Il Garante: “La vita dei bambini e dei ragazzi, in particolare di quelli più vulnerabili è stata stravolta”. L’intervista esclusiva alla Garante su scuola, famiglia e adozioni
Una vita per il diritto di bambini e ragazzi
La dott.ssa Filomena Albano nasce a Lucera (in provincia di Foggia), il 10 febbraio 1969. E’ magistrato, giudice del tribunale di Roma, I sezione civile – area famiglia/minori e diritti della personalità, ed è stata nominata Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza il 3 marzo 2016 assumendone le funzioni il 28 aprile dello stesso anno. Nella sua esperienza professionale, è stata giudice presso il Tribunale di Torre Annunziata e Direttore dell’Ufficio di cooperazione giudiziaria internazionale in materia civile del Ministero della Giustizia. Dal 2 novembre 2009 fino al 12 febbraio 2015 è stata Commissario della Commissione Adozioni Internazionali, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. E’ stata inoltre punto di contatto per l’Italia della Rete giudiziaria europea in materia civile ed esperta del Gruppo di lavoro sulla revisione del Regolamento CE 2201/2003 c.d. Bruxelles II bis, in materia di famiglia e minori.Le richieste dell’Autorità Garante la premier Conte
Lo scorso 19 giugno, l’Autorità Garante ha inviato una lettera al premier Giuseppe Conte chiedendo una strategia unitaria per porre al centro bambini e ragazzi nella seconda fase dell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di Covid-19. Vanno varati – si legge nella lettera, qui il testo completo – un piano straordinario di interventi, formulato ascoltando la voce e le opinioni degli stessi minorenni secondo sistemi strutturati di partecipazione e che superi la frammentarietà degli interventi in questo campo. Vanno inoltre definite linee di bilancio ad hoc per
l’infanzia e l’adolescenza come già richiesto dall’Onu all’Italia. Infine, bambini e ragazzi devono essere coinvolti nelle decisioni che li riguardano. In Terris ha intervistato la Garante, la dott.ssa Filomena Albano, sulla sua lunga esperienza di vita e lavorativa a tutela di bambini, ragazzi, famiglie e sull’importanza del suo ruolo in un momento tanto delicato della storia del nostro Paese.
L’intervista
Dott.ssa Albano, cosa è significato per Lei essere Garante per l’Infanzia durante un evento tanto inatteso quanto tragico qual è stata l’emergenza Covid-19?
“Negli scorsi mesi l’emergenza sanitaria ha messo a dura prova tutti e anche a bambini e ragazzi è stato chiesto di sostenere grandi sacrifici. L’esigenza di tutelare la salute pubblica ha determinato una compressione di alcuni dei loro diritti fondamentali: penso in particolare al diritto all’istruzione, al diritto al gioco e alle attività ricreative, al diritto alle relazioni. L’Autorità garante si è preoccupata sin da subito di mantenere alta l’attenzione delle istituzioni per porre al centro le esigenze dei minorenni, in particolare per garantire sostegno a quelli vulnerabili e alle famiglie fragili e per garantire a tutti l’accesso alla didattica, così da evitare che le lezioni a distanza potessero rischiare di accentuare diseguaglianze sociali e territoriali. Nella fase di preparazione della ripartenza, poi, l’Autorità garante ha suggerito di fare ricorso a strumenti di effettivo sostegno per le famiglie e ha chiesto di adottare interventi coordinati e omogenei, di assegnare adeguate risorse e di istituire cabine di regia locali per garantire continuità agli interventi urgenti, riorganizzare i servizi e valorizzare le attività domiciliari”.
A cosa avete rinunciato durante l’emergenza?
“Questi mesi hanno purtroppo costretto l’Autorità a dover rinunciare a uno degli aspetti che maggiormente ne hanno caratterizzato l’attività negli ultimi quattro anni: la relazione in presenza con i bambini e con i ragazzi. Come Autorità infatti abbiamo promosso diverse occasioni di ascolto e partecipazione, convinti che essi rappresentino strumenti fondamentali e imprescindibili attraverso i quali intercettare i bisogni e le esigenze dei bambini e dei ragazzi per trasformarli in richieste da portare all’attenzione delle istituzioni. Fortunatamente, nonostante l’emergenza sanitaria, sono proseguiti gli incontri della Consulta delle ragazze e dei ragazzi dell’Autorità, seppure in modalità a distanza. Questo ha permesso di portare avanti uno strumento prezioso di partecipazione e di consultazione dei minorenni da parte dell’Autorità”.
E’ stata dal 2009 al 2015 Commissario della Commissione Adozioni Internazionali, quali sono i nodi da sciogliere – se ce ne sono – sulle adozioni, non solo internazionali?
