Ad oggi tra il DPCM Cura Italia e i successivi decreti, che pare impegnino miliardi di Euro spesi, non emerge un segnale tangibile di tutela del turismo, sia per il presente che per il futuro.
A fronte di un mercato del turismo distrutto ed un’economia prossima alla depressione, si alternano soluzioni di continuo rimando del problema e impraticabili sul piano operativo, economico e finanziario e non ultimo sanitario. Continui palliativi ingannevoli della realtà.
Ne sono prova, in primis il voucher che permette di spostare le vacanze ma occorre rimborsarlo, se le regole degli spostamenti e della chiusura sanitaria rendono non realizzabile la prestazione: chiediamo che venga ripagato della stato che deve garantire questa sicurezza.
Ne è prova il continuo rinvio delle scadenze fiscali (anziché l’azzeramento come proposto da Draghi) come se le nostre imprese a giugno o settembre, fossero capaci di pagare ciò che non riescono oggi.
Per non parlare della liquidità promessa, trasformata poi in garanzie per il credito. Per aumentare l’indebitamento delle nostre imprese. Un’impresa sana non può fare debiti per sostenere l’ignoto (La Germania ha dato soldi alle imprese non garanzie per aumentarne l’indebitamento).
Dal punto di vista sanitario poi, si raggiunge l’apoteosi e la fantasia diventa estro. Il cliché non cambia. Il DPCM cura Italia, classifica il covid-19 come infortunio e non malattia, ribaltando sulle imprese doveri di garanzie e di sicurezza verso lavoratori e terzi, che lo stesso Stato non è riuscito a dare. Fallimento accertato non per negligenza, ma perché il covid 19 che in 2 mesi ha piegato il mondo, non poteva essere affrontato in modo garantito da nessuno, compreso lo stato. Allora perché si carica sul privato un costo e una responsabilità che lo stato con la sua forza non è riuscito a dare?
Una struttura ricettiva, sia Campeggio, villaggio o albergo, non può essere trasformata in un ospedale, con regole di sanificazione continua, distanze di sicurezza, mascherine, o box asettici avveniristici in spiaggia. Noi lavoriamo nell’industria delle vacanze, i nostri Ospiti vengono per distrarsi e riposarsi, non possiamo costringerli o garantire il rispetto delle regole con sistemi coercitivi nei loro confronti.
Dovremo trasformare alloggi, bar, ristoranti, servizi spiaggia e di animazione e sport, in corsie ospedaliere con orari di visita e orari per la mensa, corsie numerate e turni di servizio come al pronto soccorso. Garantendone l’incolumità da covid-19. Siamo Imprenditori del turismo non Direttori sanitari.
Dal punto di vista finanziario poi, può il prezzo delle vacanze farsi carico di questa insostenibile mole di garanzie? Sanificazione continua degli ambienti, dispositivi di sicurezza, distanze, e quanto si inventeranno ancora imporrà costi che quasi nessun mercato è disposto a pagare. Abbiamo una sufficiente esperienza per capire che parliamo di un’offerta senza mercato.
Non è possibile chiedere a noi di garantire uno stato di sicurezza e incolumità delle persone che “il sistema sanitario nazionale” non è riuscito a garantire, non per negligenza ma per reale difficoltà: si stanno ribaltando sulle nostre imprese troppi costi di questa tutela, noncuranti della tenuta economico finanziaria e sociale delle stesse.
Per questo chiediamo allo Stato di prendere coscienza della dimensione del problema e di modificare le regole del gioco, assorbendone anche i costi, in primis sociali a garanzia dei mancati occupati del comparto e poi delle imprese che per prime rappresentano la garanzia per la tenuta e la ripresa del lavoro e dell’economia di questa nazione. Noi siamo pronti a caricarci dei costi.
Il Presidente FAITA Sardegna
Nicola Napolitano