Il 2 giugno non è solo il ricordo del Referendum Costituzionale, ma soprattutto il ricordo di un percorso di storia che ha portato a quel momento.
Per ricordare quel periodo Interris.it ricorda il dottor Luigi Briganti con il figlio Professor Vito Briganti.
Il 2 giugno 1946 fu un momento di svolta per gli italiani che furono chiamati a scegliere tra monarchia e repubblica. Dopo il regno dei Savoia, la parentesi del fascismo e la Seconda guerra mondiale, quel referendum istituzionale fu un momento di svolta per il Paese.
Il 54,3% degli elettori scelse la repubblica, dando vita all’Italia come la conosciamo oggi. Dall’anno successivo al referendum, il 2 giugno si celebra la Festa della Repubblica con eventi e ricorrenze in tutta la penisola.
Tante le persone che hanno dato la vita durante la prima e la seconda guerra mondiale prima che l’Italia diventasse una Repubblica, un sogno lungo anni, che ha visto la sua concretizzazione solo nel 1946, frutto dei sogni di uomini e donne che hanno tanto atteso quel momento.
Luigi Briganti si dirige verso il patibolo, non sa che di lì a poco gli amici lo avrebbero salvato, marzo 1944
Un uomo della Patria
Tra questi c’era Luigi Briganti nato a Lentini il 24 aprile 1924 da una famiglia contadina. Luigi fu un uomo in cui i valori dell’altruismo e della generosità rappresentarono le colonne portanti della vita. Fu chiamato alle armi nel maggio del 1943 per essere inviato come recluta al 64° reggimento fanteria di stanza ad Ivrea. Luigi Briganti, morto il 5 aprile del 2006, è stato un esempio veramente luminoso di assoluta dedizione, tenacia e completo sprezzo della vita e per il due giugno Interris.it ha incontrato il figlio, Professore Vito Briganti, primario di chirurgia pediatrica dell’Ospedale San Camillo di Roma.
Suo padre durante la guerra prese il nome di “Fortunello” perché?
“Forse lo aiutò la fede, o forse era l’altruismo che inconsciamente gli veniva ricambiato ma tante furono le volte in cui mio padre riuscì a scampare la morte durante la guerra e da qui il nome ‘Fortunello’. Uno degli episodi più toccanti risale al periodo in cui decise di arruolarsi nella 19° brigata Garibaldi comandata da Giuseppe Rigola ‘Rino’ diventando Comandante di distaccamento di una formazione partigiana.
Nel marzo del 1944 fu catturato una prima volta in seguito ad un combattimento nei pressi di Casale Monferrato, torturato e condannato a morte e, poi, fortunosamente salvato dai suoi stessi compagni di guerra.
Durante quella notte scrisse una straziante lettera di addio ai genitori in cui sottolineava il suo attaccamento alla patria ‘Dò i miei 19 anni alla Patria e cadrò contento per questa nostra Italia di martiri e di eroi, sicuro che in un domani ritornerà la libertà’ scrive. Rientrato a pieno ritmo nella lotta partigiana, nel febbraio del 1945 venne nuovamente arrestato e condannato a morte. Sarà salvato grazie ad uno scambio di prigionieri e continuerà la lotta con la 42° brigata ‘Vittorio Lusani’ fino alla liberazione.
La lettera che Luigi Briganti scrisse ai genitori la sera prima di dover essere giustiziato
Suo padre ha visto quindi la luce del dopo guerra, cos’è successo in quegli anni?
“Rientrato a Lentini, papà decide di riprendere gli studi e grazie all’appoggio economico di Enrico Mattei e dei legami di solidarietà che uniscono i partigiani cattolici che a lui fanno capo, nel 1957 si laurea in Medicina all’Università degli studi di Catania.
Negli anni ha ricevuto diverse onorificenze tra cui la decorazione di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana, conferitagli nel 1979 dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, la cittadinanza onoraria di Casale Monferrato (1983) e la medaglia d’oro al valor militare (1959)”.
