Tra una stazione e l’altra la processione era accompagnata dall’esecuzione de sos gotzos e dal suono de sos tauleddos. Le anziane del paese raccontano che il coinvolgimento emotivo fosse talmente forte che parecchie donne, immedesimandosi totalmente nella fatica e nella sofferenza di Cristo carico della croce, nonché nel pathos di una madre che accompagna il proprio figlio all’estremo sacrificio, piangessero a dirotto per tutto il tragitto.
Anche oggi la Via Crucis rappresenta uno dei momenti più coinvolgenti della Settimana Santa, in quanto la finalità simbolica di questo percorso è quella di descrivere e raccontare la passione di Cristo, nonché la disperazione della Madonna che accompagna suo figlio lungo la sua Via Crucis. Sorta tra il XV e il XVIII sec., essa è divenuta un rito, un gesto caratteristico del Venerdì santo in particolare e della Quaresima in generale.
Le sue origini risalgono ai pellegrinaggi compiuti da molti cristiani in Terra Santa, in particolar modo, a Gerusalemme e in quelli che furono poi i sacri monti, fatti erigere dai pellegrini tornati dalla Terra Santa per mantenere vivo il ricordo del loro viaggio di fede. La popolarità fu dovuta a papa Innocenzo XI che, nel 1686, concedette molte indulgenze, le stesse di quelle accordate a coloro che si recavano in Terra Santa, anche a chi praticava il pio esercizio della Via Crucis.
Un tempo il pomeriggio del Venerdì Santo era vissuto su due livelli, uno religioso e l’altro di tradizione popolare: dal punto di vista religioso si faceva l’adorazione della Santa Croce (sa Ruche Vera) durante la quale i confratelli della Vergine de Sa Itria scoprivano il crocefisso dal velo viola. Dopodiché, accompagnati dai tristi canti dei gotzos, eseguiti da sos cantores (sempre confratelli), i fedeli raccolti dentro la chiesa si alzavano dai propri banchi per andare ad inchinarsi e baciare il crocefisso.
Come tradizione invece, trattandosi di una giornata luttuosa, la comunità lodeina osservava un riposo assoluto, evitando qualsiasi attività. Si racconta, per esempio, che prima della scoperta del crocefisso non si raccogliesse nemmeno la cenere prodotta dalla cottura del pane festivo. Era anche una giornata di contrizione e pentimento e per richiamare i fedeli a ciò sos cantores intonavano “Su Miserere” dalla torre campanaria durante tutto l’arco della giornata.
Dalla testimonianza orale di alcune persone anziane risulta che “Su Miserere” fosse cantato anche sopra un olivastro secolare (tuttora esistente) in su cantareddu, una zona nella parte alta del paese.
In tale giorno essendo aliturgico non veniva distribuita l’eucarestia ai fedeli, la quale doveva essere solo adorata.
All’imbrunire aveva luogo la funzione para-liturgica de s’iscravamentu con la quale si rappresenta la deposizione di Cristo dalla Croce.
S’iscravamentu (schiodamento) è una sorta di rappresentazione teatrale di origine medievale in cui i personaggi venivano allora interpretati dai confratelli. Sino al 1934 s’iscravamentu era rappresentato a Lodè dai confratelli della Vergine d’Itria. In seguito, dal 1935 al 1950 circa ha subito una battuta d’arresto; ripristinato per circa 20 anni dal 1950 al 1970, esso era rappresentato in modo molto essenziale.
L’unica scena rappresentata era infatti la deposizione in cui il Cristo veniva poggiato su un letto di legno ricoperto di erbe e fiori selvatici, (menta, rosa ‘e monte, lizu, portati esclusivamente dal Montalbo) e portato in processione. Al suono del martello che batteva sul legno (azione atta a ricordare l’estrazione dei chiodi dalle mani e dai piedi di cristo) e delle frustate i fedeli piangevano a dirotto .
La processione in questione era chiamata s’interru (la sepoltura) e si snodava lungo il percorso della Via Crucis. Il Cristo utilizzato è una statua lignea del XVII secolo con braccia mobili. Era usanza del paese che gruppi di donne, giovani e meno giovani, accompagnate da qualche uomo, facessero “sas ruches de notte”, ossia un particolare tragitto all’interno del paese: seguendo il tradizionale percorso della Via Crucis più la stazione simbolica del cimitero e de su craru mannu, una delle entrate principali del paese. A mezzanotte in punto dovevano essere rigorosamente sul sagrato parrocchiale che rappresentava l’ultima stazione.
Attualmente il pomeriggio del Venerdi Santo si svolge nel modo seguente: alle 15.00 inizia la funzione dell’adorazione della croce, quando il Cristo viene svelato, dopodiché i fedeli si recano a baciare i piedi del Cristo. L’adorazione della croce è accompagnata da sos gotzos eseguiti anche durante la comunione con le stesse ostie riposte il giorno precedente nell’altare laterale.
Questo rito ha una precisa connotazione simbolica: rappresenta infatti la morte del Cristo (anche nell’orario, all’ora nona, ossia le tre del pomeriggio) e la successiva adorazione dei fedeli che si recano a rendere omaggio al Cristo morto. Durante questa funzione si celebra l’actio liturgica in cui si prega per i vivi e per i morti, si fa l’adorazione della croce e a differenza di quanto avveniva precedentemente si distribuisce l’eucarestia.
L’eucarestia infatti viene oggi distribuita per precisa direttiva del Concilio Vaticano II del 1962-1965, quando Papa Giovanni XXIII ne dispose la distribuzione in dimostrazione della vicinanza di Cristo al suo popolo.
Alle 20.00 ha luogo la funzione para-liturgica de s’iscravamentu con la quale si rappresenta la deposizione di Cristo dalla Croce che, secondo i Vangeli, fu fatta da Nicodemo e da Giuseppe d’Arimatea.
Un piccolo appunto di storia dell’arte: il crocefisso utilizzato per la deposizione è del 1600 ed ha quindi un grande valore storico-culturale. Negli anni ’80 e ’90 questa rappresentazione ha assunto un aspetto molto scenografico. Se precedentemente la rappresentazione si limitava alla sola deposizione del Cristo, in questi anni si rappresentavano tutti i racconti evangelici dalla passione fino alla resurrezione. I figuranti erano giovani scelti dal sacerdote tra i ragazzi dell’Azione Cattolica.
Dopo s’iscravamentu viene fatto s’interru: il Cristo, nel suo letto di morte, è accompagnato da una fiaccolata per le vie del paese. A capo del corteo c’è un chierichetto che regge una croce lignea di notevole valore storico, appartenente alla confraternita della Vergine di Itria. La processione, oltre a percorrere il perimetro urbano di Lodè, si reca anche alla chiesa del Rimedio, dove è lasciata la Madonna e finisce con il rientro in parrocchia.
Tratto da “I Riti della Settimana Santa a Lodè” di Angelo Canu, Anna Cristiana Farris, Giacomo Floris e Enedina Pau
foto di Luigi Mele