La notizia ha fatto infuriare la CEI, che accusa il provvedimento di incostituzionalità: secondo vescovi, sacerdoti e molti giuristi cattolici, il divieto di celebrare la messa viola la libertà di culto, uno dei baluardi della nostra Costituzione.
Gran parte dei fedeli protestano per poter tornare a messa – nel rispetto delle misure di sicurezza – ma il comitato tecnico-scientifico ritiene che la presenza dei fedeli in chiesa possa favorire il contagio.
Prima di parlare di incostituzionalità, cerchiamo di comprendere le posizioni di entrambe le fazioni.
LEGGI ANCHE
Al via funerali in chiesa, e le messe? Le novità per la Fase 2
Vietare la messa è incostituzionale?
La posizione di Conte è stata chiara: nel nuovo DPCM 26 aprile 2020 celebrare la messa in presenza dei fedeli è vietato, almeno fino al 18 maggio. Notizia che non piace non solo alla Conferenza episcopale italiana, ma anche alla Comunità islamica e alla Commissione delle chiese evangeliche.
Anche molti giuristi, cattolici e non, si sono scagliati contro il divieto, precisando che la messa potrebbe essere consentita nel rispetto della distanza di sicurezza di almeno un metro tra i fedeli ed evitando strette di mano (come il segno della pace).
Messa vietata
L’accusa è di violare l’articolo 19 della Costituzione sulla liberà di culto, che recita:
“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.”
C’è anche chi ha parlato di un vero e proprio paradosso. Per l’Unione dei giuristi cattolici di Perugia nelle scelte del Governo ci sono “evidenti e illogiche alcune disparità di trattamento: è consentito andare in tabaccheria ad acquistare le sigarette, ma non di andare in Chiese per ricevere la Comunione; possiamo ricevere a domicilio le pizze, ma non l’ostia dal sacerdote; è possibile accompagnare i defunti al cimitero, ma non riunirsi in Chiesa per pregare“.
Il diritto alla salute prevale sulla libertà di culto
Se è vero che lo Stato deve tutelare e garantire il sentimento religioso, è vero anche che il diritto alla salute (articolo 32 della Costituzione) è prevalente rispetto alla libertà di culto, e il comitato tecnico-scientifico ritiene che i tempi per consentire le messe con i fedeli non siano ancora maturi.
Quindi, almeno secondo il parere della scrivente, parlare di incostituzionalità non solo è azzardato ma è anche un atteggiamento poco costruttivo. Anzi, in questo momento così delicato la Religione dovrebbe dare supporto morale e coraggio, e invitare i fedeli a pregare in casa, come lo stesso papa Francesco ha fatto più volte.
Cosa dice il comitato tecnico-scientifico
La posizione del CEI e di molti fedeli si scontra con il parere delle autorità sanitarie del comitato tecnico scientifico, secondo i quali la presenza dei fedeli in chiesa ha delle criticità ineliminabili, tra cui la difficoltà di mantenere le distanze di sicurezza (non tutte le chiese, infatti, sono ampie) e la mancanza del giusto ricambio di aria.
Messa vietata
In particolare, il comitato tecnico-scientifico ha dichiarato che la partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose comporta, allo stato attuale, alcune criticità ineliminabili che includono lo spostamento di un numero rilevante di persone e i contatti ravvicinati durante l’Eucarestia.
Quindi sembra confermato il divieto di celebrare la messa almeno per le prime 3 settimane di maggio. Dopo il 20 maggio, si potranno stabilire nuove regole e misure di prevenzione per consentire ai fedeli di recarsi in chiesa in sicurezza. La riapertura, però, è subordinata all’esame degli effetti che avrà l’inizio della Fase 2 sulla curva epidemiologica.
Nel frattempo ricordiamo che le chiese sono aperte e che i fedeli possono recarsi a pregare da soli e senza creare assembramenti.
Isabella Policarpio
Fonte: www.money.it