Quasi la metà degli intervistati denuncia un calo dell’attività lavorativa, il 10% è fermo. Una crisi senza precedenti di cui non è possibile predire le ricadute.
È il quadro rappresentato dallo studio fatto dal Centro Studi dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Cagliari nel mese di aprile su un campione di 561 ingegneri da tutta l’ex provincia di Cagliari, in maggioranza liberi professionisti del settore edile con un’anzianità di iscrizione all’albo tra i 10 e i 20 anni.
«La categoria è in difficoltà ma non si abbatte – spiega il presidente del Centro Studi OIC Gianfranco Fancello –. Dalle risposte alle domande che riguardano il futuro si può cogliere un generale senso di ottimismo, considerando che il 58% del campione o non è preoccupato o è preoccupato ma ritiene che ci si possa riprendere, anche se, quasi la metà dei partecipanti allo studio (47%) ritiene che gli effetti sull’attività possano durare non meno di un anno».
Le spese per il lavoro, infatti, non hanno fatto registrare un aumento per la generalità degli ingegneri coinvolti nello studio, e questo non è certamente un dato positivo: secondo il 49,73% degli intervistati, infatti, stante la diminuzione dell’attività registrata, sarà possibile andare avanti in questo modo massimo per altri 2-3 mesi. Il 21,39% è meno ottimista e considera di un mese l’orizzonte temporale sostenibile. Solo il 13,9% dichiara di poter tirare avanti in queste condizioni anche dopo un anno.
«È chiara la necessità di ripartire il prima possibile, con le tutte cautele per tutelare la salute e la sicurezza – dice il presidente OIC Sandro Catta –. Durante la fase acuta della quarantena, oltre il 40% dei colleghi intervistati ha dovuto interrompere del tutto l’attività nei cantieri, chiusi non solo perché classificati come non necessari, ma soprattutto perché era impossibile garantire la sicurezza dei lavoratori vista la carenza di Dispositivi di protezione personale adeguati».
Nei cantieri, la mancanza di mascherine, guanti e visiere è una delle principali criticità riscontrate, alla quale è indispensabile porre rimedio immediatamente. Ma c’è anche un’altra criticità importante che riguarda il reperimento delle materie prime e l’approvvigionamento dei materiali da costruzione non prodotti in Sardegna.
«È una delle opportunità della Crisi – continua Catta – dal momento che si potrebbero incentivare forniture di prossimità (km zero), l’uso e il riutilizzo di materiali già disponibili».
Tra le opportunità individuate dagli intervistati c’è anche lo sviluppo dello smart working e delle piattaforme ICT che potrebbero portare a uno snellimento delle procedure sia nel settore pubblico che nel privato. Durante il periodo di quarantena il lavoro da casa è diventato prevalente (55,08%), solo una minoranza porta avanti la sua attività nella sede abituale, ma per tutti sono gli strumenti virtuali ad essersi fatti spazio al centro delle giornate lavorative. Dalle videochiamate alle app per la chat, senza dimenticare il telefono: per mantenere il distanziamento sociale ma proseguire nel lavoro vengono utilizzati e combinati tra loro differenti sistemi già da tempo presenti negli uffici, lo testimonia il fatto che il 90% degli intervistati non ha dovuto acquistare nuovi dispositivi.