Il settore della ristorazione affronta una delle più gravi crisi degli ultimi decenni. Un settore molto importante nel nostro territorio sia per numero di aziende, sia per numero di lavoratori coinvolti. Un settore che già prima della chiusura per l’emergenza sanitaria mostrava segni di difficoltà e crisi?
È vero, nel complesso si registravano difficoltà in tutto il settore con indici di produttività e redditività mediamente molto bassi. Inoltre l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali era poco diffuso, anzi, in alcuni casi, del tutto assente. Ora siamo di fronte a un cambiamento che per i prossimi anni, e non mesi, si annuncia molto profondo. Poco o nulla resterà come prima. E, in questo contesto di rinnovamento, molti chef e ristoratori hanno colto questo momento come un’opportunità, per rivedere la strategia, in direzione di un modello in grado di offrire prodotti e servizi nuovi anche grazie anche all’innovazione digitale. Non solo operazioni di marketing e digitalizzazione, ma anche revisione dei piatti proposti in carta, ridefinizione dei menù, verifica della carta dei vini, riorganizzazione della sala e del servizio, compreso quello a domicilio.
Quali le priorità?
Sicuramente la formazione, i modelli di business, i nuovi prodotti e servizi. Se prima mancava sempre il tempo per la formazione, per pensare a nuove idee e sviluppare nuovi modelli di business, questa crisi concede il tempo necessario per rivedere la propria attività. Ci si può iscrivere a molti corsi gratuiti o a basso costo, che possono diventare strumenti utili per promuovere la nostra attività online e collegarci con le principali piattaforme.
Quando ci sarà la ripartenza?
Difficile prevederlo oggi. Non credo ci sarà un giorno nel quale tutti insieme si ripartirà, penso a una ripartenza graduale e con tempi diversi. Ci sarà anche chi non riaprirà, chi rinvierà la riapertura e chi riaprirà immediatamente, se sarà stato in grado di adeguarsi alle nuove disposizioni. Chi aveva un modello di business di successo con pochi accorgimenti potrà ripartire.
Il servizio a domicilio rappresenta una soluzione?
Non si possono improvvisare soluzioni di consegna a domicilio, che garantiscano qualità e affidabilità. Inizialmente pochi ritenevano opportuno questo servizio, oggi è cresciuto il numero dei ristoranti che offrono questo servizio, anche stellati e di alta ristorazione. Non rappresenta oggi in emergenza una fonte di guadagno aggiuntivo, ma un modo per ridurre le perdite, mantenere attive le cucine e in alcuni casi dare un lavoro ai dipendenti, ma soprattutto curare e valorizzare la relazione con i propri clienti. Dopo l’emergenza sanitaria, il servizio a domicilio si abbinerà a quello di asporto e troverà una più corretta dimensione.
[foto id=”296800″]Claudio Porchia
Nel dopo emergenza è ragionevole oggi prevedere un calo generale dei consumi in una misura prudenzialmente stimata del 10%. Cosa succederà nel settore della ristorazione?
Probabilmente il calo sarà maggiore, forse del 20-25%, e in questo contesto la competizione del mercato non si svilupperà soltanto sul costo, ma soprattutto sulla qualità e “reputazione” e, per essere competitivi, dobbiamo migliorare la nostra offerta. Siamo quindi in una fase di cambiamento, quello che sarà dopo non sarà sicuramente come prima e noi siamo chiamati a “fare tutto meglio di prima”.
Una previsione?
Terminata l’emergenza, tutti torneranno al lavoro e tutti avranno la necessità di nutrirsi, si continuerà ad essere innamorati del cibo, tanto da continuare ad abusarne con ricette e foto di piatti mandate via telefono o tramite social. Anche se crescerà il numero di coloro che lavoreranno da casa, molti lavoratori riprenderanno a mangiare fuori casa e riprenderanno a frequentare bar e paninoteche, che offrono pranzi veloci e ai quali verrà sempre più richiesta la possibilità di prenotare e consegnare in ufficio un lunch box. La cena continuerà ad essere vissuta come un momento conviviale importante, un “lusso” da condividere con la famiglia o gli amici. Crescerà l’attenzione ai temi della salute, si sceglieranno sempre più prodotti BIO, a km zero e a basso impatto ambientale. Aumenteranno i vegetariani, i vegani, i crudisti e macrobiotici, allergici e intolleranti. Il tutto con buona pace di chi pensa che questi consumatori siano solo dei “rompiscatole” e che la nostra cucina è la migliore al mondo e questo basta per avere successo. Cavalcare il cambiamento migliora l’immagine e la “reputazione”, un fattore importante nella futura competizione, e ci aiuta a mantenere i vecchi clienti e acquisirne dei nuovi. Non basterà limitarci a offrire ottimi piatti a un prezzo corretto, ma il lavoro della cucina dovrà essere intrecciato con l’attività di accoglienza, della capacità di raccontare il cibo e il territorio, il tutto condito da buone pratiche di sostenibilità ambientali. Dovrà essere intensificato il concetto di rapporto con il territorio, con proposte gastronomiche ancora più legate ai piatti locali e dovrà essere sviluppato il concetto “compra Italiano – mangia Italiano!”. Il ristorante diventerà sempre più un punto di raccordo dei nuovi concetti di “filiere”, che saranno la vetrina principale delle produzioni enogastronomiche del territorio.
La posizione dell’Associazione Ristoranti della Tavolozza.
Dovrà esserci un forte aiuto da parte del Governo per sostenere un settore colpito duramente dalla crisi, diversamente il rischio è quello che possano sopravvivere solo le grandi catene o le micro gestioni familiari. Molti ristoratori infatti sono alle prese con gli affitti da pagare e i proprietari dei locali dovrebbero essere incentivati a ridurre le loro pretese. Poi c’è il problema dell’accesso al credito e ci sono da pagare le fatture dei fornitori, delle aziende agricole, dei trasportatori e distributori. Ma non c’è bisogno soltanto di aiuti dal Governo e per questo, come Associazione, siamo vicini agli operatori del settore, chef, ristoratori e operatori F&B, per gestire al meglio un percorso di rinnovamento ed evoluzione anche digitale, mettendo a disposizione le nostre competenze, convenzioni, collaborazioni e la nostra rete.
Christian Flammia