Tutto ciò deve fare da input ai sardi per lottare e non perdere la speranza, perché l’isolamento a cui si è sottoposti è sicuramente più sopportabile sapendo che siamo vicini gli uni agli altri in tutto questo e ne usciremo assieme.
Da qui che Sebastiano Pilosu, etnologo sardo e cantore a tenore, trasforma l’inno di fine ’800, riconosciuto poi come Inno ufficiale della Sardegna, e rivolge il testo alla situazione di emergenza di questi mesi: i sardi sono chiamati ad ascoltare, a credere che tutto si sistemerà e che saremo ancora qui come popolo, unito e forte. Si tratta di un invito a collaborare, a resistere e a sperare…
Il pezzo è stato montato da Marco Lutzu con le varie parti registrate autonomamente a casa da ogni cantore a tenore che ha voluto far parte del progetto; mentre il video, creato dall’Associazione Tenores Sardegna Sòtziu Tenores Sardigna che accompagna le parole “in limba sarda” e il suono delle launeddas, mostra le immagini tratte dal film “A Bolu” scritto dallo stesso Pilosu e da Davide Melis.
Così mentre i cantori catturano l’udito e spronano all’unità, alla forza, alla collaborazione, gli occhi viaggiano tra il Supramonte di Dorgali, passando per Orgosolo e arrivando alla Baronia: tradizioni, usanze, colori e ogni luogo riporta nel testo il proprio stile, rifacendosi al canto dei Gosos, motivi devozionali di origine iberica.
Il 28 aprile, come ogni anno, si celebra “Sa Die de Sa Sardigna”: ricorda i sardi che si unirono e lottarono per la giustizia e quest’anno sarà un’occasione in più, magari, per restare uniti, resistere e combattere per difendere uno dei diritti fondamentali dell’essere umano: la salute.
Il link del video: https://www.youtube.com/watch?v=Z22sy1e90fM&feature=emb_logo