In questi giorni però sempre più persone stanno cercando informazioni su cos’è l’ID2020; questo perché in un recente intervento su “Ask Me Anything” della piattaforma Reddit, Bill Gates – fondatore della Microsoft nonché attualmente secondo uomo più ricco al mondo – ha spiegato i vantaggi dell’identità digitale nella battaglia al COVID-19 e alle eventuali pandemie future.
Come può un’identità digitale aiutarci nella lotta ad una pandemia? La risposta a questa domanda è implicita nella mission dell’ID2020 Alliance; nulla di segreto, basta andare sul sito ufficiale di questa associazione per farsi un’idea di come chi ne fa parte vorrebbe migliorare la vita delle persone utilizzando tecnologie sempre più innovative.
ID2020: cos’è l’Alleanza per l’identità digitale
Come anticipato, l’Alleanza per l’identità digitale è nata nel 2015 quando organizzazioni private e pubbliche si sono riunite con l’obiettivo dichiarato di migliorare la qualità della vita tramite lo sviluppo dell’identità digitale.
L’Alleanza è gestita da una corporation che collabora con varie agenzie delle Nazioni Unite, di ONG, nonché con Governi e imprese di tutto il mondo. Nella lista dei partner finanziatori troviamo, tra i tanti, Bill Gates con la Microsoft, come pure la Rockefeller Foundation e la GAVI.
Se le prime due non hanno bisogno di presentazione, in pochi probabilmente conoscono la GAVI, tuttavia questa svolge un ruolo primario all’interno dell’organizzazione (e di seguito capirete il perché).
Ebbene, la GAVI è una “Vaccine Alliance” che riunisce settori pubblici e privati con l’obiettivo comune di creare pari accesso a vaccini nuovi e poco utilizzati per quei bambini che vivono nei Paesi più poveri del mondo. E proprio quello dei vaccini è un tema centrale sul quale si fonda l’identità digitale.
L’ID2020, infatti, è un programma di identificazione elettronica che punta ad includere ogni persona sulla terra; un programma che come piattaforma andrebbe ad utilizzare la vaccinazione generalizzata.
Ciò è possibile perché il programma andrebbe a sfruttare le operazioni di registrazione delle nascite, nonché delle vaccinazioni già esistenti, per andare a fornire ogni neonato di un’identità digitale portatile collegata biometricamente.
ID2020: microchip all’interno dell’organismo?
A questo punto immaginiamo che molti di voi si staranno chiedendo in che modo questa identità digitale potrebbe essere “collegata biometricamente” al singolo individuo.
La risposta è: tramite i Quantum Dot Tattoos, ovvero tatuaggi a punti quantici che implicano l’applicazione di microneedle a base di zucchero dissolvibili. Questi sono composti di due parti: il vaccino contro la malattia e dei punti quantici a base di rame fluorescente incorporati all’interno di capsule biocompatibili su scala micron. Quest’ultimi – che si dissolvono sotto la pelle – rilasciano dei punti quantici i cui schemi possono essere letti in futuro per identificare qual è il vaccino somministrato.
ID2020: quali legami con il COVID-19
Ai Quantum Dot Tattoos stanno lavorando i ricercatori del MIT e della Rice University e questi potrebbero avere, parola di Bill Gates, un ruolo fondamentale nella lotta dal COVID-19 e di eventuali pandemie future.
Secondo il fondatore della Microsoft (che ricordiamo è stato tra coloro che hanno anticipato il rischio di una possibile diffusione globale di un virus), infatti, ci sarà un momento in cui avremo dei certificati digitali per mostrare coloro che si sono ripresi e quindi sono immuni dalla malattia.
Certificati digitali dove si potrà anche capire chi si è sottoposto al vaccino (una volta che questo sarà pronto).
ID2020: qual è l’obiettivo dell’Alleanza per l’identità Digitale
Certificati digitali che serviranno, quindi, per tenere una sorta di registro delle vaccinazioni e che saranno parte integrante dell’intero progetto dell’ID2020.
Progetto che sembra comprendere anche altri dati e informazioni. Dei microchip, infatti, potrebbero essere impiantati per la conferma della nostra identità personale (ad esempio in sostituzione dei documenti d’identità), ma anche per la condivisione di informazioni bancarie (potenzialmente, quindi, si potrebbe anche pagare per mezzo di questi microchip).
Ad oggi è ancora tutto ipotetico ma l’Alleanza per l’identità digitale ci sta lavorando e non si nasconde. Gli obiettivi, infatti, sono tutti nero su bianco sul sito Internet della fondazione, dove si legge, ad esempio, che grazie a questo strumento si avrà la capacità di “dimostrare chi sei” – un diritto umano fondamentale e universale – “in maniera affidabile sia nel mondo fisico che online”.
Ma perché questa necessità impellente di avere una propria identità digitale? Obiettivo dell’Alleanza è che tutti gli individui possano avere accesso ad un ID in grado di consentire loro di dimostrare – dalla nascita alla morte – chi sono, sia nei contesti nazionali che internazionali.
È giusto che questi individui possano avere controllo su come queste informazioni personali vengono raccolte, nonché utilizzate e condivise. Basti pensare che ad oggi l’accesso ai beni e ai servizi è particolarmente complicato per circa un miliardo di persone; questo a causa della mancanza di un’identificazione riconosciuta. Un problema che, parere dell’ID2020 Alliance, smetterebbe di esistere in presenza di una “buona” identità digitale, in quanto gli individui che ne sono in possesso potrebbero utilizzare le loro credenziali presso una varietà di istituzioni differenti al fini di avere accesso ad una molteplicità di servizi.
Il tutto, garantisce l’Alliance, nel “massimo rispetto della privacy e della sicurezza”, visto che sarà l’individuo a controllare le proprie informazioni.
ID 2020: perché molti non sono favorevoli
Paradossalmente il motivo per cui molte persone sono fortemente contrarie al progetto dell’identità digitale riguarda proprio un principio sul quale fa leva l’Alleanza, ovvero quello della privacy.
È lecito, infatti, chiedersi quali sarebbero gli effetti e le implicazioni per la privacy qualora il progetto partisse in scala mondiale rendendo obbligatoria l’implementazione di un microchip nel proprio organismo.
C’è chi ritiene ci possa essere il rischio di una società creata sul modello del Grande Fratello di Orwell, dove la presenza del microchip ci farebbe vivere con la sensazione (e forse non solo con quella) di essere controllati in ogni dove e in qualsiasi momento.
Senza dimenticare poi il conflitto di interessi che si verrebbe a creare con la Microsoft visto il potere globale che inevitabilmente acquisirebbe l’ID 2020 Alliance e tutti i suoi partner. Così come pure il potere che ne deriverebbe per la Big Pharma, ovvero per tutte le case farmaceutiche impegnate nella ricerca e nella somministrazione dei vaccini.
C’è chi teme, quindi, che l’Identità Digitale possa andare a limitare la legittima libertà personale. Ovviamente per il momento si ragiona su una scala ipotetica, ma pensiamo a cosa potrebbe succedere qualora diventasse obbligatorio e una persona si rifiutasse di farselo impiantare: verrebbe compromesso il regolare svolgimento della vita sociale, visto che avere un ID potrebbe essere fondamentale per la ricerca di un lavoro, per l’accesso al credito, ma anche per andare a scuola.
Ribadiamo che l’ID2020 Alliance promette un utilizzo etico di questa nuova tecnologia, ma il timore di finire in una società dove l’individuo potrebbe essere controllato da remoto spaventa in molti.