Lo spirito della nostra lettera ha finalità puramente costruttive e riteniamo che, da un possibile confronto con i genitori, possano scaturire progetti sostenibili con una ricaduta positiva in termini di tutela della saluta e di educazione della popolazione alle nuove regole di socializzazione basate sul distanziamento, proprio partendo dai bambini.
In attesa di un gentile riscontro, vi invio cordiali saluti.
Teresa Zolfino
Progettualità pilota nella scuola
Alla cortese attenzione del Presidente della Regione Sardegna Dr Cristian Solinas
Caro signor presidente chi le scrive è un gruppo di genitori di bimbi in età scolare. Ci rivolgiamo a lei per chiedere come mai la Sardegna, con una situazione epidemiologica così favorevole, relativamente al COVID- 19, non ha chiesto al governo centrale di poter anticipare il rientro a scuola almeno per le classi conclusive di un ciclo (5° elementare e 3° media) anche solo su base volontaria e, soprattutto, come banco di prova per il prossimo anno scolastico, continuando a garantire la didattica a distanza per i bimbi immunologicamente più fragili.
La Regione Sardegna ha chiesto di poter anticipare i tempi per la ripresa delle varie attività economiche. Scelta comprensibile al fine di limitare i danni economici dell’isola. Ci chiediamo perché altrettanta attenzione non sia stata prestata alla scuola e ai bambini proprio forti della situazione relativamente sicura della nostra isola. Forse perché il danno subito dai nostri figli, sia in termini di didattica che in termini psicologici, non è quantificabile in termini monetari?
Tutti noi cittadini del mondo abbiamo vissuto questi ultimi mesi attanagliati dall’ansia nei confronti di un virus che, in pochissimo tempo, ha messo in ginocchio intere nazioni ed ha tolto la vita ad un numero indicibile di persone. Tutti abbiamo condiviso, accettato e seguito le regole del lockdown, intimamente convinti che fosse la soluzione ottimale per limitare i danni.
E così è stato. Ma ora che i fatti ci dicono che non tutte le aree geografiche hanno subito la stessa devastazione ci chiediamo se davvero sia utilecontinuare a privare i nostri figli della “scuola in presenza”. La didattica a distanza è stata una insostituibile alternativa in un momento di emergenza sanitaria. Ma non può essere perpetuata ad oltranza.
Anche le classi più virtuose, con le maestre più pronte ad adeguarsi a questa nuova modalità e rivolte ad alunni modello in termini di impegno, hanno assistito comunque ad un impoverimento didattico. La DAD accentua il divario fra chi ha dispositivi tecnologici adeguati e chi no, fra chi ha genitori disposti a colmare le lacune della DAD e chi no, fra chi ha genitori che pur volendo essere disponibili non possono dedicare adeguato tempo poiché impegnati con lo smart working o addirittura assenti perché costretti a recarsi sul posto di lavoro e chi no.
Parallelamente alla enorme perdita didattica viaggia la perdita in termini di “dimensione sociale”. Molti bambini o ragazzi si sono adeguati all’isolamento perdendo interesse alla comunicazione con i propri coetanei, preferendo un film o, peggio, il videogioco alla videochiamata con gli amici. La non riapertura delle scuole mette in difficoltà i genitori che hanno ripreso a lavorare.
La scelta è fra l’andare a lavoro e trovare una baby sitter (come se tutti si conosca improvvisamente persone a cui affidare i propri figli) baby sitter che fra l’altro, a seconda della professione del genitore, dovrebbe adattarsi a turni variabili e pagata con i famosi 600 euro elargiti dal governo (ma davvero una baby sitter a tempo piena costa così poco?), oppure usufruire del congedo parentale esteso a 15 giorni ma con dimezzamento della busta paga (ma davvero un lavoratore con reddito italiano medio può permettersi una tale riduzione di stipendio?).
Allora la scelta diventa obbligata e va a coinvolgere proprio la categoria che maggiormente dovrebbe essere tutelata: i nonni
Una risposta alla nostra domanda potrebbe essere che far tornare i bambini sui banchi di scuola creerebbe una situazione di possibile ripresa dei contagi. Ma davvero è così? Perché se così fosse, come mai molti paesi europei hanno già riaperto le scuole? E perché anche in Italia sono già state avviate riaperture di alcune scuole seppure sotto forma di “progetto pilota” proprio in zone epidemiologicamente più critiche?
Come genitori, guidati dall’intuito e dal buon senso ma anche supportati da diverse, ormai, pubblicazioni scientifiche, forse sbagliamo a ritenere che, adottando alcuni accorgimenti, non sarebbe così rischioso, in una realtà come la nostra, far rientrare in aula i nostri figli? Noi riteniamo possa essere addirittura più sicuro rispetto al gioco libero al parco o nelle piazze di quartiere dove, ultimamente, già si vedono ricostituire piccole bande di bambini o, peggio, adolescenti , questi ultimi assolutamente fuori dal controllo genitoriale e, purtroppo, noncuranti delle regole di distanziamento richieste.
