- All’inizio come hai vissuto la questione epidemiologica? Quali sono stati i primi cambiamenti e situazioni con i quali ti sei imbattuta?
Le prime cose sono state sicuramente le abitudini, a partire dall’andare al bar, per esempio: come routine ho sempre consumato la colazione al bar ed in particolare al banco; con l’inizio dell’emergenza ciò non era più concesso: non solo dovevo consumare al tavolino bensì i camerieri dovevano rispettare le misure di distanziamento e portare i guanti, cose magari banali se confrontate con l’insieme, ma pur sempre cambiamenti. In ambiente lavorativo è stato sicuramente difficile far rispettare le regole imposte ai clienti mentre anche noi, titolari e personale, cercavamo di adattarci alla nuova situazione.
- Dall’8 marzo, e quindi dall’inizio dello stato di emergenza, ad oggi cosa è cambiato per quanto riguarda il tuo lavoro e la tua vita?
Per quanto riguarda il lavoro, ci siamo dovuti adattare: procedure diverse e una nuova modalità di rapporto con i clienti, per poter rispettare e, soprattutto, far rispettare le misure di distanziamento e contenimento del contagio.
A livello personale posso dire che certamente mi ha preoccupato la mancanza di libertà, il non poter uscire di casa se non per motivi validi e motivati: mi sentivo come se fossi agli arresti domiciliari, senza poter fare quello che volevo, senza poter decidere.
- Per quanto riguarda l’aspetto economico, hai avuto paura che la tua attività potesse risentire della situazione e che si presentasse la necessità di chiudere?
Non ho temuto una possibile chiusura, poiché trattando beni di prima necessità era remota la possibilità di dover chiudere completamente; d’altro canto, invece, c’è stata la paura di ripercussione a livello economico ed effettivamente ho vissuto un calo nel fatturato, all’inizio, a causa soprattutto del blocco del settore bar/ristorazione.
In seguito la situazione è andata migliorando, soprattutto grazie all’integrazione del lavoro in negozio con le consegne a domicilio per privati, un servizio che, tra l’altro, sono l’unica del mio settore ad offrire. Quindi anche chi non era mio cliente prima, lo è diventato in seguito; Si è creato perciò un equilibrio tra un servizio più esteso e intenso, l’aumento dei clienti e l’adattamento costante all’emergenza sanitaria.
- Potevi chiudere e non correre rischi, come è successo per altre attività simili alla tua, ma hai deciso di tenere aperto e di adattarti alla situazione: come mai questa decisione?
Ho deciso di tenere aperto prima di tutto per garantire il servizio e, cosa più importante, perché contrariamente a molti miei colleghi avevo già i mezzi per portarlo avanti, considerato che già da prima offrivo il servizio a domicilio, un grande vantaggio; perciò ho ”semplicemente” dovuto adattarlo alla nuova situazione. Un aspetto molto importante è stato, d’altronde, il fatto di non capire esattamente quale fosse la gravità dell’emergenza, e questo ha significato, per molti, paura ed incertezza nel momento di decidere se tenere o meno aperta la propria attività.
- Non bisogna di certo sottovalutare la questione psicologica: durante questi due mesi hai dovuto affrontare situazioni di tensione e di timore?
Si, ho dovuto: innanzitutto lavori in condizioni particolari, in quanto hai paura, sia per te stesso che per gli altri, e soprattutto per il tuo personale: durante le consegne a domicilio, d’altronde, non sapevi chi avevi di fronte e che pericolo potessi realmente correre.
Inoltre, lavorare maggiormente con le consegne ha significato dover avere a che fare con i clienti per via telefonica. Non avere il cliente di fronte ha comportato un rallentamento del lavoro a cui si è dovuta trovare una rapida soluzione. Insomma, diventa tutto molto più complicato: assorbi e sviluppi, ogni giorno, un quantitativo di stress psicologico non indifferente. Oltre tutto, molte persone non capivano la gravità della situazione: oltre al lavoro si è dovuto, e si deve, “lottare” con una sorta di scetticismo e/o noncuranza che ha reso e rende il tutto ancora più pesante.
- Un’ultima domanda: con l’avvio della fase due, e quindi una ripresa graduale delle attività, cosa pensi che accadrà d’ora in avanti?
Non si capisce cosa succederà d’ora in avanti in realtà; sicuramente, almeno per quanto mi riguarda, non si tornerà alla normalità “di prima” ma si creerà una nuova normalità, sia a livello lavorativo che personale.
Non sarà facile dimenticare questo lungo periodo e credo che nessuno di noi sarà più la stessa persona. I cambiamenti e le situazioni che tutti noi abbiamo dovuto affrontare – e stiamo affrontando – hanno, senza dubbio, modificato ogni aspetto della nostra vita.