Mentre si attende la fine di questo periodo di autoreclusione, è importante cominciare adinterrogarsi su quali saranno le modalità per attraversare la cosiddetta “fase due” della pandemia da Coronavirus, quella cioè in cui il nostro Paese potrà cominciare a riavviarsi verso quella “normalità” che tutti desideriamo.
Quella che ci aspetta, però, sarà probabilmente una “normalità” diversa da quella a cui eravamo abituati. Stando a quanto si legge sugli organi di stampa e alle opinioni degli esperti, ci troveremo infatti a dover convivere con Covid-19 per qualche tempo.
E se la tecnologia ci ha permesso di “tamponare” in qualche modo l’impossibilità di fruire del nostro patrimonio culturale in queste settimane di emergenza, grazie alla numerose iniziative che hanno permesso per esempio di godere di visite virtuali attraverso il Web, nel prossimo futuro dovremo trovare il modo di sfruttare l’innovazione per garantire un nuovo modo di gestire l’accesso agli enti museali e a tutti quegli spazi fisici che dovranno essere attraversati, giocoforza, usando cautele che non siamo abituati ad avere.
Oltre al desiderio di un ritorno alla normalità che tutti auspicano, considerare la prospettiva è necessario anche per un più “prosaico” ragionamento legato alla sostenibilità economica degli enti stessi, che, senza gli introiti derivanti dalle visite, potrebbero trovarsi presto in serie difficoltà nel reperire le risorse necessarie anche per quelle attività volte a conservare il patrimonio artistico loro affidato.
Ma come sarà possibile garantire un accesso regolato agli spazi museali senza creare problemi al pubblico? Il primo aspetto riguarda sicuramente la gestione degli accessi, che dovranno necessariamente essere gestiti tramite prenotazioni. Tanto più sarà facile e immediata la procedura di prenotazione, per esempio attraverso l’utilizzo di app mobile e la digitalizzazione dei biglietti, tanto più il sistema risulterà appetibile per il grande pubblico.
L’adozione di nuove tecnologie risulterà fondamentale, però, anche nella gestione della visita stessa per garantire il mantenimento di quelle distanze minime che dovremo tenere ancora per qualche tempo come strumento di prevenzione. A questo scopo le soluzioni, a livello tecnologico, possono essere le più varie: dall’utilizzo di videocamere di sorveglianza abbinate ad algoritmi di intelligenza artificiale per arrivare all’uso di lettori di prossimità RFID.
Lasciare che ogni singolo ente si muova in autonomia, però, è inimmaginabile. Per raggiungere l’obiettivo di creare una modalità di visita sicura, è necessario infatti che gli utenti sviluppino una certa dimestichezza con le procedure e gli eventuali strumenti necessari per adeguarsi.
Senza la definizione di uno standard applicabile a tutti, infatti, la praticità e la stessa efficacia di questi strumenti rischiano di essere a dir poco scarsi e generare più confusione che vantaggi.
Serve quindi un percorso di elaborazione complessivo, che, come auspicato dal Ministro Dario Franceschini (ministro per i Beni e le attività culturali e per il turismo) e dai suoi omologhi di Germania e Spagna in una dichiarazione congiunta ripresa dagli organi di informazione, possa essere condiviso anche a livello europeo per garantire un campo di adozione più esteso possibile.