Se qualcuno ancora non aveva chiara la centralità della famiglia e il suo insostituibile ruolo nelle dinamiche dell’antropologia umana, se n’è potuto accorgere durante questi mesi di quarantena dovuti alla pandemia del Coronavirus.
Un baluardo per i più piccoli
Le famiglie sono state, allo stesso tempo, scuola, ospedale, psicologo, assistenza informatica, ammortizzatore sociale, ludoteca, mensa, servizio di accompagno per i più fragili e di nido per i più piccoli.
Quel nucleo pre-politico, riconosciuto e non istituito dalla nostra Costituzione, è stato l’unico vero motore che ha permesso e ancora permette al sistema Paese di tenere botta durante la più grande crisi economica degli ultimi cento anni.
Madri e padri di tutta Italia hanno fatto i salti mortali per riuscire ad accudire i loro figli, a tutelare la salute dei loro genitori e a salvaguardare, con le unghie e con i denti, le loro occupazioni.
Non meno importante lo sforzo fatto da molti nonni che, non solo hanno rinunciato, per due lunghissimi mesi, a vedere i loro affetti, ma spesso e volentieri hanno mantenuto intere famiglie di figli finite sul lastrico.
Famiglia: un luogo unico
Non solo soldi, alimenti e medicine, le famiglie sono state e restano l’unico luogo che ha assorbito e lenito ansie, frustrazioni, paure e debolezze di tante persone che sono state messe alla prova dalle conseguenze dell’epidemia.
Il divieto di celebrare le Messe con il popolo e la chiusura di tutte le attività liturgiche e pastorali hanno poi reso la famiglia l’unica centrale di trasmissione della fede.
Tanti genitori hanno in qualche modo esercitato quel ministero che gli è proprio in forza del sacerdozio battesimale. Tante persone di ogni età sono state segno di consolazione e misericordia quasi sacramentale presso i loro parenti malati che non potevano essere raggiunti dai ministri ordinari.
Un grido ignorato
Insomma la famiglia è stata ed è tutto questo e, una situazione che non ha precedenti per le ultime generazioni, ha consentito che l’intera società tornasse a riconoscerne il valore e il primato educativo.
Eppure in questa Giornata Internazionale della famiglia non riusciamo a non pensare alle tante mortificazioni che sono costrette a subire le famiglie italiane sia sul piano culturale sia sul piano socio-economico. Le famiglie sono infatti stanche, preoccupate, provate e impoverite.
Il loro grido sembra essere ignorato tanto dalle istituzioni quanto dai grandi media che non mettono mai a fuoco le istanze di bambini, genitori e nonni. Basta pensare che nelle bozze del decreto “Rilancia Italia” di maggio la parola famiglia appare solo cinque volte in oltre 400 pagine.
Tra le disposizioni urgenti appaiono solo il congedo partale pagato al 50%, qualche bonus per i centri estivi e per il servizio di baby sitting. Nessun assegno per i figli a carico e nessun aiuto alla disoccupazione di dipendenti e autonomi modulato in base alla grandezza del nucleo famigliare.
Fare figli, crescerli ed educarli, in Italia resta un fatto relegato al privato e non qualcosa che concorre più di tutte le altre alla formazione del bene comune e del futuro benessere della società.
Quadro deteriorato
Non è un caso che tutte le associazioni familiari giudicano come “inadeguate” le misure del governo. Nessuna delle proposte avanzate dal Family Day e dal Forum della Famiglie ha trovato accoglienza nel decreto.
Lo stesso ministro per la Famiglia Elena Bonetti, che ha tessuto un fitto dialogo con le sigle pro-family, ha definito “insufficienti” i provvedimenti dell’esecutivo che:
“Non le ha dato ascolto”.
In questa cornice irrompe poi la vicenda degli oltre 60 neonati, acquistati tramite utero in affitto, che giacciono nell’Hotel Venezia a Kiev, perché le coppie committenti non possono andare a prenderli a causa della chiusura delle frontiere.
Tra questi bambini ce ne sono sei commissionati da coppi italiane. Il desiderio di un figlio ad ogni costo porta a questo mercimonio di corpi, ovuli e uteri che riduce il neonato a un prodotto e la madre a una gestante sotto contratto.
Dunque la quarantena ha fermato la scuola, il lavoro e le amicizie ma non gli attacchi alla famiglia, che con la crisi economica rischia di diventare ancora più povera ma anche più esposta a quelle che Papa Francesco chiama colonizzazioni ideologiche.
Mai come in questa Giornata dobbiamo quindi affermare che se non si rimette al centro la famiglia non ci sarà alcuna ripresa morale e materiale.
Di Marco Guerra (Interris.it)