“Quell’uomo non avrebbe dovuto morire. Essere un nero in America non dovrebbe essere una sentenza di morte”, queste le parole del sindaco della città Jacob Frey.
Ma non è stato così per la vittima e per tanti altri. Fatal Encounters, un sito americano fondato dal giornalista D. Brian Burghart nel 2000, ha raccolto gli estremi di oltre 26.000 uccisioni effettuate dalla polizia statunitense dal 1° gennaio 2000 ad oggi. Moltissime le vittime di colore.
George Floyd aveva 46 anni, era un afroamericano di Houston, viveva in un sobborgo di Minneapolis da quando aveva 5 anni. Lavorava in un ristorante adesso chiuso a causa del lockdown e cercava un nuovo lavoro in attesa della riapertura.
Secondo le ricostruzioni alcuni agenti sono stati allertati della presenza di un uomo seduto su un’auto che sembrava sotto l’effetto di sostanze stupefacenti al quale è stato chiesto di scendere dalla vettura. Ciò che accade in seguito è tristemente simile al caso di Eric Garner, un afroamericano di New York che morì soffocato mentre veniva arrestato, o a quello di Philando Castile, un giovane nero ucciso da un agente nel 2016 vicino a Minneapolis mentre era in macchina con la fidanzata e la figlia.
Sì, certo, forse erano tutte persone che avevano commesso reati, ma chiunque si macchi di un crimine ha il diritto di avere un giusto processo e non deve morire su un marciapiede soffocato dal ginocchio di un altro uomo.
Un episodio che turba il mondo ancora scosso dalla pandemia. In Minnesota, le persone scendono in piazza, tutte uguali con indosso la mascherina per proteggersi dal SarsCov 2 e, indipendentemente dal colore della pelle, chiedono giustizia per George Floyd, vittima di una violenza e di una prevaricazione tali da essere una vera e propria minaccia a tutta la società.
Razzismo? Sì.
In questo caso sì.
Perché premere il ginocchio sul collo di un uomo indifeso che ti chiede solo di poter respirare mentre i tuoi colleghi stanno a guardare senza fare o dire niente, non si giustifica in alcun modo, se non con un termine che riporta al pregiudizio e all’odio.
Questa vicenda, destinata a rendere ancora più manifesto l’enorme divario tra cultura bianca e cultura nera, inevitabilmente ci scuote dentro, ci fa riflettere, giudicare e condannare. Tuttavia, non può e non deve oscurare il lavoro svolto in modo professionale e giusto dalla stragrande maggioranza dei poliziotti in America così come in tutto il mondo.
Ma poi… Sorge spontanea una domanda: se dovessimo svegliarci in una realtà in cui abbiamo tutti lo stesso colore della pelle, lo stesso credo, la stessa etnia, riusciremmo a trovare comunque un modo per discriminare l’altro?
Sabrina Cau