“Non ci colgono di sorpresa le gravissime affermazioni di Amnesty International ai danni della Polizia di Stato, perché purtroppo siamo abituati ai pregiudizi e alla violenza concettuale e verbale manifestata puntualmente contro migliaia di donne e uomini in divisa che dedicano l’esistenza a servire lo Stato e i cittadini. La cosa grave è che, purtroppo, nessuno venga mai chiamato a rispondere di accuse infamanti e calunniose, di parole che sono come pietre scagliate verso coloro che svolgono una funzione altissima e che, in questa emergenza, hanno dato prova di una generosità e di un senso del dovere inarrivabile. Quello che Amnesty tralascia di dire è che ogni tre ore e mezzo c’è un ferito nelle Forze dell’ordine e che nel corso dell’anno sono state 2.682 le aggressioni fisiche subite dal personale in divisa”.
Così Valter Mazzetti, Segretario Generale della Federazione Fsp Polizia di Stato, a proposito di alcune affermazioni contro l’operato della Polizia contenute nel rapporto “Sorvegliare la pandemia” di Amnesty International sulle violazioni dei diritti umani nell’applicazione delle misure anti Covid-19 in Europa.
“Gli appartenenti alla Polizia di Stato – aggiunge Mazzetti – sono sempre, e in questi mesi più che mai, pronti al sacrificio, animati da umanità e comprensione, sprezzanti dei rischi per la salute loro e delle loro famiglie, ligi e professionali e, dopo decine di migliaia di attività straordinarie svolte nelle città italiane, hanno consentito al Paese di affrontare nel miglior modo possibile il caos, lo sconcerto, la paura, l’insicurezza, l’illegalità legate al Covid. Ciò di cui non ci si cura abbastanza, piuttosto, è la violenza che noi siamo costretti a subire di continuo, rispetto a cui non aiutano certamente le tutele insufficienti, le lacune nei protocolli operativi, la scarsità di mezzi per lavorare, e soprattutto la crescente insofferenza, l’arroganza, la reattività verso gli operatori. A fronte di tutto questo, è sconcertante che si possa accusare impunemente la Polizia di Stato italiana, un modello per mezzo mondo, di ‘pregiudizi razziali, violenze, controlli discriminatori, quarantene forzate e sanzioni’. Da Amnesty meglio farebbero a scusarsi e ringraziare per tutto ciò che il personale in divisa è riuscito a fare e ancora fa, anche pagando un tributo di vite umane fra i suoi”.