“L’Italia è sempre stato un paese aperto verso le adozioni internazionali e questo ha permesso negli anni di costruire un patrimonio di storie, affetti e professionalità che non si deve rischiare di disperdere. L’adozione è una delle espressioni più alte di solidarietà e di vicinanza tra persone che condividono un’esperienza di genitorialità consapevole e genera ricchezza per l’intera collettività. Per questo motivo deve essere sostenuta e valorizzata. In che modo? Innanzitutto aumentando la sensibilità verso l’accoglienza e in questo senso abbiamo promosso “Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio dei ragazzi adottati” e sulle “Linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori della famiglia di origine”, oltre che iniziative di formazione destinate a insegnanti e operatori della scuola per prepararli ad accogliere i bambini in classe nel modo migliore. Più in generale, poi, è necessario promuovere la cultura dell’adozione e lavorare perché sia percepita come “ordinaria” e non straordinaria: occorre raccontare le storie dei bambini e dei ragazzi adottati partendo dal loro vissuto quotidiano e non soltanto nelle situazioni eccezionali. Serve poi investire nelle reti territoriali sociali e istituzionali che si occupano di preparare le adozioni e di offrire i servizi nella fase successiva: bisogna sostenere le famiglie, mettere in campo interventi per le adozioni più complesse e investire nel supporto medico sanitario e psicologico per aiutare le famiglie con bambini che hanno bisogni speciali”.
Quali sono – in questa fase – i “bisogni e le esigenze espresse dagli stessi giovani” da Lei sottolineati nella recente nota inviata a Palazzo Chigi all’attenzione del premier Conte?
“Come dicevo il lockdown ha trasformato la vita di tutti. I bambini e i ragazzi, da un giorno all’altro, sono stati costretti a cambiare abitudini e stili di vita, a non incontrare più parenti e amici. I bambini hanno espresso il bisogno di rivedere i nonni o di scendere a fare una passeggiata con la mamma e con l’amico del cuore. I ragazzi, anche in occasione delle sedute della Consulta dell’Agia, hanno espresso preoccupazione per il loro futuro, ansia e attesa, anche a causa dell’incertezza dominante e del bombardamento mediatico di notizie allarmanti a cui sono stati sottoposti. Inoltre hanno espresso un certo disagio per lo svolgimento della didattica a distanza, che non è stata svolta in maniera uniforme, e preoccupazione per la ripresa dell’anno scolastico, rispetto al quale chiedono certezze. In ogni caso, i ragazzi hanno adottato comportamenti responsabili, rispettando le regole e hanno rappresentato un esempio anche per gli adulti. I ragazzi della Consulta si sono fatti promotori di una campagna social il cui messaggio era “Questa volta siamo noi a proteggere i più grandi”. Il lockdown è stato anche un’occasione di apprendimento: i ragazzi hanno imparato che le relazioni in presenza sono insostituibili. Chiedono agli adulti e alla politica di assumersi le responsabilità e di dare loro delle risposte. Per questo l’Autorità garante ha chiesto al Presidente del Consiglio, nel programmare la ripartenza, di mettere al centro i bisogni dei bambini e dei ragazzi al centro: perché loro ce lo chiedono”.
Sempre in riferimento alla nota suddetta, in che modo e perché “Le misure adottate” dal governo durante il lockdown “hanno acuito le diseguaglianze, incrementato le povertà e fatto emergere nuove criticità”?
“La vita dei bambini e dei ragazzi, in particolare di quelli più vulnerabili è stata stravolta: senza scuola, senza contatti sociali e a causa dell’interruzione dei servizi loro dedicati, hanno vissuto in condizioni di isolamento ed emarginazione. La didattica a distanza ha acuito le differenze, mettendo maggiormente in evidenza le situazioni di disagio in cui vivono alcune aree del Paese. Basti pensare ai bambini in condizione di povertà educativa, a quelli delle periferie, ai bambini che non hanno avuto la possibilità di avere a fianco un genitore pronto a sorreggerli e stimolarli, ai bambini e i ragazzi con background migratorio o a quelli con disabilità, per i quali la scuola rappresenta un importante luogo di inclusione. Inoltre i problemi legati alla didattica a distanza – mancanza di dispositivi di connessione, carenza di infrastrutture della rete e assenza di competenze digitali – non hanno permesso a tutti di mantenere “lo stesso passo”. La conseguenza è stata che in alcune aree geografiche e in alcuni contesti sociali bambini e ragazzi non sono stati raggiunti dalla didattica a distanza, con il rischio di un sensibile aumento dei numeri della dispersione scolastica. Anche per questo l’Autorità ha suggerito di realizzare, già durante l’estate, attività che possano consentire di colmare il gap educativo”.
Un commento finale sulla ripartenza scolastica: quali sono le esigenze dei ragazzi e dei bambini che (forse) torneranno in aula a settembre?
“La prima è che vengano date indicazioni chiare e tempestive sulla riapertura delle scuole: come prevede la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, i ragazzi hanno diritto a essere opportunamente informati anche per mettere in atto i necessari processi di adattamento alle nuove situazioni.
Alla riapertura dell’anno scolastico, poi, occorre ripristinare l’apprendimento in presenza, per garantire la continuità della relazione tra gruppo classe e docenti, accompagnandolo con soluzioni innovative. Andrebbero offerti poi corsi di recupero per gli studenti che sono rimasti indietro durante il periodo di chiusura delle scuole.
La ripresa delle lezioni potrebbe essere inoltre l’occasione per un cambio di passo nel sistema scolastico, a vantaggio di un modello didattico che personalizzi l’approccio insegnanti-alunni, faccia emergere i talenti ed educhi all’acquisizione di quegli strumenti e apprendimenti necessari ad affrontare le questioni pratiche della vita, realizzando così una scuola plurale che esplichi appieno la sua funzione educativa e sociale”.