Altre perle di saggezza sono state peraltro dispensate a mezzo stampa anche da operatori cosiddetti esperti di altre Aziende e sembrano fare proseliti fra altrettanto improvvisati traslatori/stilatori di norme comportamentali.
Nella PEC indirizzata a ATS menzionavo anche gli autori di cotanto senno, ma non ritengo opportuno celebrarne le gesta anche in questa sede.
Il comune denominatore delle norme comportamentali esaminate erano e sono:
- la non ammissione della esistenza della possibilità di contagio da parte di paziente asintomatico e, conseguentemente la mancata ammissione/disconoscenza del fatto che in tale gruppo possono essere compresi pazienti cosiddetti pre-sintomatici, che diventeranno nel giro di pochi giorni sintomatici e sono ormai unanimemente riconosciuti come già altamente infettanti;
- la mancata previsione di un triage all’ingresso o agli ingressi degli ospedali se non per i pazienti sospetti, mentre il triage per i pazienti non sospetti o per gli asintomatici di cui sopra (raccolta della autocertificazione, misurazione della temperatura….) viene, nella migliore delle ipotesi delegata ai singoli reparti;
- la delega ai singoli reparti della creazione di protocolli di comportamento interni che potrebbero anche dar luogo a modalità di gestione disomogenea e creare eventualmente contrasti fra reparto e reparto e originare situazioni di potenziale confusione proprio nei momenti più critici;
- tutti i documenti trascurano il fatto che i diversi tipi di mascherine chirurgiche non sono Dispositivi di Protezione Individuale e che le uniche mascherine utili per la protezione dai virus sono solo i tipi FFP2 e FFP3. Come ben specificato anche a pagina 11 e 12 del documento ATS “Informazioni ed istruzioni operative per la protezione individuale e la prevenzione della trasmissione del SARS-CoV-2” del 17/03/2020.
- tutti i documenti non considerano il principio di precauzione in materia di sicurezza del lavoro che impone al datore di lavoro di realizzare il più elevato livello di tutela dei lavoratori vieppiù in condizioni (come quelle attuali) di estrema incertezza circa i possibili effetti dannosi ipoteticamente collegati all’attività e alla relativa esposizione;
- tutti sembrano ammettere aprioristicamente una quota di rischio tollerabile (sulla pelle altrui).
Sembra che l’invito, rivolto ad Assessore e Direzione ATS, a far adottare in tutti gli ambiti Ospedalieri e Territoriali ATS tutte le misure atte a garantire la massima tutela per gli operatori e gli utenti, attraverso la creazione di percorsi chiari e condivisi ed il corretto utilizzo di DPI appropriati alla prevenzione massima del rischio, non sia stato sentito, dal momento che non ha ricevuto riscontro né scritto né fattuale.
Ci sarebbe piaciuto dire che la nostra promessa rimane immutata: “tuteleremo in tutte le sedi legali i nostri iscritti che dovessero riportare dei danni da tali condotte omissive, allora, forse, poste le opportune condizioni, molte orecchie recupereranno l’udito.”
In realtà non siamo sicuri di poter mantenere questa promessa poiché si profilano all’orizzonte vergognosi provvedimenti di alcune parti politiche che metterebbero sullo stesso piano coloro che hanno rischiato la propria vita per il bene degli altri e quelli che li hanno mandati allo sbaraglio senza protezioni e senza organizzazione.
Parlo di emendamenti che vorrebbero depenalizzare i datori di lavoro che abbiano messo a rischio la salute e la vita stessa dei dipendenti, non fornendo loro Dispositivi di Protezione Individuali atti a fornire loro la massima protezione, pur sotto la spinta della situazione emergenziale.
Dr. Luigi Curreli
Segretario Aziendale ANAAO ASSOMED
ATS Sardegna