buon proseguimento di quaresima.