Chissà quante volte, in questo periodo di clausura da pandemia, i bimbi hanno sentito una frase così in risposta alle numerose richieste di normalità.
Chiusi nelle loro case si ritrovano a vivere, inconsapevoli, una sorta di realtà parallela dove non ci sono corse spensierate o abbracci tra amici. Perfino la scuola non è più la stessa, si chiama DAD e non è poi così simpatica. Ancora assonnati davanti allo schermo di un computer, la scuola vera manca e anche tanto. Lontani dai sorrisi affettuosi delle maestre sono confusi e impacciati, perché quando si è bimbi dentro un sorriso ci si sente protetti.
All’inizio è stato come una vacanza, si poteva uscire a passeggiare, guardare i cartoni animati e alcune volte stare svegli fino a tardi davanti a un film divertente. Poi ogni cosa è cambiata di colpo, la vacanza è finita ed è diventato tutto proibito. Non si può uscire più, nemmeno per andare a trovare i nonni o gli zii, i grandi sono preoccupati e tutti devono indossare mascherine e guanti e stare lontani dagli altri.
Dipingere arcobaleni da appendere alle finestre può essere divertente, ma fuori è quasi estate e anche i bambini hanno bisogno di capire.
Sanno ascoltare, non hanno vergogna di fare domande, cambiano idea anche più volte, se pensano sia giusto così, e riescono a vedere la famosa luce in fondo al tunnel prima di noi. Tuttavia, non è necessario essere un esperto per comprendere che due mesi chiusi in casa con la paura di un virus minaccioso, le immagini dei Tg che quotidianamente raccontano di città deserte, di persone senza più lavoro e di morte, possono turbare sicurezze ed equilibri del loro già fragile universo emozionale. A differenza di un adulto, che sa misurare un pericolo e riflettere su quali accortezze siano necessarie per contrastarlo, un bambino avverte solo la minaccia del virus che uccide e l’associa alla perdita delle persone care. Ai nonni, per esempio, perché tutti dicono che sono le persone più fragili.
Secondo una ricerca condotta da IFOS Centro Studi della famiglia, sezione stress, trauma e supporto psicologico per emergenza Covid 19, il 26,48% dei bambini sardi ha chiesto di dormire di nuovo accanto ai genitori. Problemi del sonno, irritabilità, difficoltà di addormentamento, sono solo alcuni dei malesseri dimostrati dai piccoli in seguito alla pandemia, spiegano i curatori della ricerca, tra cui lo psicoterapeuta Luca Pisano e il ricercatore in psicologia dinamica Luca Cerniglia; uno su tre dimostra, inoltre, nervosismo e fastidio quando sente parlare di coronavirus. Se poi vogliamo fare un salto oltreoceano, a Cincinnati, un comune degli Stati Uniti d’America nell’Ohio, un bimbo di sei anni si è preoccupato perché, non potendo festeggiare il suo compleanno con gli amici, non sarebbe mai diventato grande.
Molti bambini, tra i più fragili, stanno vivendo quello che lo psicologo clinico di Chicago John Duffy descrive come: “Un livello di paura che si avvicina al terrore”.
Paure vere, dunque, seppur celate dietro quell’immancabile sorriso e l’adorabile espressione buffa che tanto amiamo.
Siamo noi gli adulti, quelli che devono riuscire a farli sentire al sicuro in questa strana e nuova normalità, nonostante tutto. Giochiamo con loro, facciamo sapere che capiamo cosa provano e che tutte le loro emozioni hanno un senso, anche le paure. Parliamo con sincerità dell’emergenza; certo, andrà tutto bene, ma è importante accettare che alcune cose sono cambiate… per il momento. Insomma, facciamo in modo che ricordino questo periodo senza alcun malessere perché coccolati e capiti.
L’infanzia è il suolo sul quale andremo a camminare per tutta la vita.
(Lya Luft)
Sabrina Cau