Se è vero che scuola e famiglia lavorano in sinergia nell’educare il cittadino del domani, riteniamo che anche questa sia un’occasione per farlo. Gli esperti ci dicono che dovremo convivere con il Coronavirus non si sa per quanto ma di sicuro nell’immediato futuro. Tutti dunque, bambini compresi, dobbiamo imparare a rapportarci agli altri secondo nuove regole di distanziamento. La scuola, da sempre palestra di socializzazione, deve dare il suo prezioso contributo anche in questo.
Caro sig. Presidente, forse ci risponderà che in realtà ai bambini state già pensando ma, se è così, non ci appare esattamente chiaro il come, oppure ci potrà obiettare che ci siamo “svegliati” troppo tardi. Forse si, ma lo abbiamo fatto nella speranza che le istituzioni competenti lo facessero per noi.
E comunque, se è vero che l’anno scolastico volge al termine è anche vero che le insegnanti sono in servizio sino al 30 giugno e magari sarebbero ben felici di poter salutare per l’ultima volta i bambini che hanno visto crescere, che hanno educato e preparato all’esperienza nuova che si accingono ad iniziare, maestre (in questo caso i riferimenti sono alle nostre speciali maestre) che in questo momento così unico nella storia di ognuno di noi, si sono adoperate per non far sentire soli i nostri figli, mai, neppure un giorno e, siamo certe, hanno lavorato mille volte di più rispetto ai tempi di non pandemia proprio nel loro interesse.
Con la presente si vuole sostenere anche la petizione del Dr Luca Pisano http://chng.it/MbtDnmhT
Segue un breve elenco di alcuni fra i genitori che condividono i contenuti della lettera Teresa Zolfino
Mariangela Carta, Raffaella Vedele, Rita Piquereddu, Cristina Scotti, Paola Piras, Emanuela Senes, Consuelo Cardinale, Duilio Caocci, Luchino Chessa, Valentina Relli, Antonella Balestrieri,Ottavio Boi, Giusy Cariello, Silvia Angioni, Francesca Serra, Laura Lavra, Dessì Annapaola, Carrus Silvia.
Alla cortese attenzione del Presidente Cristian Solinas
Progettualità pilota nella scuola
Alla cortese attenzione del Sindaco di Cagliari Dr Paolo Truzzu e dell’Assessore degli Affari Generali, Pubblica Istruzione, Politiche Universitarie e del Diritto allo Studio, Politiche Giovanili e Pari Opportunità, Avv. Rita Dedola.
Cari signor Sindaco Paolo Truzzu e signora Assessora Rita Dedola, chi vi scrive è un gruppo di genitori di bimbi in età scolare. Ci rivolgiamo a voi per chiedere come mai la Sardegna, con una situazione epidemiologica così favorevole, relativamente al COVID-19, non ha chiesto al governo centrale di poter anticipare il rientro a scuola almeno per le classi conclusive di un ciclo (5° elementare e 3° media) anche solo su base volontaria e, soprattutto, come banco di prova per il prossimo anno scolastico, continuando a garantire la didattica a distanza per i bimbi immunologicamente più fragili.
La Regione Sardegna ha chiesto di poter anticipare i tempi per la ripresa delle varie attività economiche. Scelta comprensibile al fine di limitare i danni economici dell’isola. Ci chiediamo perché altrettanta attenzione non sia stata prestata alla scuola e ai bambini proprio forti della situazione relativamente sicura della nostra isola. Forse perché il danno subito dai nostri figli, sia in termini di didattica che in termini psicologici, non è quantificabile in termini monetari?
Tutti noi cittadini del mondo abbiamo vissuto questi ultimi mesi attanagliati dall’ansia nei confronti di un virus che, in pochissimo tempo, ha messo in ginocchio intere nazioni ed ha tolto la vita ad un numero indicibile di persone. Tutti abbiamo condiviso, accettato e seguito le regole del lockdown, intimamente convinti che fosse la soluzione ottimale per limitare i danni. E così è stato. Ma ora che i fatti ci dicono che non tutte le aree geografiche hanno subito la stessa devastazione ci chiediamo se davvero sia utile continuare a privare i nostri figli della “scuola in presenza”. La didattica a distanza è stata una insostituibile alternativa in un momento di emergenza sanitaria. Ma non può essere perpetuata ad oltranza.
