“Non c’è un problema in sé di fuga delle multinazionali dall’Italia e dal Mezzogiorno. Bisogna essere consapevoli che nel momento in cui presentano i loro piani di investimento agli azionisti, certe decisioni sono state già prese e finiscono per essere subìte da chi, come nel caso dell’Italia, ospita stabilimenti più periferici rispetto al cuore delle produzioni delle multinazionali. Per questo occorre un confronto continuo con queste società per conoscere e anticipare le loro strategie e non sederci al tavolo solo quando c’è una crisi. E’ chiaro che chi investe in Italia deve sapere che ci sono regole da rispettare e istituzioni serie che le faranno sempre rispettare”, spiega la Todde rispondendo alla domanda in merito al comportamento delle multinazionali in Italia.
“Dobbiamo ragionare in termini di filiere, distretti, di ecosistemi e non solo di singole aziende in difficoltà. E’ ovvio che ogni situazione va affrontata nella sua specificità, ma è prioritario individuare e sviluppare strumenti in grado di rafforzare le filiere. Servono modelli nuovi, in cui allearsi con i competitors, ad esempio, può diventare un’opportunità”, continua la Todde.
“Abbiamo gli strumenti per sostenere modelli aziendali sani ma in difficoltà, a partire dal fondo per le crisi aziendali o dai Contratti di sviluppo. Ma un conto è la gestione degli ammortizzatori sociali che non tocca al Mise, un altro è difendere chi, come i campioni di filiera, devono essere pronti a ripartire. La gestione delle crisi aziendali è strettamente correlata alle politiche industriali, proprio come ha ricordato il ministro Patuanelli a proposito dell’ex Ilva”, aggiunge la sottosegretaria 5stelle.
“Senza un approccio sistemico per la siderurgia come per la componentistica auto – conclude la Todde -, non si va da nessuna parte. Le filiere vanno riformate verso modelli più performanti, e magari vanno prese anche decisioni sulla loro strategicità”.