“Le scarcerazioni che in questo periodo sono venute alla ribalta, di personaggi di alta caratura criminale, alcuni al 41bis, al di là di ogni sterile polemica politica, impongono una riflessione, e cioè che lo Stato, attraverso il funzionamento di un settore così importante, parla ai cittadini e rende un preciso messaggio. E il messaggio che sta passando è devastante, soprattutto laddove si addensa il dubbio di ritardi e malfunzionamenti”.
E’ quanto afferma Valter Mazzetti, Segretario Generale dell’Fsp Polizia di Stato, che aggiunge: “Nei fatti, si ottiene l’effetto di ridicolizzare la risposta dello Stato di fronte alla ferocia senza eguali di certi soggetti, che hanno stravolto l’esistenza di tante famiglie, degli italiani, del Paese, versando fiumi di sangue di suoi servitori. Da persone che vivono per la divisa e per la legalità ci chiediamo, ancora una volta, quanto conti la dignità e il rispetto di vedove e orfani. Ci chiediamo cosa significhi certezza della pena. Cosa voglia dire, in concreto, la riprovazione sociale commisurata al danno causato dalla ferocia altrui. Al di là di questioni tecniche redatte a tavolino, e soprattutto inorriditi di fronte all’ipotesi che certi criminali escano perché non si è fatto per tempo tutto il necessario, ci chiediamo come si possa far comprendere alla gente che consentire a un mafioso al 41bis di lasciare il regime predisposto proprio perché lui è considerato pericoloso sia una cosa giusta. Appare come l’ennesima crepa in un sistema che ha bisogno della condivisione del cittadino per funzionare, e che per ottenerla non dovrebbe discostarsi da reali principi di equità. Se noi li prendiamo e tornano fuori, come si dice; se vengono condannati ma non scontano le loro pene; se sterminano degli innocenti ma lasciano il carcere; allora tutti dovrebbero andare a casa”.
“Da tutto questo certamente emerge – conclude Mazzetti – la necessità che il Dap predisponga una sezione dedicata alla gestione delle pratiche di determinati detenuti di estrema pericolosità con priorità assoluta, perché l’ordinamento stabilisce i modi per tenerli in regime carcerario fronteggiando ogni loro necessità, ed è questo che va fatto, non mandarli a casa”.