Anche le classi più virtuose, con le maestre più pronte ad adeguarsi a questa nuova modalità e rivolte ad alunni modello in termini di impegno, hanno assistito comunque ad un impoverimento didattico. La DAD accentua il divario fra chi ha dispositivi tecnologici adeguati e chi no, fra chi ha genitori disposti a colmare le lacune della DAD e chi no, fra chi ha genitori che pur volendo essere disponibili non possono dedicare adeguato tempo poiché impegnati con lo smart working o addirittura assenti perché costretti a recarsi sul posto di lavoro e chi no.
Parallelamente alla enorme perdita didattica viaggia la perdita in termini di “dimensione sociale”. Molti bambini o ragazzi si sono adeguati all’isolamento perdendo interesse alla comunicazione con i propri coetanei, preferendo un film o, peggio, il videogioco alla videochiamata con gli amici. La non riapertura delle scuole mette in difficoltà i genitori che hanno ripreso a lavorare.
La scelta è fra l’andare a lavoro e trovare una baby sitter (come se tutti si conosca improvvisamente persone a cui affidare i propri figli) baby sitter che fra l’altro, a seconda della professione del genitore, dovrebbe adattarsi a turni variabili e pagata con i famosi 600 euro elargiti dal governo (ma davvero una baby sitter a tempo piena costa così poco?), oppure usufruire del congedo parentale esteso a 15 giorni ma con dimezzamento della busta paga (ma davvero un lavoratore con reddito italiano medio può permettersi una tale riduzione di stipendio?).
Allora la scelta diventa obbligata e va a coinvolgere proprio la categoria che maggiormente dovrebbe essere tutelata: i nonni. Una risposta alla nostra domanda potrebbe essere che far tornare i bambini sui banchi di scuola creerebbe una situazione di possibile ripresa dei contagi. Ma davvero è così? Perché se così fosse, come mai molti paesi europei hanno già riaperto le scuole? E perché anche in Italia sono già state avviate riaperture di alcune scuole seppure sotto forma di “progetto pilota” proprio in zone epidemiologicamente più critiche?
Come genitori, guidati dall’intuito e dal buon senso ma anche supportati da diverse, ormai, pubblicazioni scientifiche, forse sbagliamo a ritenere che, adottando alcuni accorgimenti, non sarebbe così rischioso, in una realtà come la nostra, far rientrare in aula i nostri figli? Noi riteniamo possa essere addirittura più sicuro rispetto al gioco libero al parco o nelle piazze di quartiere dove, ultimamente, già si vedono ricostituire piccole bande di bambini o, peggio, adolescenti , questi ultimi assolutamente fuori dal controllo genitoriale e, purtroppo, noncuranti delle regole di distanziamento richieste.
Se è vero che scuola e famiglia lavorano in sinergia nell’educare il cittadino del domani, riteniamo che anche questa sia un’occasione per farlo. Gli esperti ci dicono che dovremo convivere con il Coronavirus non si sa per quanto ma di sicuro nell’immediato futuro. Tutti dunque, bambini compresi, dobbiamo imparare a rapportarci agli altri secondo nuove regole di distanziamento. La scuola, da sempre palestra di socializzazione, deve dare il suo prezioso contributo anche in questo.
Cari sig. Sindaco e signora Assessora, forse ci risponderete che in realtà ai bambini state già pensando ma, se è così, non ci appare esattamente chiaro il come, oppure ci si potrà obiettare che ci siamo “svegliati” troppo tardi. Forse si, ma lo abbiamo fatto nella speranza che le istituzioni competenti lo facessero per noi.
E comunque, se è vero che l’anno scolastico volge al termine è anche vero che le insegnanti sono in servizio sino al 30 giugno e magari sarebbero ben felici di poter salutare per l’ultima volta i bambini che hanno visto crescere, che hanno educato e preparato all’esperienza nuova che si accingono ad iniziare, maestre (in questo caso i riferimenti sono alle nostre speciali maestre) che in questo momento così unico nella storia di ognuno di noi, si sono adoperate per non far sentire soli i nostri figli, mai, neppure un giorno e, siamo certe, hanno lavorato mille volte di più rispetto ai tempi di non pandemia proprio nel loro interesse.
Con la presente si vuole sostenere anche la petizione del Dr Luca Pisano http://chng.it/MbtDnmhT
Mariangela Carta, Raffaella Vedele, Rita Piquereddu, Cristina Scotti, Paola Piras, Emanuela Senes, Consuelo Cardinale, Duilio Caocci, Luchino Chessa, Valentina Relli, Antonella Balestrieri,Ottavio Boi, Giusy Cariello, Silvia Angioni, Francesca Serra, Laura Lavra, Dessì Annapaola, Carrus Silvia.
Alla cortese attenzione del Sindaco di Cagliari e dell’Assessore Rita Dedola