Fu prima votato al Senato, poi approvato dalla Camera con 217 voti a favore (la maggioranza di centro sinistra: Dc, Psi e Psdi unificati nel Psu, Pri con il Pli, all’opposizione) con l’astensione del Pci, Psiup, Msi e 10 voti contrari.
La legge non ebbe l’avallo del Pci che si astenne “… per sottolineare le serie lacune della legge e l’impegno a urgenti iniziative che rispecchino la realtà della fabbrica”, scrisse l‘Unità del 15 maggio, “. .. il testo definitivo contiene carenze gravi e lascia ancora molte armi, sullo stesso piano giuridico, al padronato” .
Alla Camera intervenne Pajetta, tra i massimi dirigenti del Pci, che sottolineò i punti negativi del provvedimento: l’esclusione dalle garanzie previste dalla legge nei confronti dei lavoratori delle aziende sotto i 16 dipendenti, la mancanza di norme contro i licenziamenti collettivi di rappresaglia. Uno dei punti negativi che l’esponente del Pci, il cui gruppo dirigente era oramai su posizioni apertamente revisioniste, omise di evidenziare fu quello che assegna il diritto di costituire rappresentanze sindacali aziendali esclusivamente ai sindacati maggiormente rappresentativi o a quelli firmatari di accordi a livello nazionale o provinciale: si voleva, così, contrastare la capacità degli operai di autorganizzarsi in strutture sindacali realmente indipendenti dalla classe dominante o negli stessi consigli di fabbrica e dei delegati, organismi che ebbero un ruolo fondamentale per importanti e significative conquiste nel corso degli anni.
Lo Statuto fu una delle riforme degli anni ’60 e ’70: dai contratti collettivi nazionali alle pensioni, dal punto unico di contingenza alla L.833/78 sul Servizio Sanitario Nazionale.
Per i comunisti la lotta per riforme che migliorano le condizioni dei lavoratori, è subordinata, come una parte al tutto, alla lotta per la rivoluzione proletaria e il socialismo. I riformisti, invece, fanno delle riforme il loro obiettivo finale.
Ogni riforma presenta due aspetti tra loro contraddittori: – è frutto di ampie e permanenti mobilitazioni delle classi lavoratrici e delle masse popolari per strappare significativi risultati; – rappresenta un compromesso con le controparti per le quali il compromesso raggiunto è finalizzato al contenimento, sino all’azzeramento della mobilitazione.
Nella lotta per le “riforme”, che rende possibile prendere parte nelle lotta fra le classi sostenendo gli interessi del proletariato, è fondamentale cogliere l’aspetto positivo (immediato e transitorio) per le classi lavoratrici, come non é da sottovalutare mai l’aspetto positivo per l’avversario di classe: frenare la mobilitazione sino a erodere e/o cancellare la loro ‘efficacia’.
Le riforme di quegli anni rappresentarono questo, risultando nel corso dei decenni compromessi a perdere. Ogni compromesso può essere nobile o traditore per le classi sfruttate, a seconda della comprensione e della trasformazione della realtà senza mai perdere di vista l’obiettivo generale.
Nei decenni, abbiamo assistito: all’erosione sino alla cancellazione delle conquiste e dei diritti degli anni ’60 e ’70, strappati con il sangue, i sacrifici, le lotte e le mobilitazione, in particolare nel biennio ’68-’69; alla devastazione di ogni diritto e tutela del lavoro da parte di padroni, manager e governi, con le complicità di sindacati, partiti e associazioni di regime, che hanno svenduto il patrimonio del movimento operaio e sindacale, a cominciare dalle controriforme sulle pensioni al dilagare del precariato, alla cancellazione dell’art.18 dello Statuto.
L’applicazione, oggi, dell’allora L.833/78 (SSN), avrebbe voluto dire affrontare in ben altro modo la stessa emergenza sanitaria da ‘coronavirus’, evitando la tragedia che ben conosciamo. Lo smantellamento di un servizio sanitario pubblico e nazionale e le privatizzazioni hanno pesantemente e gravemente “assistito” l’odierno massacro sociale, economico e politico.
Un disastro sanitario annunciato e denunciato, i crimini di un sistema fondato su un modo di produzione (capitalista) che subordina, fino ad annientare, la salute e la vita, la sicurezza e l’ambiente, sull’altare del profitto.
Le controriforme di questi ultimi decenni contro lavoratori e lavoratrici, precari, pensionati, disoccupati, giovani, sono state vere e proprie riforme favorevoli ai padroni e ai loro portaborse politici, istituzionali e sindacali.
Il padronato, il “partito” che assieme alle banche controlla i governi borghesi, che determina e decide le condizioni di lavoro e la vita di milioni di lavoratori e di proletari, ha sancito la sua legge: “gli operai debbono venire a produrre ricchezza nelle nostre imprese e poi rimanere rigorosamente a casa“.
L’autorità imposta del presente e la normalizzazione spietata del futuro sono già in atto; il capitale sfrutta il virus per un uso politico e strumentale della paura.
La storia, l’esperienza e la realtà, insegnano che difesa e conquiste hanno come presupposto, base e condizione, la coscienza, la mobilitazione, l’organizzazione della classe, e che l’offensiva e la lotta per un mondo migliore, per una società radicalmente diversa – quella socialista – necessitano in primissimo luogo dello strumento determinante per un processo rivoluzionario: il Partito comunista, senza il quale, anche la più gloriosa conquista, alla lunga, come dimostrato, si affievolisce sino a perdersi.
VIVA le lotte, gli scioperi e le mobilitazioni della classe operaia del ’68-’69!
VIVA le conquiste delle classi lavoratrici e delle masse popolari negli anni ’70!
VIVA le lotte del proletariato del 2020 per la difesa delle condizioni di sicurezza sul lavoro e la costruzione dell’Organizzazione comunista preparatoria al Partito!