Chi può dire che i nonni non siano una figura fondamentale per i nipoti e che l’intensità dell’affetto dipenda solo dalla convivenza con questi? Al contrario, in un momento storico in cui stiamo perdendo tanti anziani, comprendiamo forse ancor di più l’importanza dei nostri cari ascendenti.
E non è forse un caso che con l’ordinanza 7743, pubblicata ieri 8 aprile 2020, la Cassazione Civile – per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” – si sia espressa per ritenere giusto il diritto al risarcimento del danno da perdita parentale anche nei confronti dei nipoti non conviventi.
Nella fattispecie, è stato accolto il ricorso dei familiari di una donna morta a causa di un errore medico e, in particolare, in seguito a una perforazione intestinale. La Corte d’Appello di Genova aveva escluso i nipoti dal diritto al risarcimento per carenza del requisito della convivenza, in quanto l’anziana aveva la residenza altrove, nonostante vi fosse in atti che la donna aveva sempre fatto loro da baby-sitter, pur risiedendo in un altro Comune.
Una condizione, quella della convivenza, che neanche per i Giudici della terza sezione civile della Suprema Corte è fondante, al contrario della forza del legame affettivo che costituisce l’elemento essenziale ai fini del riconoscimento del suddetto diritto. In tal senso, sulla scorta di recenti precedenti di legittimità:
In caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione, proposta iure proprio dai congiunti dell’ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l’azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno; infatti, non essendo condivisibile limitare la società naturale, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., all’ambito ristretto della sola cd. famiglia nucleare, il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti.