La recente emergenza pandemica sta mettendo a dura prova il nostro tessuto economico e produttivo. Il cuore pulsante del nostro sistema economico è costituito da micro e piccole realtà, spesso a conduzione familiare, e una crisi del mondo produttivo genera enormi squilibri economici, finanziari e sociali a carico dell’intera comunità.
Così Gianfranco Congiu, proponente l’ordine del giorno votato all’unanimità dal consiglio comunale di Macomer nella seduta dedicata all’approvazione del bilancio. La proposta è semplice:
Se lo Stato mantenesse invariata la percentuale di accantonamento del cd. Fondo Crediti di Dubbia esigibilità rispetto al 2018/2019 si consentirebbe a tutti i Comuni di “liberare” risorse importanti per aiutare e sostenere quella ripresa produttiva che non potrà prescindere da un adeguato sostegno finanziario.
In pratica si tratta di avviare una negoziazione con il governo italiano per neutralizzare alcune norme, varate a dicembre 2019 con l’ultima legge finanziaria, che prevedono un innalzamento sino al 100% del cosiddetto Fondo crediti di dubbia esigibilità, un vero e proprio accantonamento forzoso imposto ai Comuni su base percentuale rispetto ai crediti riscossi nell’ultimo quinquennio.
Sono risorse vere, presenti nei bilanci di tutti i Comuni, pari a centinaia di migliaia di euro che non si possono spendere ma rimangono “accantonate”, bloccate.
Se tutto questo ha una sua logica in un periodo di amministrazione ordinaria, ritengo che detti vincoli, in un periodo emergenziale connotato da straordinarietà e assoluta gravità, possano essere allentati – prosegue Congiu, che sottolinea l’incomprensibilità di un vincolo così importante in un momento emergenziale così delicato.
Non si tratta di azzerare il Fondo, quanto di mantenere la quota percentuale di accantonamento del 2018 (75/80%): per lo Stato è una operazione comunque a costo zero, mentre per i Comuni sarebbe una straordinaria possibilità per sostenere una ripresa economica con risorse reali e immediatamente disponibili.
È una battaglia di buon senso perché senza un adeguato sostegno finanziario sarà difficile ripartire: penso alle nostre micro e piccole realtà agropastorali, le piccole realtà trasformatrici, al circuito dei negozi di vicinato e quello delle produzioni tipiche, alla filiera della panificazione, della ristorazione, attività tutte che riversano i proventi interamente nel ciclo produttivo senza alcuna possibilità di accantonare risorse che consentano, sia di sopperire al calo di fatturato registrato durante la serrata, sia a garantire un ripresa produttiva.
Da qui la “chiamata alle armi” dei Comuni sardi per il tramite di ANCI, perché nel redigendo piano di sostegno governativo alle attività d’impresa si rappresenti l’eventualità di un allentamento dei vincoli di finanza locale, sia per il corrente esercizio annuale, sia per il biennio immediatamente successivo, vincolando gli enti locali all’utilizzo delle risorse eventualmente liberate, in favore della ripresa economica e rilancio delle attività commerciali locali.