Quanto ha influito un trascorso così importante nella vita di suo padre?
“Sembra che chiunque affronti la guerra si porti dietro reminiscenze e ricordi terribili per tutta la vita. Si tratta di un post trauma da guerra, e chiunque abbia vissuto un’esperienza del genere non può dimenticarlo fino all’ultimo giorno della sua esistenza.
Questo però per lui è stato un elemento di forza in quanto hanno inciso tanto dal punto di vista umano sulla figura di mio padre. Certi aspetti della sua vita quando ero ragazzo neanche le capivo, cominciando invece ad apprezzarle con la crescita, in quanto lui studiava molto la concretizzazione delle cure e la medicina sociale. Lui non ha mai voluto fare attività privata perché dopo essere stato povero e uomo di guerra ha sempre preferito aiutare gli altri.
Ha sempre visitato i suoi pazienti senza pretendere nulla. Da qui un esempio di altruismo che poi pochi hanno messo in pratica, mio padre veniva dalla povertà e capiva cosa significasse non avere i soldi neanche per curarsi. Mio padre ha aiutato ed è stato aiutato, e questa cosa lui non l’ha mai dimenticata”.
Quali sono stati i principali insegnamenti ed i valori che le ha trasmesso suo padre?
“Gli insegnamenti di mio pasre sono valori eterni: l’amore e la lealtà nei confronti del prossimo! Questi sono valori che rappresentano una sicurezza per il futuro. Valori che non possono cambiare e spero che rimangano tali. Non si parla di nazionalismo, non si tratta di essere antichi o moderni, ma semplicemente di fare fino alla fine e in fondo il proprio dovere. Questo era quello che ha sempre fatto mio, e questo è quello che ho fatto io e che oggi insegno ai miei figli”.
Grazie anche a persone come suo padre che tanto hanno lottato per l’unione nazionale, l’Italia si presenta così come la viviamo. Se il due giugno del 1946 si è arrivati ad un Referendum Costituzionale che ha visto menire meno la Monarchia è stato anche grazie al sogno di tanti repubblicani che hanno combattuto affinché tutto questo diventasse realtà. Cosa insegna Luigi Briganti, con il suo vissuto, alle generazioni odierne e future?
“Quello che diceva sempre mio padre e che continuo a dire anche io è che la nazione non ha bisogno di eroi. Gli uomini non sono eroi, i medici non sono eroi, i soldati non sono eroi, è una nazione che ha bisogno solo di uomini che facciano il proprio dovere.
Lui era un forte repubblicano, era convinto che la repubblica fosse l’unica forma di governo per una nazione libera in cui tutti gli uomini potessero anche avere la chance di diventare presidenti. Per lui un giorno di festa era il 25 aprile, in quel giorno festeggiava anche il suo compleanno – tenga presente che lui era nato il 24 aprile ed era un rito festeggiare il 25 aprile -.
In quel giorno, soprattutto durante gli anni ’70, l’ho accompagnato tantissime volte alle parate del due giugno e avevamo sempre un posto d’onore sugli spalti. Il mio ricordo è proprio quello di una Roma dolce, del tempo trascorso con lui e con chi l’aveva pensata come lui. In quegli anni c’erano ancora alcuni sopravvissuti della prima e della seconda guerra mondiale.
Mio padre in quell’occasione ripeteva sempre ‘vi abbiamo consegnato una nazione pulita dopo la guerra, adesso tocca a voi mantenerla tale e renderla efficiente’ anche se lui non era un costituente, ma un uomo che tornato dalla guerra ebbe la fortuna di incontrare Enrico Matei che gli pagò gli studi, per studiare medicina. Papà non ha mai fatto il politi, ma da quel momento è stato un medico tutta la vita mettendo la sua conoscenza a disposizione degli altri per salvare vite”.