Nella sentenza la Corte Europea affermava che i Testimoni di Geova sono una “nota confessione cristiana” e dichiarava che nei loro riguardi le autorità russe “non avevano agito in buona fede e avevano trascurato il loro dovere di essere neutrali e imparziali”, in violazione della libertà religiosa riconosciuta dal diritto internazionale.
Il riconoscimento giuridico che, in applicazione della sentenza CEDU, fu poi concesso ai Testimoni solo nel 2015 venne nuovamente revocato dalla Corte Suprema russa con la sentenza del 20 aprile 2017. Questa nuova violazione del diritto internazionale ha dato inizio a una vera persecuzione religiosa. A distanza di dieci anni dalla storica sentenza della CEDU, gli oltre 170mila Testimoni di Geova in Russia sono duramente perseguitati – e talvolta perfino torturati – sulla base delle stesse accuse che la Corte Europea aveva dimostrato infondate nel 2010.
L’opposizione subita in Russia dalla comunità dei Testimoni di Geova segnala la misura del rispetto dei diritti di libertà nella Federazione. Il decennale della sentenza CEDU è l’occasione per la comunità internazionale di riflettere sull’efficacia di tali importanti pronunce e sul dovere dei paesi di conformarsi alle norme generali di diritto internazionale.
A tale proposito il Prof. Vladimiro Zagrebelsky, giudice della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo all’epoca della sentenza afferma: “La libertà religiosa è assicurata dalla Convenzione europea dei diritti umani e comprende la libertà di credere e di non credere, di cambiare religione o credo, di manifestare la propria religione o credo in privato e in pubblico, con i riti, l’insegnamento e la pratica. La neutralità dello Stato e l’assenza di preferenza per una religione o l’altra sono condizioni essenziali della libertà religiosa, così come il riconoscimento giuridico delle associazioni religiose. I Testimoni di Geova da tempo incontrano nella Federazione russa e anche altrove gravi difficoltà nell’esercizio della libertà assicurata dalla Convenzione. È auspicabile che gli organi del Consiglio d’Europa siano attivi nel vigilare sulla corretta esecuzione delle sentenze della Corte europea e, in generale, sulla garanzia delle libertà previste dalla Convenzione”.