Il film-documentario La febbre del fare racconta il fare politica a Bologna, dal 1945 al 1977.
Una città che rapidamente esce dalla fase della ricostruzione e subito si pone come guida nazionale nella creazione di un modello di sviluppo economico e sociale innovativo, unico. Bologna fu l’invenzione – concepita da ex-partigiani, antifascisti di diversa estrazione – di una città utopica: vivibile, vivace e solidale. Una serie d’interviste ai protagonisti di quella stagione politica, ma soprattutto straordinari materiali d’archivio (molti inediti) ritraggono la memoria di Bologna restituendoci una visione articolata, complessa ed emozionante della storia di quella che fu definita la capitale del PCI italiano.5.000 copie DVD vendute
Premio Speciale della Giuria al Festival Internacional
de cinema de arquivo, Rio de Janeiro 2011.
Evento Speciale Sotto le stelle del cinema
Piazza Maggiore, Bologna 2010 davanti a 3000 spettatori.
Torna al cinema protagonista della programmazione on-line del Cinema Lumière, nell’ambito del progetto #iorestoinsala
mercoledì 3 giugno alle ore 19:00
giovedì 4 giugno alle ore 19:00
venerdì 5 giugno alle ore 19:00
sabato 6 giugno alle ore 18:30
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Costo biglietto intero: 3,90
Ridotto: euro 2,90 per gli iscritti alla newsletter di Mammut Film, inserendo al momento del pagamento questo codice STR7CEBA2A21E
Un film sulla ricostruzione collettiva di una città dopo la catastrofe della guerra
“I primi amministratori di Bologna… uomini che si pensarono rivoluzionari ma agirono da riformisti. Il decorso di quella malattia felice produsse una città che non c’è più, la Bologna del “paradosso del prospero comunismo” che lasciava di stucco gli inviati dei giornali americani.” Michele Smargiassi La Repubblica.
“La febbre del fare diventa il dono di due cercatori d’immagini alla città che amano. Si tratta di una grande dimostrazione della forza del cinema, inteso (ieri) come serbatoio di cinegiornali, documentari, reportage, inchieste d’autore, poesie urbane, e (oggi) come arte del realizzare racconti corali e civili attraverso immagini d’archivio.” Roy Menarini Il Corriere della Sera.
“Uno straordinario ritratto nell’identità (perduta) della città.” Alberto Crespi L’Unità.
“Una lettura non priva di commozione, intrigante e polisemica sin dalla prima immagine.” Elfi Reiter Il Manifesto.