Perde il posto un operaio trovato in possesso di due pennelli molto simili a quelli usati dall’impresa.
Con la sentenza n. 11005 del 9 giugno 2020, la sezione lavoro della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di licenziamento del lavoratore, affermando che, in caso di furto, può essere licenziato il dipendente che sottrae beni di poco conto. A maggior ragione se il Contratto collettivo sanziona con l’espulsione la condanna del furto.Nello specifico, la Suprema Corte ha respinto il ricorso di un operaio trovato in possesso di due pennelli molto simili a quelli usati dall’impresa.
Gli Ermellini, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, hanno confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa, spiegando che gli oggetti possano considerarsi res nullius, e addebitabile al ricorrente la mancanza riconducibile all’ipotesi del furto in azienda, che lo stesso contratto collettivo, include tra le fattispecie passibili della massima sanzione.
Va considerato immune da vizi il giudizio di proporzionalità espresso dalla Corte territoriale, fondato sull’idoneità della condotta addebitata a ledere il vincolo fiduciario, inteso come possibilità di affidamento del datore nell’esatto adempimento delle prestazioni future, a fronte della quale alcuna rilevanza può essere attribuita all’esiguo valore dei beni sottratti.
Fra l’altro per la Cassazione è corretto che gli oggetti fossero di proprietà aziendale anche solo mediante l’uso di una fotografia, che, in effetti, riproduceva l’immagine di due pennelli generici in uso nell’azienda.