E le ragioni sono esattamente le stesse che il governo italiano ha posto a giustificazione della riapertura immediata dell’Enalotto e, dal 4 maggio, delle slot machine e i gratta e vinci dentro le tabaccherie.
Così come i “giochi d’azzardo” assicurano il gettito e, quindi, le “coperture finanziarie” allo Stato, allo stesso modo le attività produttive assicurano le coperture finanziarie al fragilissimo tessuto sociale territoriale, in primis famiglie e Comuni.
Le attività produttive sono il vero cuore pulsante di un’economia territoriale ed un perdurante (e a questo punto direi irragionevole e irrazionale) divieto di riapertura crea conseguenze disastrose nei bilanci familiari e nelle entrate dei Comuni.
Ci siamo sottoposti ad un periodo di quarantena senza opporre alcun tipo di resistenza, nonostante fossimo tutti consapevoli della insufficienza e, per certi versi, illegittimità degli innumerevoli DPCM che sono e rimangono meri provvedimenti amministrativi.
Ci siamo sottoposti alla chiusura delle attività produttive nella consapevolezza che fosse urgente assicurare il distanziamento sociale per prevenire ogni forma di contagio. Abbiamo maturato un’esperienza sul campo che ci porta oggi ad un approccio molto responsabile sulle misure di prevenzione.
Ma quando si deroga all’impianto generale e si consente la riapertura dei soli luoghi delle scommesse, non vi è più alcuna valida ragione per continuare ad imporre un blocco delle altre attività produttive. Ne andrebbe dei vincoli fiduciari tra la popolazione e le istituzioni.
Entrare a giocare nelle tabaccherie non è automaticamente immunizzante: continuerà ad essere decisivo il rispetto del contingentamento degli ingressi in spazi ristretti, il distanziamento sociale, l’uso di mascherine e la sanificazione continua. Buone pratiche con le quali in questi due mesi abbiamo familiarizzato e che sono entrate nel novero delle nostre abitudini quotidiane.
Ma allora perché non imporre le stesse cautele a tutti gli esercenti?
Perché non consentire la riapertura di TUTTI gli esercizi commerciali e fabbriche, imponendo loro il rispetto delle norme, delegando i sindaci, autorità sanitaria locale dotati del potere di emissione di ordinanze contingibili e urgenti, di operare un serrato controllo del territorio con previsione di severe sanzioni?
Le attuali restrizioni sugli ingressi nella nostra Isola, le norme sul distanziamento sociale, l’imposizione sull’uso dei dispositivi di protezione individuale, unito al calo significativo dei contagi e all’assenza di nuovi focolai, ci devono indurre a considerare seriamente la necessità di riaprire immediatamente tutte le attività produttive.
Aziende, commercianti, lavoratori autonomi sono coloro che garantiscono la tenuta dei bilanci comunali; procrastinare una ripresa lavorativa e occupazionale comporta conseguenze drammatiche anche per la salvaguardia dei conti pubblici.
Se a ciò si aggiunge che la stragrande maggioranza dei Comuni stanno ragionando su forme di “detassazione” talvolta anche improprie, per tentare di alleviare i disagi di quelle attività chiuse, si corre il rischio di esporre gli enti locali a un impoverimento inutile e dannoso se non accompagnato da un immediato riavvio della fase produttiva.
Fa riflettere l’idea di una riapertura immediata solo dei “luoghi delle scommesse” e non anche di tutte le attività produttive.
È un po’ come se si pensasse solo a drenare gli ultimi risparmi di famiglie alla canna del gas senza offrire loro una prospettiva, se non puramente assistenziale.
Un’idea inaccettabile, contro la quale abbiamo tutti il dovere di protestare, di reagire.