Ci troviamo di fronte a un’operazione finanziaria con la quale uno dei più potenti gruppi farmaceutici a livello mondiale mira a sostituirsi, con la sua gestione, ai doveri dello Stato nella formazione dei medici e nella ristrutturazione del Sistema Sanitario Pubblico.
La “grande valenza strategica dell’industria del farmaco”, pubblicizzata dai firmatari dell’accordo, è indubbiamente un passo avanti nel contesto della nuova privatizzazione del Sistema Sanitario Pubblico, una privatizzazione che, per sua natura, non ha al centro le esigenze e i bisogni crescenti dei pazienti ma il proprio profitto d’impresa.
In questo particolare momento, con le emergenze che si sovrappongono in ambito sanitario, ci attenderemmo dallo Stato (e dalle sue più alte istituzioni locali) azioni tese al ripristino di un Sistema Sanitario Pubblico efficiente, al servizio dei cittadini e non l’abdicazione dei propri doveri istituzionali a favore di potenti lobby del farmaco.
La salute pubblica e la formazione dei medici non sono merce da immettere nei mercati finanziari in nome del Pil, ma fondamentalmente un diritto inalienabile e non monetizzabile. La ricerca e la medicina non possono sacrificare la propria indipendenza scientifica sull’altare dei finanziamenti privati.
Claudia Zuncheddu – Portavoce Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica