Contagio sul lavoro. Esclusa la responsabilità penale e civile del datore di lavoro se ha adottato le misure di prevenzione anti-coronavirus. Dopo le precisazioni dell’Inail, anche il “piano Colao” fa chiarezza sul punto.
L’esclusione dei profili penali è uno dei punti principali del piano Colao per la ripartenza dell’economia italiana nella Fase 3.
Dello stesso avviso anche la circolare n. 22 del 20/05/2020 del’INAIL; anzi qui è stabilito che in capo all’azienda datrice c’è la presunzione di innocenza se ha adottato i protocolli di sicurezza e prevenzione anti-covid.
In altre parole, se è vero che le patologie infettive da coronavirus sono equiparate ad un infortunio sul lavoro, questo non significa automaticamente che il datore di lavoro ne risponda sul piano civile e penale.
Contagio al lavoro, no alla responsabilità penale del datore
In un primo momento l’equiparazione del coronavirus ad un infortunio sui luoghi di lavoro aveva fatto pensare alla responsabilità penale e civile in capo al datore di lavoro, cosa che suscitava forti dubbi, soprattutto tra i consulenti del lavoro.
L’INAIL ha ribadito che i criteri utilizzati per il conferimento degli indennizzi in caso di infortunio non possono essere estesi per analogia ai contagiati da coronavirus. Ed ora anche il Governo si è espresso sul punto, escludendo tutti i profili di responsabilità penale se l’azienda si è adeguata alle misure di sicurezza nazionali. Anzi il punto è stato ritenuto così rilevante da essere uno dei capisaldi del piano elaborato da Vittorio Colao per il rilancio economico nel biennio 2020-2022.
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In altre parole, sul datore non grava alcuna responsabilità se non in caso di gravi e comprovate inosservanze dei protocolli nazionali. Vale il principio della presunzione di innocenza mentre l’obbligo di provare dolo/colpa del datore spetta al pubblico ministero.
Questo è quanto si legge nella circolare numero 22 del 20 maggio 2020:
“Il riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Istituto non assume alcun rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, considerata la vigenza in tale ambito del principio di presunzione di innocenza nonché dell’onere della prova a carico del pubblico ministero. E neanche in sede civile il riconoscimento della tutela infortunistica rileva ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della colpa di quest’ultimo per aver causato l’evento dannoso”.
E a seguire:
“Il riconoscimento dell’origine professionale del contagio da Covid-19 non ha alcuna correlazione con i profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro nel contagio”.
In allegato il PDF della circolare INAIL con oggetto “Tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro”:
- Inail, circolare n. 22 del 20 maggio 2020
- Chiarimenti su tutela infortunistica e profili di responsabilità in caso di contagio del virus sul posto di lavoro
Il datore di lavoro è responsabile solo se viola le norme di sicurezza
La responsabilità civile e penale del datore scatta solamente in caso di “violazione della legge”, ovvero se l’azienda non si attiene ai protocolli nazionali con le misure di protezione e prevenzione del coronavirus. In tal caso il datore di lavoro commette il fatto a titolo di dolo o colpa grave, questo giustifica le sanzioni penali e l’eventuale condanna al risarcimento del danno nei confronti del dipendente contagiato.
Ma se l’azienda datrice prova di aver adottato i protocolli di sicurezza non può essere considerata in alcun modo responsabile del contagio, anche perché risulterebbe difficile – se non impossibile – provare che i dipendenti siano venuti a contatto con il virus sul luogo di lavoro e non altrove.
Isabella Policarpio
Fonte: www.money.it